Un tuffo nei ricordi: “l’ambasciata”, come ci si fidanzava in passato

Come avveniva il fidanzamento dalle nostre parti oltre mezzo secolo fa? Ce lo spiega Angelo Boccanegra in questo suo bellissimo racconto

Un matrimonio nel 1941… con la nonnina che “osserva”… Foto gentilmente concessa da Nicolò Azzollini

Rare e non facili erano in passato le occasioni di incontro tra giovani, sia per il rigoroso e accentuato distacco fra uomini e donne, sia per il lavoro assiduo e la vita molto più isolata che concedevano pochissime possibilità di rapporti.

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Per tentare di fidanzarsi – perché non sempre “la missione” aveva buon esito – gli uomini di un tempo ricorrevano spesso a veri e propri intermediari, persone che assumevano il ruolo di “ambasciatori” per conto della famiglia di lui.

Fino gli anni Sessanta del secolo scorso, il fidanzamento a Molfetta avveniva soprattutto attraverso un sistema minuziosamente prestabilito dalle consuetudini, ben noto a tutti e riassumibile con un termine ben preciso: “l’ambasciàte” (letteralmente, dal vernacolo: l’ambasciata).

“L’ambasciatrice” (questa era una missione perlopiù esercitata da donne) era colei che si recava a casa della famiglia della ragazza prescelta per sondare la disponibilità all’incontro tra i possibili futuri due fidanzati alla presenza, ovviamente, delle rispettive numerose famiglie. Se i genitori di lei acconsentivano a questo primo incontro, tutt’altro che solitario, tra il ragazzo e la ragazza, solo allora iniziava un complesso rituale che sfociava innanzitutto nella festa di fidanzamento.

Solo dopo le nozze però, gli sposi avevano un loro momento di vera intimità, prima del matrimonio era impensabile che il ragazzo e la ragazza restassero anche solo per poco tempo da soli. Il ragazzo, una volta individuata la possibile futura sposa e senza mai averla frequentata, faceva pervenire una sua foto alla stessa attraverso questi “ambasciatori” che potevano essere i genitori, le sorelle, i fratelli o addirittura amici se non proprio vere e proprie “mediatrici” specializzate in questo “specifico settore”. Così avveniva la richiesta di fidanzamento in passato. Una volta accettata la richiesta (attenzione, non ancora il fidanzamento), sempre attraverso questi “canali diplomatici”, si stabiliva l’incontro a casa di lei dove, naturalmente, non potevano mancare i dolci e “u’ rosoglie” (rosolio, a quei tempi sempre fatto in casa) per festeggiare l’avvenimento.

I fidanzati, dopo essersi conosciuti, lasciavano poi concordare alle rispettive famiglie la durata del fidanzamento, i giorni di uscita e gli orari di rientro serali della coppia. Non solo. I fidanzati, nel corso delle loro uscite, dovevano essere accompagnati sempre da uno di famiglia (generalmente sorelle o fratelli più piccoli di lei). Si parlava e si trattava (nel senso di vera e propria contrattazione) “dù corréate” (del corredo degli sposi) e del primo e secondo “chengéìrte” (in pratica prima e seconda fase degli scambi di ori tra i fidanzati).

Tutto avveniva con una cadenza ben precisa e calibrata. Tutto era abbastanza complesso. Nulla veniva lasciato al caso in passato, o quasi … Qualcosa di “imprevisto” poteva sempre accadere in passato …

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