“Senda Lucì benedétte!”. Racconti e ricordi di una volta su Santa Lucia

Un tuffo nella dimensione della memoria, dello stupore e forse anche del sogno. Da un racconto di Angelo Boccanegra

Molfetta, statua di Santa Lucia. La statua, opera dello scultore molfettese Corrado Binetti è custodita nella Parrocchia di S. Corrado a Molfetta (Duomo). Corrado Binetti è anche autore del Sacro Cuore (1913) in San Gennaro, Santa Rita (1915) in San Domenico e della Madonna del Rosario di Pompei (1913) che si trova nel Duomo. Foto di Nicolò Azzollini

La ricorrenza di Santa Lucia, ogni anno, fa riemergere nella mia mente i ricordi di un tempo oramai lontano. Da ragazzo, quando vedevo i miei genitori alle prese con piccoli lavori domestici come, per esempio, riparare degli utensili o rammendare i calzini, ascoltavo spesso una strana invocazione: “Senda Lucì benedétte”. Inutile tradurre, il significato letterale è chiaro come lo era per me nell’adolescenza. Non il motivo, però, di quella frase che era una via di mezzo tra un’esclamazione e l’invocazione improvvisa della Santa.

Thank you for reading this post, don't forget to subscribe!

Il senso vero di quella che per certi versi spesso aveva anche il sapore di un’imprecazione l’ho compreso solo con il trascorrere degli anni. In pratica, con l’avanzare dell’età, in tempi in cui era più facile sforzare la vista che andare subito dall’oculista per un controllo agli occhi e per comprare, quindi, gli occhiali cosiddetti “della vicinanza”, quando la vista diventava sempre più debole, si invocava l’aiuto della Santa protettrice degli occhi (e quindi della vista), per vedere meglio. Santa Lucia, quindi, avrebbe dovuto consentire di rammendare meglio i calzini, oppure di riparare qualcosa in tempi in cui, come ho scritto in altri miei racconti, non si buttava via praticamente nulla e si risparmiava praticamente su tutto.

Il giorno della Santa della “buona vista” era però il 13 dicembre. In passato, le massaie molfettesi, in prossimità della ricorrenza di Santa Lucia, non mancavano mai di preparare un dolce particolare: gli “occhi di Santa Lucia” (“taradde ch-u scelèpp”). Questi piccoli dolcetti, non sono famosi come i cuscinetti di Gesù bambino, le cartellate o le spume di mandorle, ma facevano parte anch’essi, a tutti gli effetti, dei dolci tradizionali natalizi. Ciò che li differenziava dagli altri taralli era il fatto che questi tarallini, preparati con ingredienti semplici e genuini come farina, vino bianco e olio evo, dopo la cottura venivano ricoperti di glassa zuccherata fatta con l’albume dell’uovo (“u scelèpp”) che donava a questi tarallini una particolare lucentezza.

Ora i tempi sono cambiati, oramai sono pochissime le donne che si dilettano nella preparazione di questi dolcetti, poi i vari panifici, preferiscono preparare e vendere prodotti di più largo consumo. Per cui è davvero difficile vedere oggi questo dolce sulle nostre tavole natalizie. Ad ogni modo, eccovi la ricetta e… buon Santa Lucia a tutti.

Per ottenere un buon risultato, bisogna prestare molta attenzione ai tempi di cottura e, in modo particolare, al momento in cui sfornare i taralli per evitare che si induriscano eccessivamente. Ecco che cosa vi serve per realizzare al meglio la ricetta:

  • 1 kg di farina tipo “00”;
  • 200 ml di olio extravergine di oliva;
  • 200 ml di vino bianco secco;
  • un pizzico di sale;

Ecco invece come dovete procedere per preparare questi dolci:

  • Impastate la farina con l’olio, il vino e il sale fino ad ottenere un impasto morbido;
  • Stendete la pasta e ricavatene in seguito dei bastoncini;
  • Confezionate dei tarallini e cuoceteli in forno alla temperatura 150° per circa 20 minuti;
  • A cottura ultimata, immergeteli nello “scelèpp” (in italiano glassa) quindi raccoglietele e metteteli ad asciugare.

Un’ultima curiosità. L’etimologia della glassa, o giulebbe (in vernacolo: “scelèpp”) deriverebbe dall’arabo giulab (acqua di rose). Una testimonianza di ciò può essere fornita anche da Leandro Alberti, il quale, nella sua “Descrittione di tutta Italia” citò la produzione di un particolare zibibbo a Bisceglie, da taluno scambiato poi per giulebbe, che invece ricopre il pan di Spagna dei sospiri e anche molti altri dolci della nostra tradizione, tra i quali, appunto, gli “occhi di Santa Lucia”.

1,0 / 5
Grazie per aver votato!

Sharing is caring!