Ricordi delle feste nuziali di una volta: il “matrimonio spezzato”

Dai primi anni Sessanta le feste nuziali iniziarono ad essere organizzate nelle sale ricevimenti. Non tutti però potevano ancora permettersi una vera e propria festa matrimoniale. Da un racconto di Angelo Boccanegra

Un matrimonio nel 1941 con la nonnina che “osserva”. Foto gentilmente concessa da Nicolò Azzollini

Un tuffo nei ricordi delle usanze passate non più in voga da tempo. Oggi vi voglio parlare del cosiddetto “matrimonio spezzato”. Ancor prima che iniziasse a prender piede l’idea delle feste nuziali in grande stile, dei pranzi nuziali con molte portate, dei grandi buffet di dolci organizzati presso le sale di ricevimento ecc… – è inutile che mi dilunghi, tanto tutti noi sappiamo come avvengono oggi le feste nuziali dalle nostre parti – il matrimonio veniva festeggiato in molti casi in “due tempi” e per questo motivo veniva appunto chiamato “spezzato”.

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Dopo la funzione religiosa in chiesa, la sposa e gli invitati si recavano in sala per chi se lo poteva permettere, oppure in locali adibiti alle feste, per l’aperitivo, dopo di che tutti andavano via, per ritornare poi nella stessa sala nel tardo pomeriggio, pressapoco intorno alle 18. Agli invitati, quindi, a differenza di quello che accade oggi in tutte le feste nuziali, indipendentemente dal loro numero, non veniva offerto un pranzo vero e proprio; la festa non durava tutta la giornata in modo continuativo, dall’uscita dalla chiesa fino al taglio della torta al ristorante a tarda sera. Non solo, ma agli invitati che tornavano in sala o, come vi ho già detto, in uno dei locali adibiti all’epilogo della festa nuziale, non veniva offerta neanche una vera e propria cena, bensì venivano serviti sandwich, gelati e, dulcis in fundo, tre “guantiere di dolci” più o meno grandi a testa per ogni invitato. Il numero dei dolcetti di mandorla all’interno della guantiera, i cosiddetti “pezzi”, variava in base alle disponibilità economiche delle famiglie degli sposi.

Gli invitati ai matrimoni, almeno sino agli anni Sessanta, non erano quasi mai numerosi, come spesso invece avviene nelle moderne feste nuziali, ci si limitava ai parenti stretti, ai “compari” di battesimo e cresima (quando questi non erano già parenti), a qualche vecchio amico d’infanzia. Tuttavia nel corso della “cerimonia” spesso si “intrufolavano”, naturalmente ben accetti, i vicini di casa più intimi, qualche “anziana” abitante del quartiere dove risiedevano i novelli nubendi che non si perdeva mai nessun matrimonio!

Durante quest’ultima parte della festa, l’epilogo in buona sostanza della festa nuziale, veniva offerto il classico “quartino” e l’immancabile bicchierino di rosolio. Per concludere, a mezzanotte circa, gli invitati si recavano a casa dello sposo dove veniva loro offerta un’altra guantiera di dolci. Questi dolci venivano preparati e confezionati in casa qualche settimana prima del matrimonio con l’ausilio della cosiddette “signore dei dolci”: il nastro, per quelle offerte dalla sposa in sala, era di color rosa, mentre per quelle offerte dalla famiglia dello sposo era celeste.

In passato era prassi fissare la data del matrimonio durante la settimana, per cui si diceva: “né di Venere né di Marte” e infatti, tutte le sale di ricevimento di Molfetta, il venerdì osservavano il turno di riposo settimanale. E’ utile rammentare, però, che non tutti potevano permettersi una sala e, una festa nuziale, sebbene “spezzata”: tanti erano anche gli sposi che tornavano a casa dopo la cerimonia in chiesa per festeggiare il matrimonio molto modestamente tra pochi intimi.

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