La scarcella molfettese e la sua antica tradizione

Anche se simbolo della tradizione pasquale, anticamente era un dolce che veniva consumato all’ottava di Pasqua e non il giorno della resurrezione, come avviene oramai da tempo immemore. Da un racconto di Angelo Boccanegra

Scarcelle molfettese by Caterina Cipriani

La “scarcédde” è considerata da tempo oramai immemore il dolce tipico della Pasqua in molte città della Puglia, ma le sue origini sono proprie della città di Molfetta. Il settimanale interdiocesano “Luce e Vita”, in un articolo pubblicato il 14 aprile 1956, riporta la storia della “scarcella” nelle usanze paesane.

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I bambini battezzati nel Sabato Santo venivano portati nella Domenica in Albis al Santuario della Madonna dei Martiri, in una festa in cui i parenti portavano e consumavano sul posto, cibarie, fra cui la scarcella. Il dolce fatto di farina, riportava sopra un uovo che simboleggiava la resurrezione del corpo di Cristo, due bastoncini a forma di croce e una colombina di pasta, nella simbologia pasquale.

La tradizione si legava al pellegrinaggio dalla Cattedrale al Santuario, per lucrare le indulgenze concesse da Papa Innocenzo VIII, già Vescovo di Molfetta. Infatti il 1° giugno (Kalendis Iuniis) del 1485, Papa Innocenzo VIII, già Vescovo di Molfetta dal 1473 al 1484, istituì, con Bolla pontificia, la “festa dell’Indulgenza”, a devozione della Madonna dei Martiri di Molfetta (ecclesiam Beatae Mariae de Martyribus… extra muros Melficten fundatam), ai pellegrini “qui in singulis octavae Resurrectionis Domini Nostri”. I pellegrini nel celebrare la festa, recandosi alla Basilica della Madonna dei Martiri, nell’ottava di Pasqua, consumavano questo tipico dolce, detto “scarcella”, nel significato simbolico di essere “scarcerati”, liberati dal peccato, con l’indulgenza. Prima di consumarla, doveva necessariamente essere “liberato” l’uovo dall’involucro di pasta, simboleggiando così la liberazione, la rinascita a nuova vita. Anche la Pasqua è la liberazione dal peccato e dalla morte. Così a Molfetta la festa della Scarcella ricorre nella Domenica in Albis, presso il Santuario, ma l’usanza paesana del dolce si diffuse nel barese. Prima di essere mangiate, le scarcelle venivano benedette a casa, dal sacerdote, prima della festa di Pasqua. Oggi in alcune parrocchie vengono portate in Chiesa il Giovedì Santo per la benedizione.

In passato la scarcella era considerata anche un dolce “portafortuna”, donata dai fidanzati alle proprie fidanzatine, oppure regalata alle madrine dei battezzanti che venivano portati in processione presso la Basilica della Madonna dei Martiri. Il dolce veniva consumato sul posto non prima di aver cantato i seguenti versi in dialetto: “Gloria, gloria, scinne do pregatorie, scimme o’ chemménde, la scarcédd ind’o vénd, a mengià re cose dulce, a mengià r d’oeve de ciucce…” Traduzione dal vernacolo: Gloria, gloria, scendi dal Purgatorio / andiamo al convento / la scarcella nel ventre / a mangiare le cose dolci / a mangiare le uova dell’asino”.

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