La festa di S. Antonio a Molfetta: culto, tradizione e devozione popolare

Il 13 giugno, la Chiesa celebra la memoria di Sant’Antonio di Padova, uno dei santi più amati nel mondo. Fine teologo francescano, è noto per i suoi miracoli ma soprattutto per la sua vicinanza alla gente semplice

Molfetta, Duomo di San Corrado. Sant’Antonio da Padova con il Bambin Gesù e il giglio, da sempre simbolo di virtù e purezza. Giugno 2021. Ph. Maria Cappelluti

Antonio di Padova è il santo delle piccole grandi cose. Rientra tra i santi più amati e venerati nel mondo. Antonio è un santo molto amato e conosciuto, patrono non solo della città di Padova, che custodisce le sue spoglie mortali, ma anche di molte altre città e Paesi sparsi in tutto il mondo, come Brasile e Portogallo – è nato a Lisbona nel 1195 – nonché della Custodia di Terra Santa. I fedeli imparano a onorarlo fin dall’infanzia, quando i nonni o i genitori regalano piccoli panini profumati e raccontano i suoi miracoli straordinari: la mula che si inginocchia di fronte al Santissimo convertendo un uomo che non credeva nell’Eucaristia, i pesci palpitanti sul pelo dell’acqua intenti ad ascoltare le sue parole, il Bambino Gesù che appare ad Antonio in tutta la sua luce… I suoi miracoli sono così tanti da destare meraviglia: “Troppa grazia Sant’Antonio!” si usa dire. Eppure il suo esempio dimostra che la fede non scaturisce dal miracolo, semmai è il contrario: è la fede che lo genera, è il segno della partecipazione di Dio alla nostra vita, che non manca di mostrarci nel mondo il preludio di ciò che sarà eterno, immenso, straordinario.

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Sant’Antonio è un santo popolare, vicino alle persone che lo pregano per bisogni familiari e domestici, al punto da essere invocato anche per trovare oggetti smarriti, come ci insegna la preghiera del “Sequeri” o per trovare marito alle ragazze. Allo stesso tempo è un santo complesso, sapiente, dalla profonda teologia nel legame con San Francesco. Scrive Benedetto XVI: Antonio, alla scuola di Francesco, mette sempre Cristo al centro della vita e del pensiero, dell’azione e della predicazione. È questo un altro tratto tipico della teologia francescana: il cristocentrismo” che invita a contemplare “i misteri dell’umanità del Signore”. Sant’Antonio “parla della preghiera come di un rapporto di amore, che spinge l’uomo a colloquiare dolcemente con il Signore, creando una gioia ineffabile, che soavemente avvolge l’anima (…) la preghiera ha bisogno di un’atmosfera di silenzio che non coincide con il distacco dal rumore esterno, ma è esperienza interiore, che mira a rimuovere le distrazioni provocate dalle preoccupazioni dell’anima, creando il silenzio nell’anima stessa. Secondo l’insegnamento di questo insigne Dottore francescano, la preghiera è articolata in quattro atteggiamenti”. Il primo passo è “aprire fiduciosamente il proprio cuore a Dio”, poi “colloquiare affettuosamente con Lui, vedendolo presente con me; e poi – cosa molto naturale – presentargli i nostri bisogni; infine lodarlo e ringraziarlo. In questo insegnamento di Sant’Antonio sulla preghiera cogliamo uno dei tratti specifici della teologia francescana, di cui egli è stato l’iniziatore, cioè il ruolo assegnato all’amore divino, che entra nella sfera degli affetti, della volontà, del cuore, e che è anche la sorgente da cui sgorga una conoscenza spirituale, che sorpassa ogni conoscenza. Infatti, amando, conosciamo” (Udienza generale del 10 febbraio 2010).

Le raffigurazioni di Sant’Antonio commuovono, specie quando sono opere di artisti sconosciuti, alle volte perfino un po’ naïf.  In ogni chiesa non può mancare la sua immagine di ragazzo giovane, dallo sguardo luminoso, con la tonsura e il saio scuro. In una mano il  Libro e in braccio il Bambin Gesù e nell’altra un ramo di giglio.

Sua caratteristica immancabile è il giglio candido, tanto che il fiore è detto proprio “giglio di Sant’Antonio”. Questo fiore dal profumo intenso, che fin dall’antichità è stato assimilato alla sontuosità della rosa e appare assai spesso nelle fonti antiche classiche come nella Bibbia, rappresenta la Vergine Maria nell’Annunciazione, dunque simbolo dell’Incarnazione di Cristo, fiorisce sul bastone di San Giuseppe e contraddistingue molti altri santi come San Luigi o Caterina da Siena. È un fiore che simboleggia purezza e nobiltà d’animo. Chiunque si rechi presso la basilica di Padova avrà notato la grande quantità di bigliettini lasciati nelle ceste ai piedi dell’Arca. Raccontano storie e speranze, richieste di aiuto e preghiere. Sono bianchi, simili ai petali del giglio.

Molfetta, Duomo vecchio. Sant’Antonio di Padova. Ph. Maria Cappelluti

Antonio nasce in Portogallo, a Lisbona, il 15 agosto del 1195 da una famiglia di origini nobili. Non appena adolescente, decide di entrare nel monastero agostiniano di São Vicente, fuori le mura di Lisbona, per vivere l’ideale evangelico senza compromessi.

Sant’Antonio da buon predicatore parlava con la gente, ne condivideva l’esistenza umile e tormentata, impegnandosi a diffondere la conversione alla religione cristiana propugnando sempre valori di pace. Attendeva alle confessioni, si confrontava personalmente o in pubblico con i sostenitori di eresie. Sant’Antonio ha avuto una particolare predilezione per i bambini. Tra i miracoli da lui compiuti, quand’era in vita, più di uno riguarda proprio loro. Per questo è invalsa la tradizione di porre i piccoli, fin dalla nascita, sotto la protezione del Santo. A questa usanza fa seguito quella di far indossare ai bambini l’abitino francescano per ringraziare il Santo della protezione ricevuta e farla conoscere agli altri.

Non mancano i miracoli, dalla predica ai pesci alla mula rimasta a digiuno per tre giorni che si inginocchia di fronte all’Ostensorio, favorendo la conversione del suo padrone precedentemente ateo.

Tra preghiere, penitenze, mortificazioni e sacrifici, Antonio ha modo di incontrare, tra l’altro, il dittatore Ezzelino da Romano a Verona. Egli diventa il primo dei Frati Minori a insegnare, su manifesta volontà di Francesco, teologia all’Università di Bologna. Tredici è il numero ricorrente in Sant’Antonio infatti quando si dice la Tredicina con questo termine si intendono innanzitutto i tredici giorni di preparazione alla festa di Sant’Antonio che ha luogo il 13 giugno.

La Tredicina si ripete ancora oggi nella Basilica e in altri santuari antoniani o chiese francescane, come pure privatamente in tante famiglie. Ma con lo stesso termine si intende anche una preghiera articolata in tredici punti e tredici sono anche i miracoli che si dice possa compiere Sant’Antonio in una sola giornata.

Numerose associazioni nel mondo sono nate e operano nel nome di Sant’Antonio, portando la sua presenza soprattutto caritativa. Da secoli, in tutto il mondo, milioni di persone si dimostrano legate a Sant’Antonio con grande amore e devozione autentica. I devoti vedono in Sant’Antonio un amico, ascoltatore e confidente. Egli è l’interlocutore dei poveri, che dialoga con chiunque abbia da condividere qualche sofferenza nel corpo o nello spirito. A Sant’Antonio viene chiesta luce per illuminare la propria esistenza, aiutare chi è smarrito, consolare chi soffre e soccorrere i bisognosi.

Molfetta, Duomo di San Corrado. Sant’Antonio di Padova. Giugno 2021. Ph. Maria Cappelluti

I devoti lo riconoscono e lo amano con il giglio (purezza e trasparenza della vita) con il Gesù Bambino (segno di amore tenero e disponibile) e il libro (parola di Dio). In alcune chiese francescane o, comunque, legate particolarmente a Sant’Antonio, il giorno della sua festa (13 giugno) si è soliti benedire dei piccoli pani, che poi vengono distribuiti ai fedeli e consumati per devozione. In alcuni paesi sono gli stessi fedeli o qualcuno di loro a prendere l’iniziativa. Tale devozione deriva certamente dall’iniziativa del “pane dei poveri” che nel passato era molto viva presso le chiese.

Sant’Antonio, prima francescano poi missionario, fu un instancabile viaggiatore. Visitò molte terre desolate e disperate dalla fame del tempo e dopo aver percorso la Francia e l’Italia in viaggi apostolici estenuanti, Antonio si ritira a Camposampiero, località situata nei pressi di Padova. Qui il Conte Tiso ha l’opportunità di assistere a un miracolo, cioè il Bambino Gesù accolto tra le braccia del frate. Accortosi che la vita lo sta ormai abbandonando, Antonio chiede a Tiso di essere portato a Padova. Assistito dai francescani, Sant’Antonio da Padova muore all’età di trentasei anni, sussurrando le parole “Vedo il mio Signore”. E’ il 13 giugno del 1231. Meno di un anno dopo, Papa Gregorio IX lo nominerà Santo.

Assai popolare a Molfetta è la festa in onore di S. Antonio, che ricorre il 13 giugno di ogni anno. La statua viene portata in processione dai confratelli chiamati in vernacolo “le biénche”, perché il loro vestiario (camice, cappuccio, mozzetta e cingolo con fiocco) è tutto bianco. Sulla mozzetta portano una piastra in metallo riproducente il Santo. Questa festa era annoverata tra le “feste grandi” e costituiva un richiamo di gente anche dai paesi limitrofi per lo splendore delle luminarie, per la partecipazione di rinomate bande musicali, e per i fragorosi fuochi pirotecnici che concludevano i festeggiamenti. A Molfetta, nella chiesetta di Sant’Andrea, nel centro storico, è venerata la statua lignea seicentesca del Santo, di autore ignoto, scolpita sotto il priorato di Gian Alfonso Calò. Quest’anno la processione si terrà sabato 18.

Anticamente il culto di Sant’Antonio si svolgeva nel Duomo di San Corrado. Infatti, il notaio Matteo de Cocuzzellis fondò la cappellania, con l’obbligo che tre sacerdoti celebrassero giornalmente la Santa Messa all’altare di Sant’Antonio. Nel diritto della Chiesa la cappellania può definirsi un ente ecclesiastico sorto per volontà di un fedele con i beni da lui forniti allo scopo di adempiere a un fine di culto che egli ha indicato (il più frequente è la celebrazione di messe).

Molfetta, Duomo di San Corrado. Sant’Antonio di Padova. Giugno 2021. Ph. Maria Cappelluti
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