“Io, mammete e tu”. La “libertà vigilata” dei fidanzati di una volta

In passato, i giovani fidanzati non potevano mai stare da soli. Niente passeggiate mano nella mano, niente baci al chiaro di luna, niente di niente! Una “scorta attenta” accompagnava ogni loro passo! Da un racconto di Angelo Boccanegra

Una scena del film: “Io, mammeta e tu” del 1958

Come abbiamo visto nelle “puntate” precedenti, il fidanzamento di un tempo aveva delle “regole” molto ferree, che dovevano essere rispettate categoricamente. Il rischio era sempre in agguato: tutto poteva “saltare” all’improvviso per la “mancata osservanza” di una delle tante regole e, a quei tempi, una rottura del fidanzamento, era qualcosa di abbastanza traumatico, coinvolgeva intere famiglie. Insomma, per farla breve: nulla era lasciato all’intimità dei fidanzati in passato, nel bene come nel male, dal fidanzamento ufficiale fino al matrimonio o, alla rottura dello stesso; tutto era “gestito” in ambito familiare con le inevitabili conseguenze che si possono ben immaginare.

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Una delle tantissime “regole” da rispettare, pena “la scomunica” inflitta al fidanzato dalla famiglia di lei, era quella che regolava le uscite de fidanzatini per la passeggiata serale: ogni cosa doveva essere prestabilita, dall’ora dell’uscita all’ora del rientro. E spesso si trattava solo di un’ora di “libertà vigilata”: nei loro spostamenti, infatti, i fidanzati dovevano essere accompagnati da qualche parente di lei, solitamente il fratello o la sorella minore. Il “terzo incomodo”, come potremmo definirlo oggi, doveva vigilare che tutto si svolgesse secondo le regole di quel tempo: niente baci, niente abbracci, niente mano nella mano, niente di niente, insomma. In più, “l’accompagnatore” o “l’accompagnatrice” dei fidanzati aveva l’obbligo al rientro di confermare ai genitori della fidanzata che nel corso della passeggiata tutto si fosse svolto regolarmente, che nulla di “anomalo” (per quei tempi, s’intende) fosse avvenuto nella coppia. Spesso, la passeggiata dei fidanzati era “blidatissima” perché ad accompagnarli era la mamma di lei.

Io, mammeta e tu” è il titolo di una canzone di Domenico Modugno del 1955. Dalla canzone venne tratto un omonimo film nel 1958 che ci descrive efficacemente, proprio le consuetudini e i problemi che avevano in quel periodo i fidanzati. Dinamiche affatto rare in passato soprattutto nell’Italia meridionale; dinamiche anche descritte dal testo del brano musicale non senza una punta di ironia.

Come dicevamo, però, capitava che ad accompagnare i fidanzatini fosse spesso la sorella o il fratello minore di lei. Bene, c’erano dei trucchetti che i fidanzatini mettevano in atto, come per esempio quello di “corrompere l’accompagnatore”: in pratica “compravano il silenzio” del “sorvegliante” con dei regalini (gelato, dolciumi ecc.) o con “donazioni spontanee” di denaro. Ai “sorveglianti” andava benissimo, perché così, specie quando ricevevano del denaro in cambio del silenzio, si assicuravano una specie di paghetta. A volte, si ricorreva anche al “depistaggio”: si affidava al “sorvegliante” un compito che comportasse un momentaneo allontanamento per consentire alla coppia di scambiarsi perlomeno qualche bacio fugace. Se si andava al cinema, poi, il “sorvegliante” doveva essere seduto fra i due fidanzati e, l’infrazione di questa “regola” aveva un “costo” elevato per il fidanzato. Inutile forse aggiungere che per gli accompagnatori (e io all’epoca facevo parte di questa categoria) era una manna piovuta dal cielo, non si aspettava altro che l’uscita dei fidanzati da “accompagnare” per “mietere” gelati, dolci o soldi. Prima della ritirata poi c’era la raccomandazione all’accompagnatore di turno. Insomma, doveva essere efficacemente “blindato” affinché non spifferasse alcunché. Tutto serviva ai fidanzatini per assicurarsi qualche momento di intimità; questo era i prezzo da pagare a quei tempi anche per un semplice e fugace bacio alla fidanzata. Che tempi!

Riflettendo sulle “dinamiche moderne” (e non mi spingo oltre nel descriverle) mi viene un po’ da sorridere, ma permettetemi una domanda che mi pongo e penso un po’ tutti quelli della mia generazione si pongono: meglio ora o allora?

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