Racconti e ricordi: il pellegrinaggio di una volta a San Michele

“A san Michele si canta al ritorno”! Il detto indica che si dovrebbe gioire al termine di una conquista e non prima. In tempi remoti infatti il pellegrinaggio verso Monte Sant’Angelo era un duro percorso, una conquista della meta. Da un racconto di Angelo Boccanegra

Foto del 29 settembre 1962, archivio personale di Angelo Boccanegra. Tutta la famiglia e il vicinato “d’ind’a la terre” (Molfetta vecchia) in pellegrinaggio alla Grotta di San Michele Arcangelo a Monte Sant’Angelo.

La devozione per San Michele Arcangelo era ancora molto radicata a Molfetta sul finire degli anni Sessanta, tantissimi erano i pellegrini che si organizzavano per visitare la grotta sacra a Monte Sant’Angelo. Già un paio di settimane prima l’organizzatrice del pellegrinaggio iniziava a raccogliere nel quartiere le adesioni per “la gita a San Michele”. La partenza era sempre fissata alle prime ore del mattino, quando era ancora buio.

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Una curiosità era che nonostante la partenza fosse per le 3.30 circa, già poco dopo la mezzanotte tutti ci trovavamo in trepidante attesa del pullman della Marozzi, presso la Banchina Seminario del Porto di Molfetta, punto storicamente deputato alle partenze dei gitanti del centro storico. Tra quei bagagli e le pietanze ben strette in stoffe che emanavano odori irresistibili, i “grandi” chiacchieravano prima della partenza mentre noi piccoli (che eravamo quasi sempre in esubero rispetto ai posti a sedere) ci trovavamo a giocare festanti nella notte. Ogni famiglia portava le sue pietanze in grandi teglie: parmigiana, pasta al forno, patate arrosto, pollo al forno, frutta e bevande. Non mancavano mai, inutile dirlo: focacce, calzoni  e grandi pagnotte di pane. Inutile aggiungere che per noi ragazzi di allora il divertimento era assicurato.

Si partiva pregando e a dare il via alle innumerevoli preghiere e canti religiosi era sempre l’organizzatrice delle gita alla quale era riservato sempre il posto d’avanti, sulla fila destra. La prima tappa, inevitabilmente, anche per motivi fisiologici, era a Siponto, dove ci si recava a fare visita al Chiesa di “Maria Santissima di Siponto” detta anche Madonna di Siponto, la santa patrona di Manfredonia, ai più nota, a quei tempi, come “Medonne dù sceitte” perché si pregava anche per evitare di sentirsi male, prima di affrontare la difficile salita alla montagna sacra che a quei tempi era ancora non del tutto agevole, a “dura prova di stomaco”.

Ripartiti per san Michele, una volta giunti a Monte Sant’Angelo, si lasciava il pullman molto distante dalla grotta, per percorrere a piedi l’ultimo tratto dell’antico percorso, prima di giungere al santuario, che ogni pellegrino affrontava con personale devozione: chi scalzo, chi in ginocchio e chi portando fino alla grotta un grosso masso per chiedere in preghiera all’Arcangelo grazie e protezioni per sé e per la propria famiglia.

Una volta finita la visita al santuario ci si dedicava tutti insieme come un’unica famiglia al pranzo, tutto veniva diviso con tutti e noi ragazzi che non stavamo un attimo fermi, in una giornata allegra e spensierata, mangiavamo un po’ di tutto. Poi si andava in giro per il paese: c’era chi comprava souvenir, chi il mitico “pane della montagna” e chi dell’ottimo vino.

Al tramonto, si faceva ritorno a casa e durante il viaggio si pregava e si cantava. C’è un detto che narra così: “Si canta quando si viene da San Michele e non quando si va“. Sin dai tempi antichi, il pellegrinaggio verso Monte Sant’Angelo non era fatto agevole: era un duro percorso, una conquista della meta.

Prima dell’avvento dei mezzi motorizzati, il viaggio di andata e ritorno da san Michele, era davvero un’avventura che durava parecchi giorni: si partiva col carretto, dopo aver preparato e riposto l’occorrente per il viaggio in una grossa cassa (la  casce). Si gioiva quindi quando il risultato era stato finalmente raggiunto, si cantava dopo essere riusciti a superare tutte le difficoltà della salita al sacro monte, che anche ai tempi della mia adolescenza, non era affatto agevole.

Arrivati verso le 23 a Molfetta, ognuno faceva ritorno alle proprie case. Tutti erano felici e contenti per aver trascorso una giornata spensierata, e tutti si ripromettevano di rivedersi per un altro pellegrinaggio l’anno successivo.

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