Strumenti educativi “old style”: il battipanni. Quanti “dolorosi” ricordi…

Una volta, quando le nostre mamme non ce la facevano più a sopportare le nostre lagne e marachelle, passavano subito alle vie di fatto, senza timore alcuno. Da un racconto di Angelo Boccanegra

Il battipanni, un oggetto del nostro passato.

C’era una volta il battipanni, un arnese molto utilizzato in passato per le pulizie domestiche, per la rimozione della polvere da vestiti (panni), imbottiture di poltrone e divani, cuscini, tappeti, materassi ecc…

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C’era una volta, ma c’è ancora oggi, anche se il suo utilizzo nelle nostre case e meno frequente rispetto al passato. La sua forma è concepita ancora oggi in modo tale da non arrecare danno al tessuto del tappeto grazie alla distribuzione dell’impatto su una superficie più ampia di quella prodotta dall’uso di aste o bastoni, ma al tempo stesso da essere sufficientemente robusto per non rompersi durante l’azione (che può essere anche piuttosto energica) e, trattandosi di un utensile domestico, di essere anche piuttosto leggero, consentendone così un agevole impiego da parte di utenti femminili.

L’ingresso del battipanni nelle case comportò anche l’inizio del suo impiego per la disciplina domestica, soprattutto in paesi come Italia, Germania, Austria e Olanda dove non erano ancora presenti strumenti tradizionalmente dedicati a tale scopo. Il battipanni è andato progressivamente in disuso con la comparsa di elettrodomestici come l’aspirapolvere, il battitappeto e apparecchi vari per le pulizie a vapore.

Non è scomparso del tutto, però, l’attrezzo, generalmente di vimini, a forma di spatola con lungo manico che è però rimasto impresso nelle nostre memorie non certo per il suo utilizzo “canonico”. Aveva, infatti, anche un altro utilizzo, oltre a quello per il quale era stato inventato sul finire dell’Ottocento. Non molto tempo fa, infatti, quando ancora non esisteva il “telefono azzurro”, faceva parte degli “strumenti” per l’educazione, in ossequio alla formula educativa “old style” degli avi: “Mazze e panélle fàshne l’fìgghie bélle”.

Quando le nonne e le mamme non ce la facevano più a sopportare le nostre lagne, i capricci e i dispetti propri dell’età infantile, era il culetto il destinatario della dose più cara di sculacciate, date di solito con le mani, ma spesso con il battipanni, sino a far divenire il nostro posteriore rosso come quello di una particolare specie di scimmie. Il battipanni era uno degli strumenti cardine dell’educazione “old style”. All’occorrenza, però veniva utilizzata anche la pantofola (in vernacolo: “u’ spredùzze”), il cucchiaio di legno, la scopa, la scarpa… Sovente “volavano” in casa (ma anche in strada, c’è da dire), soprattutto le scarpe o le pantofole, prima di raggiungere l’obiettivo: noi, in pratica! Il battipanni,  però, era a quei tempi all’apice degli strumenti di punizione. E mentre il battipanni batteva il nostro posteriore, come se fosse un materasso di lana, il nostro nome veniva pronunciato in modo ritmato “alle mazzate”.

Un tempo non si perdevano in chiacchiere, “agivano”, tanto non solo per sadismo, certamente opinabile, soprattutto per come siamo abituati oggi a considerare molte cose e a guardare al modus vivendi del passato, ma perché sin da piccoli imparassimo a non fare ciò che non si poteva fare o non si poteva ottenere, praticamente quasi tutto, a quei tempi.

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