Visitando il Duomo vecchio di Molfetta: l’altorilievo del “Redentore”

Tra le opere medievali meglio conservate del Duomo di Molfetta è possibile ancora oggi ammirare il bellissimo altorilievo “del Redentore” del XIII secolo

Duomo di Molfetta, altorilievo “del Redentore”: le colonnine. Ph. Nicolò Azzollini

Il Duomo di San Corrado è situato nella parte antica della città, davanti al mare. La chiesa è stata probabilmente costruita nel XII-XIII secolo. Edificato secondo lo stile architettonico pugliese con influssi romanico–bizantini, l’edificio è molto particolare per la struttura di tipo basilicale che si incrocia con quella delle tre cupole in asse che sovrastano la navata centrale. All’esterno, le cupole sono ricoperte da un tetto piramidale costituito da tegole, dette chiancarelle, le stesse usate per i tipici trulli.

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Duomo di Molfetta, altorilievo “del Redentore”, particolari. Ph. Nicolò Azzollini

La facciata occidentale, che oggi è la principale, è severa e priva di decorazioni, perché un tempo, prima delle costruzione delle banchine, essa si trovava a picco sul mare; invece la facciata meridionale presenta tre finestre rinascimentali e lo stemma di Papa Innocenzo VIII.

Prospettiva dell’altorilievo del “Redentore”. Ph. Nicolò Azzollini

L’abside è compresa tra due imponenti e slanciate torri, di cui è detta campanaria quella verso mezzogiorno, perché su questa si trova il campanile, e vedetta l’altra, che era utilizzata un tempo, appunto, come torre di avvistamento. L’interno è a tre navate, divise da colonne cruciformi.

Tra le opere custodite più antiche custodite all’interno possiamo ammirare un altorilievo del “Redentore” del XIII secolo, un paliotto del XIV secolo, un bellissimo pluteo tardo romanico del XII secolo e un’acquasantiera su cui è rappresentato un uomo con un catino in cui nuota un pesce, emblema religioso.

Anche se non esiste alcuna documentazione a riguardo, è possibile ritenere che il ciborio medioevale, oggi conservato in una delle cappelle laterali del Duomo di Molfetta, tra le opere d’arte più significative dell’arredo liturgico medioevale giunte fino a noi, trovasse originariamente posto al centro del transetto, esattamente nella zona riservata oggi al nuovo altare, sulla cui base è collocato l’antico altorilievo meglio conosciuto come “del Redentore”, in cui è raffigurato Cristo benedicente, seduto sotto un’arcata trilobata poggiante su due colonnine disuguali provviste di capitelli e ai cui lati, in sommità, giacciono due angeli incensatori.

Si ignora la data di fondazione della chiesa che comunque risale alla seconda metà del XII secolo. Nei secoli successivi vennero costruite le cappelle gentilizie che circondano l’edificio, solo in parte abbattute nei restauri moderni.

In virtù della scarsità delle fonti storiche risulta estremamente arduo risalire alla prima data di costruzione del Duomo di Molfetta, benché dall’esame di alcuni documenti relativi all’origine del vescovado a Molfetta e dalla perfetta somiglianza che il Duomo ha con altre chiese della provincia di Bari (Ognissanti a Valenzano, S. Francesco a Trani e S. Benedetto a Conversano) si possa tentare di stabilire un periodo relativo alla sua nascita.

Francesco Rubeo, analizzando un’antica bolla trascritta in greco e custodita presso gli archivi ecclesiali di Bari, fa risalire il primo vescovo di Molfetta al 1008. Notizie a riguardo provengono anche da una bolla di Papa Giovanni XIX (1024-1032), al secolo Romano dei Conti di Tuscolo (e non XX come F. Lombardi, G. De Luca, M. Romano e A. Salvemini asseriscono), collocata cronologicamente tra il 1025 ed il 1028, dove si cita il vescovo di Molfetta tra quelli suffraganei all’arcivescovado di Bari. E’, comunque, accertato che la costruzione della chiesa sia avvenuta in due periodi diversi, presumibilmente tra la prima metà del XII secolo e la fine del XIII secolo. Ciò risulta, ampiamente, dalla differenza architettonica esistente tra la campata orientale e le altre due, ma anche dall’analisi di antichi documenti. Risale, infatti, al 1185 un testamento attraverso cui Griso di Sifan­do donava alla fabbrica della chiesa, forse già in avanzata fase di costruzione, almeno per quanto riguarda la parte absidale, un calice d’oro e un turibolo d’argento (Archivio di Cava dei Tirreni, di seguito: ACT).

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