Il mistero sulle origini del Duomo di Molfetta

Il più bell’esempio di edificio romanico con la navata centrale coperta a cupole in asse sorge in tutta la sua maestosità sull’estremo lembo settentrionale della città di Molfetta, a diretto contatto con il mare

Molfetta, il Duomo Vecchio… quando ancora sembrava una fortezza su una penisola rocciosa protesa nel mare. 1875, forse una delle foto più vecchie del Duomo di San Corrado

Come tanti esempi pugliesi, il duomo di Molfetta sorge sul limite del mare quasi ad estendere la sua protezione non solo al borgo ma anche alle navi che solcavano le acque prospicienti. In passato la scogliera si trovava direttamente a ridosso della chiesa e solo nel 1925 vennero costruite le attuali ampie banchine.

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Si ignora la data di fondazione della chiesa che comunque risale alla seconda metà del XII secolo. Nei secoli successivi vennero costruite le cappelle gentilizie che circondano l’edificio, solo in parte abbattute nei restauri moderni.

In virtù della scarsità delle fonti storiche risulta estremamente arduo risalire alla prima data di costruzione del Duomo di Molfetta, benché dall’esame di alcuni documenti relativi all’origine del vescovado a Molfetta e dalla perfetta somiglianza che il Duomo ha con altre chiese della provincia di Bari (Ognissanti a Valenzano, S. Francesco a Trani e S. Benedetto a Conversano) si possa tentare di stabilire un periodo relativo alla sua nascita.

Francesco Rubeo, analizzando un’antica bolla trascritta in greco e custodita presso gli archivi ecclesiali di Bari, fa risalire il primo vescovo di Molfetta al 1008. Notizie a riguardo provengono anche da una bolla di Papa Giovanni XIX (1024-1032), al secolo Romano dei Conti di Tuscolo (e non XX come F. Lombardi, G. De Luca, M. Romano e A. Salvemini asseriscono), collocata cronologicamente tra il 1025 ed il 1028, dove si cita il vescovo di Molfetta tra quelli suffraganei all’arcivescovado di Bari.

G.B. Pacichelli, Molfetta nel 1703.

E’, comunque, accertato che la costruzione della chiesa sia avvenuta in due periodi diversi, presumibilmente tra la prima metà del XII secolo e la fine del XIII secolo. Ciò risulta, ampiamente, dalla differenza architettonica esistente tra la campata orientale e le altre due, ma anche dall’analisi di antichi documenti. Risale, infatti, al 1185 un testamento attraverso cui Griso di Sifan­do donava alla fabbrica della chiesa, forse già in avanzata fase di costruzione, almeno per quanto riguarda la parte absidale, un calice d’oro e un turibolo d’argento (Archivio di Cava dei Tirreni, di seguito: ACT).

Successivamente, il 3 agosto 1236, tale Gaildegrima faceva dono testamentario al vescovo di Molfetta, Mons. Risandus ( 1222-1271 ), di una vigna da destinarsi alla fabbrica della chiesa (Archivio Capitolare di Terlizzi). II 25 settembre 1256, poi, mastro Simone di Molfetta lasciava alla fabbrica dell’Episcopio mezza oncia d’oro (ACT). Infine, il 29 aprile 1285 frate Stefano del monastero di S. Margherita (secondo il Fon­tana nei pressi dell’attuale cimitero), donava alla fabbrica della chiesa tre once d’oro (Archivio di stato di Napoli).

Il Duomo di San Corrado, originariamente dedicato a Maria SS. Assunta in Cielo, è la maggiore delle chiese romaniche con la navata centrale coperta a cupole in asse (tre, nel caso specifico) impostate su tamburo a pianta esagonale, rispetto alle altre (comprese le quattro Basiliche Palatine) aventi la copertura del tipo a capriate e tegole sovrapposte.

Molfetta 1586, Biblioteca Angelica, Roma

La costruzione, a pianta basilicale asimmetrica, è divisa in tre navate da pilastri cruciformi con colonne addossate e la navata centrale presenta una copertura a tre cupole in asse, come già riportato, di altezza variabile (quella centrale è considerevolmente più alta delle due di estremità), mentre le navate laterali sono coperte con tetti spioventi, ad una falda ciascuna, con tegole costituite da chiancarelle della stessa tipologia della copertura dei famosi trulli della valle d’Itria. Stesso tipo di chiancarelle, assemblate a punta di diamante con sei falde convergenti al centro verso l’alto per ciascuna cupola (allo scopo di assecondare la pianta esagonale dei tamburi di base), ricopre le tre cupole centrali.

La facciata rivolta a occidente, che oggi appare quella principale, è spoglia, a differenza di quella di mezzogiorno, che presenta tre finestre tardo rinascimentali, stemmi di alti prelati tra i quali quello di papa Innocenzo VIII. Ciò si spiega col fatto che all’epoca della costruzione e fino al 1882 quella facciata, così come tutto il prospetto occidentale della città vecchia erano a picco sul mare, così come testimoniato dalle rare fotografie antecedenti alla costruzione della Banchina Seminario, in coincidenza con la costituzione della prima tranche del nuovo porto, cioè quello attuale, conclusasi intorno al 1882, appunto.

Il complesso strutturale è serrato tra due torri campanarie (quella di mezzogiorno detta campanaria perché sede fisica del campanile, l’altra, più prossima al lato mare, di vedetta perché utilizzata a tale scopo per il preventivo avvistamento di eventuali incursioni saracene). Queste sono gemelle, di base quadrata, a tre ripiani, alte 39 metri, aperte sui quattro lati da finestre bifore e monofore.

Nell’interno il corredo artistico è essenziale; un fonte battesimale del 1518, un prezioso paliotto con bassorilievo del XIV secolo, un pluteo in pietra del XII secolo che rappresenta una cerimonia pontificale e il Redentore del XIII secolo. Caratteristica è l’acquasantiera raffigurante un uomo, probabilmente saraceno, che regge un bacile in cui nuota un pesce, simbolo ricorrente nell’iconografia religiosa.

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