Molfetta racconta: i castelli, le mura e i cunicoli sotterranei dimenticati

Molta storia molfettese è ancora presente sotto le nostre strade e attuali palazzi. Riscopriamo quella città scomparsa che in molti ancora ignorano in questo suggestivo viaggio nel tempo

Interessante veduta di Molfetta, com’era nel 1586. In alto si notano quelli che sembrano due ponti. Effettivamente Molfetta sorgeva sull’isolotto di Sant’Andrea, ed era collegata alla terraferma con ponti levatoi, ma la forma è piuttosto fantasiosa, quindi potrebbe trattarsi del primo tratto della nuova cinta muraria dei Gonzaga. Va ricordato che in quei tempi, le piantine venivano spesso disegnate in base a descrizioni orali, quindi erano molto approssimative. Molfetta 1586, Biblioteca Angelica, Roma.

Dall’unica via meridiana di Molfetta, via Piazza, si dipartono a spina di pesce tutte le altre vie del centro storico, che conducevano dal largo Chiesa Vecchia al largo dove si trovava il primo castello di Molfetta, edificato nel Trecento, poi distrutto nel 1416 circa (e mai ricostruito) durante una sommossa dei popolani che si ribellarono per l’eccesso di tasse che avevano impoverito la città.

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L’imponente Castello fu definito Angioino perché eretto nel XIV secolo dagli Angioini del Regno di Napoli di cui eravamo vassalli.

La storia della nostra città, a cavallo tra Trecento e Quattrocento, è intricatissima, tra feudi, signori e antagonismi, tutto sotto l’egida degli Angioini del Regno di Napoli, di cui eravamo provincia. La città era contesa perché la pesca era fiorente e i suoi traffici commerciali via mare erano molto intensi con vari territori, e in particolare con le coste dalmate. Vi era a quei tempi grande produzione di olio e mandorle che favorivano molto gli interscambi commerciali.

Perciò, ai fini difensivi, oltre al Castello Angioino, esistevano diverse torri di varia forma, unite da mura. La prima si trovava dal lato mare, alle spalle del Duomo. Dall’alto svettavano i due campanili, uno dei quali era adibito all’avvistamento di eventuale naviglio nemico, tutt’altro che raro a quei tempi. La fortificazione del Duomo aveva la forma della prua di una nave e pertanto era chiamata “Galea”, dal nome di una grande imbarcazione dell’epoca. Quando, successivamente si diffusero le armi da fuoco, fu munita di cannoni.

L’ubicazione del primo castello di Molfetta era laddove è presente l’attuale Piazza Municipio, verso via Morte, un tempo non a caso chiamata Piazza Castello. La costruzione era imperiosa e alta circa 22 metri a base cilindrica, caratterizzata da torri di vedetta, cunicoli sotterranei di difesa e un grande fossato. In realtà, quello Angioino, era un’alta costruzione militare a forma di torre, adatta alla difesa, ma che di “Castello nobilare”, non aveva proprio nulla. Tuttavia, i nostri antenati la videro come qualcosa di grandioso, insomma un vero “maniero”, tanto che il termine “Piazza Castello” rimase nei secoli a indicare l’odierna Piazza Municipio.

Nelle sue adiacenze esisteva un forno che durante i primi anni del 1500 sarà chiamato forno del castello, proprio a ricordo di quella zona caratterizzata dalla presenza del castello. Nel 2009, durante una serie di lavori in corso Dante angolo piazza Municipio, fu rinvenuta ad una profondità di circa 2 metri e mezzo una muratura, forse l’antica fortificazione del Castello Angioino del Trecento. Altre torri, quadrate e rotonde si trovavano a partire dall’angolo d’incrocio con l’odierno Corso Dante, poi sulla parte di mura di fronte alla Chiesa di Santo Stefano, e anche di fronte all’attuale Cattedrale. Le fortificazioni erano completate dal Castello Angioino.

Nella prima metà del ‘500, la città passò sotto il dominio dei Gonzaga. In particolare il 3 ottobre 1522 l’imperatore Carlo V eresse a principato la città di Molfetta e concesse a Ferrante di Capua, valoroso condottiero che aveva combattuto in Puglia sotto gli stendardi dell’imperatore, il titolo di Principe di Molfetta.

Il 29 novembre 1523 Ferrante morì a Milano e fu la figlia Isabella ad ereditare il feudo di Molfetta e il titolo di Principessa della nostra città. Qualche anno dopo, nel 1530, sposò (per procura) a Napoli, Ferdinando I Gonzaga, mantovano e di nobile famiglia, che aveva lo stesso nome del padre, e come lui, militava nelle armate di Carlo V. Ferrante I Gonzaga, fu investito del Principato di Molfettam avendo convolato a nozze con Isabella di Capua, figlia primogenita di Ferrante Signore di Capua, Marchese di Specchia, Conte di Alessano, Duca di Termoli, nonché Principe di Molfetta. La città fu portata in dote dalla moglie, insieme ad altri feudi, come quelli di Giovinazzo, San Paolo di Civitate, Serracapriola, Chieuti, Campobasso ecc.

Molfetta. “Del Regno di Napoli in Prospettiva”, G.B. Pacichelli, 1703. Incisione di Francesco Cassiano de Silva, autore delle tavole geografiche e delle ‘prospettive’ dei principali centri urbani del Regno.

Ferrante era il quinto dei sei figli (dopo Eleonora, Federico, Ercole ed Ippolita e prima di Paola) di Francesco II Gonzaga e di Isabella d’Este, marchesi di Mantova, che lo destinarono alla carriera delle armi, mandandolo nel 1523 a Madrid, alla corte di Carlo V, dove già si trovava, tra gli altri, Baldassarre Castiglione. Molto apprezzato dall’imperatore, nel 1526 era uno dei capitani imperiali, impegnato nella guerra contro la Francia e, nel 1527, fu tra i principali protagonisti del sacco di Roma. Nell’occasione protesse la madre Isabella che si trovava a Roma per trattare la nomina a cardinale del figlio Ercole. L’anno dopo fu impegnato nella difesa di Napoli, assediata dal maresciallo Lautrec e nella guerra contro i nobili pugliesi filo-francesi, ottenendo per i suoi servigi il feudo di Ariano Irpino.

Ambiva intanto alla dote di Isabella di Capua, figlia ed ereditiera del defunto Ferrante di Capua, che gli avrebbe procurato Molfetta, Giovinazzo e la contea di Benevento; Ferrante, avuto il consenso del Papa, dell’Imperatore e della madre di Isabella, Antonicca del Balzo, sposò la principessa di Molfetta a Napoli quello stesso 1529 diventando così per matrimonio uno dei maggiori feudatari del Regno di Napoli.

Alla morte di Ferrante, avvenuta nel 1557, gli successe il figlio Cesare che provvide a rinforzare la città con una nuova e più resistente cinta muraria, essendo la precedente andata in rovina dopo l’assedio delle truppe francesi e veneziane del 1529. I discendenti di Ferrante imposero tributi durissimi che causarono grave povertà tra la popolazione. Il ramo si estinse con l’ultimo principe, Ferrante III Gonzaga (1618-1678), che vendette nel 1640 il principato di Molfetta alla famiglia Doria di Genova, pur conservando il solo titolo di principe.

Il secondo castello, presente anticamente a Molfetta, era quello dei Gonzaga. In prossimità dell’ingresso del castello erano presenti delle botole a cui si accedeva a cunicoli sotterranei, molto frequenti a Molfetta, che conducevano a vari punti della città, costruiti per finalità difensive, rinvenuti durante i lavori di costruzione dell’attuale stabile in via Respa.

In particolar modo erano presenti due cunicoli, uno che proseguiva verso l’attuale piazza Garibaldi e uno che proseguiva verso il centro storico. Questo castello o bastione venne costruito dal feudatario Ferrante Gonzaga signore di Mantova e Guastalla, poco dopo il sacco di Molfetta che avvenne tra il 18 e il 20 luglio 1529 da parte di truppe francesi e veneziane, insieme alla seconda cinta muraria per la difesa della città da attacchi nemici.

Ritratto di Isabella di Capua, principessa di Molfetta

Sotto il governo di questi furono anche costruite nuove case al posto di quelle distrutte durante il sacco del 1529. Quell’episodio terribile non fu dovuto a carenza di difese, ma purtroppo al tradimento di alcuni molfettesi che chiamarono in aiuto francesi e veneziani per combattere una fazione avversaria di altri concittadini. Fu indicata una via segreta di accesso che permise l’espugnazione della città. Certamente non immaginarono nemmeno lontanamente la strage che sarebbe presto avvenuta, a causa della morte di due importanti comandanti, uccisi con grossi massi (forse tufi) scagliati dall’alto delle abitazioni. Durante il Sacco, numerose case e Chiese furono distrutte e le stesse mura difensive restarono gravemente compromesse. Questo indusse i Gonzaga, divenuti Principi di Molfetta, a pensare a nuove mura difensive. Le nostre mura avevano subito danni, per lo scempio avvenuto nel 1529, ma non tali da richiedere un loro rifacimento. Tuttavia, Ferrante per proteggere i suoi interessi, rappresentati anche dagli edifici e luoghi di culto esistenti fuori dalle vecchie mura, decise di far costruire un Castello e una seconda cinta difensiva. Verso la metà del XVI Secolo cominciarono i lavori, con la ottimistica previsione di completarli in 7-8 anni, ma purtroppo non andò così. La grande costruzione era abbellita da balconi in pietra, nello stile dei palazzi patrizi di Mantova. Pur di concezione più moderna, e pianta quadrata, questo secondo castello, così come quello degli Angioini, fu egualmente un’opera con caratteristiche militari. Infatti, il suo promotore, principe Ferrante I, fu reduce di molte battaglie e il suo concetto di difesa era basato, oltre che sulle mura, anche su una “Roccaforte” dove alloggiare un presidio militare. Quindi, non fu qualcosa dove dimorare e dare sfarzosi ricevimenti!

La nuova cinta muraria iniziava da Piazza Municipio, saliva parallelamente alla parte Ovest, in asse con le attuali costruzioni di via Sant’Angelo e proseguiva verso il Castello Gonzaga. Passava per l’attuale via Sergio Pansini  e terminava alla chiesa di San Domenico. All’altezza di via Respa, piegava in direzione di Piazza Vittorio Emanuele, dove c’era una Porta di accesso. Le mura continuavano per via Sergio Pansini, fino a raggiungere una successiva fortificazione all’altezza di via Annunziata, posta a difesa di un’altra Porta, conosciuta come “sott’a la port”, o anche della Piscina Comune. Infine, proseguivano per via Tenente Ragno e via San Rocco, interrotte da un’altra Porta, detta appunto di S. Rocco, là dove oggi possiamo ammirare la Chiesa di San Domenico, costruita a partire dal 1636. Le mura terminavano all’altezza della ormai scomparsa Chiesa di San Francesco, che si trovava esattamente dove oggi c’è il Mercato “Minuto pesce”.

Ferrante I Gonzaga, primo principe di Molfetta

A quei tempi si entrava in città da quattro porte che chiudevano al tramonto: Porta Annunziata, che si trovava nei pressi dell’attuale incrocio tra via Annunziata, Via Ten. Ragno, Via S. Pansini e via D. Picca, toponimo popolarmente noto come “Sott a la port”, proprio perchè lì si trovava quella che forse era la porta principale della città; Sant’Angelo, dove oggi si trova piazza Vittorio Emanuele; San Domenico vicino alla Chiesa omonima in via San Carlo; Porticella nei pressi della Chiesa del Purgatorio.

I lavori della seconda cinta muraria furono interrotti per vari motivi, tra cui il terremoto del 1560 che danneggiò parte delle opere. La costruzione della nuova fortificazione andò comunque molto a rilento anche per l’impossibilità, da parte della popolazione, di pagare per intero le esose gabelle necessarie ai lavori. Inoltre, nel 1557 era sopravvenuta la morte di Ferrante I. Il successivo principe di Molfetta fu suo figlio Cesare, che ereditò il titolo, ma non il temperamento di “uomo d’armi”. Cesare Gonzaga fu uomo di grande cultura, e visse a Mantova, nella sua lussuosa dimora, ricca di opere d’arte e frequentata da letterati e artisti. Nel 1560 sposò Camilla Borromeo, sorella di San Carlo Borromeo e nipote di Giovanni Angelo de’Medici, da poco eletto Papa col nome di Pio IV. Nel 1568 spostò la sua corte da Mantova a Guastalla, dove rimase fino alla morte, avvenuta nel 1575. Da questo piccolo “excursus” si comprende come l’essere principi di Molfetta non comportasse (né stimolasse) la presenza nella nostra cittadina, salvo poche e sporadiche visite. Molfetta, in quei tempi era scarsamente popolata (circa 6.000 abitanti) e certamente inadatta a una “vita di Corte”.

I lavori della nuova cinta muraria proseguirono stancamente attraverso fiduciari del posto nominati dal Principe, e probabilmente non furono mai completati. La carenza cronica di fondi, e il disinteresse dei responsabili dovuto soprattutto ai mutati scenari politici, furono la più probabile causa del mancato completamento della Cinta muraria.

La seconda Cinta muraria raggiunse il Porto, e rese obsolete le vecchie fortificazioni poste al suo interno e che si snodavano fino a Piazza Castello. E’ quindi comprensibile la demolizione della Torre di difesa che si trovava nei pressi del Duomo, come anche quella delle altre, poste intorno alla Città Vecchia. Ciò avvenne nel 1760, quando Mons. Celestino Orlandi volle costruire il primo Seminario Vescovile di Molfetta, quello sul Porto, divenuto poi, il Palazzo della Dogana. Fu aperta una passeggiata sopra le vecchie mura. La loro inutilità come baluardo di difesa era diventata palese anche ai privati cittadini, che già negli anni precedenti, avevano cominciato a bucarle, aprendo porte d’ingresso a nuovi locali che si affacciavano sul Borgo.

A poco a poco, anche per la diminuita pericolosità della pirateria e l’aumento della potenza dei cannoni, che facilmente sgretolavano le normali mura, come quelle nuove di Molfetta, sia il Castello che la Cinta muraria, divennero soltanto un inutile intralcio alla espansione della città…….e furono demoliti, mentre le antiche pietre servirono alla edificazione dei nuovi quartieri.

Il Castello rimase in abbandono per anni e cominciò a crollare, tanto che nella seconda metà del XVII Secolo, una parte delle sue pietre fu utilizzata per completare la facciata della Chiesa di Santa Maria degli Afflitti (Purgatorio), edificata a partire dal 1643.

Nel 1785 si attuò la demolizione della seconda cinta muraria. Il castello dei Gonzaga, edificato nel 1589, fu definitivamente abbattuto nel 1932. Fu un vero e proprio sacrilegio distruggere ciò che rimaneva dopo gli abbattimenti iniziati quasi tre secoli prima.  Ciò che rimane oggi del Castello dei Gonzaga è un pezzo di muro sulla scalinata che va verso via Resa salendo da via Ugo Bassi.

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