Molfetta, l’affascinante rudere di Torre Sgamirra

Si presenta ancora maestosa, nonostante il suo crollo parziale, avvenuto in epoca remota, che nulla toglie ancora al suo fascino secolare. Foto di Dario Lazzaro Palombella

Molfetta, Torre Sgamirra. Ph. Dario Lazzaro Palombella

Continuiamo il nostro tour virtuale tra le torri molfettesi, un percorso tra storia e territorio, alla scoperta della storia, dei segreti e degli aneddoti di questi splendidi relitti del nostro passato. Oggi faremo tappa a Torre Sgamirra, una delle cinque torri difensive che abbelliscono e arricchiscono di storia il territorio molfettese verso Terlizzi. Le altre quattro sono: Torre Cappavecchia, Torre Falcone, Torre del  Gallo e Torre Villotta.

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Oggi di questa torre resta solo il lato sinistro. Il crollo, che alcuni attribuiscono ad un fatto d’armi, altri ad una scossa tellurica, cosa più verosimile, nulla toglie al suo fascino, rendendola simile ad una famosa torre diroccata di Puglia: la “Sedia del Diavolo”, un bellissimo rudere, appartenente alla vecchia torre quadrangolare presente nell’antica città medievale di Montecorvino. Il suo nome strano, ma al tempo stesso pauroso deriva proprio dalla sua forma, che ricorda appunto quella di un sedile. Anche il Sepolcro di Elio Callistio, che si trova a Roma, è conosciuto come Sedia del Diavolo; il suo aspetto, dopo il crollo della facciata anteriore, lo rende simile ad una sedia da altare o ad una poltroncina con dei braccioli. Il rudere era spesso meta di prostitute e vagabondi che di notte accendevano dei fuochi che, visti da lontano, conferivano al monumento un aspetto spettrale, richiamando la figura del diavolo. La leggenda, inoltre, racconta che fu il diavolo a scegliere quella precisa posizione, di spalle alla Basilica di San Pietro. Oggi la Sedia del Diavolo si trova completamente inglobata nel quartiere che è sorto nelle sue vicinanze e non è considerata oggetto di interesse turistico.

Per raggiungere Torre Sgamirra si va per via Terlizzi e per la seconda traversa di Santa Lucia; si passa il cavalcavia dell’autostrada Bari-Napoli e proseguendo per Lama Cupa, poco dopo della quarta traversa ecco torre Sgammirra che s’innalza in un folto uliveto, diritta, diroccata da tempi lontani, ma pur sempre bella e maestosa. Sembra sia stata costruita nel XIV sec.; la parte ancora in piedi, un terzo dall’antico manufatto, è sormontata da un vistoso cornicione, sorretto da gattoni. Un solo lato si presenta intero e privo di finestre; tre affacci, su di un lato semidistrutto, fanno pensare che abbia avuto tre piani sopraelevati e un grosso gattone, rimasto in bilico, lascia pensare che abbia avuto una saettiera. All’interno si notano due grosse mensole in pietra, che dovevano reggere la cappa di un focolare. La torre è maestosa nel suo insieme; raggiunge 20 m. di altezza, è quadrata e massiccia, a poca distanza da torre Cicaloria e da torre Cascione.

Molfetta, Torre Sgamirra. Ph. Dario Lazzaro Palombella

Il nome dato alla torre, potrebbe far pensare ad una famiglia estinta molfettese o terlizzese. Molte località campestri prendono nome da famiglie estinte, ma è difficile associare il nome della torre a quello di una famiglia, benché remota e estinta. Non vi è nessuna conferma in tal senso. Il terremoto, che si ritiene la causa vera del crollo, realmente avvenne la notte dell’11 maggio 1560. Infatti, sghemeddà in vernacolo vuol dire cadere. “Torra Sghemeddate” vuol dire appunto “torre caduta” per il terremoto, donde Sgammirra. La torre precipitò solo sul lato destro e ciò fa ritenere accettabile la causa del terremoto; per azioni belliche non è possibile, poiché nel secolo XIV, non essendo stata scoperta la polvere pirica, non esistevano cannoni.

Torre di Montecorvino nota come “Sedia del Diavolo”
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