Soggiorno di truppe crociate, si ritiene che presso il complesso medievale abbia sostato lo stesso Boemondo I d’Altavilla, uno dei più valorosi comandanti della Prima Crociata, prima dell’imbarco per la Terra Santa. Fu anche rifugio di molti molfettesi scampati al «sacco» dato alla città nel 1529 dalle truppe franco-veneziane. Foto di Maria Cappelluti

Continuiamo il nostro tour virtuale tra le torri molfettesi, un percorso tra storia e territorio, alla riscoperta dei segreti, degli aneddoti, ma anche delle leggende oltre la storia ufficiale, di questi splendidi relitti del nostro passato. Oggi faremo tappa a Torre villotta, una delle cinque torri difensive che abbelliscono ancora e arricchiscono di storia il territorio molfettese verso Terlizzi. Le altre quattro sono: Torre Sgamirra, Torre Cappavecchia, Torre Falcone e Torre del Gallo.
Situata in contrada di Santa Lucia, a due sole miglia dalla provinciale per Terlizzi, Torre Villotta è una delle più antiche e belle torri di tutto l’agro molfettese, forse l’unica vera torre medievale di tutto l’agro. Il toponimo, probabilmente, trae origine dal latino villula (o villocta che significa villetta), nome con il quale è citato in antiche pergamene fin dal 1130, ma non si può escludere che possa derivare dal termine vedotta, cioè vedetta, trasformato in vernacolo nel termine veddotte e successivamente italianizzato in villotta.
La parte superstite più antica del casale è certamente la torre del XII secolo, mentre è difficile stabilire se le costruzioni annesse abbiano la medesima antichità. La torre però potrebbe essere ancora più antica. E’ utile rammentare che le torri-vedetta documentano il periodo intorno all’anno 1000, tra i più difficili della storia di Molfetta, in quanto essendo la città nella fase di sviluppo e consolidamento territoriale, mancava di una reale organizzazione politica che doveva provvedere alla difesa di casali e borghi rurali sparsi per la campagna.

Si suppone che, quando le incursioni provenivano dal mare, le sentinelle segnalavano l’arrivo dei pirati dalle torri della città mediante fumate di giorno e fuochi di notte. Il segnale di pericolo veniva dato con gli stessi mezzi o con rintocchi di campana a tutte le altre torri, affinché si provvedesse ad organizzare la difesa. Il nucleo storico di Torre Villotta quindi potrebbe essere più antico rispetto alla datazione ufficiale (XII secolo). Lo stile costruttivo della torre è quello in uso nell’alto Medioevo. Molte torri sono sorte intorno all’anno mille nel territorio di Molfetta (la gran parte scomparse o trasformate nel corso dei secoli) e Torre Villotta, che ha conservato in maniera quasi inalterata il suo aspetto medievale, certamente può annoverarsi tra le prime torri-vedetta del territorio molfettese.
L’attuale complesso aggiunto alla torre è formato da due cameroni centrali intercomunicanti, con grandi volte a botte e ingresso principale a ponente, affiancati da ambienti più stretti dallo stesso schema costruttivo, quello sulla destra per tutta la lunghezza della costruzione, l’altro alla sinistra più angusto fino alla metà, interamente comunicanti con gli stanzoni maggiori. In ognuno di questi e nell’androne laterale destro vi sono grandi pozzi in pietra lavorata a forma semicircolare contro le pareti. Pozzi sono presenti anche nei locali minori. A livello del suolo tracce di sottostanti piscine interrate; un’altra piscina sopraelevata è incorporata nell’ala di destra, con scala laterale di accesso al boccaporto. L’acqua veniva raccolta dall’ampia superficie di copertura di volta attraverso imbocchi perimetrali. La presenza di numerosi e grandi pozzi e cisterne interne ed esterne e il complesso nel suo insieme fanno pensare a una residenza stabile, a un villaggio popolato da parecchia gente. È probabile che almeno una parte dei pozzi interni e delle piscine fosse adibita a raccogliere l’olio.
Affiancata a queste costruzioni sorge la torre alta 15 metri, con stretta porta e finestra soprastante rivolte a ponente sormontate da archetti di forma ogivale. Sugli altri lati solo feritoie. Da un attento esame della torre sembra essere divisa in tre parti, con pietre di diverso tipo; quella centrale è caratterizzata dalla fitta presenza delle suddette feritoie. Ai piani superiori si accedeva mediante botole e scale retrattili.


Alcune notizie storiche riportate nel “Saggio sulla storia di Molfetta dall’epoca dell’antica Respa sino al 1840 del dottor fisico Michele Romano”, a Saggio sulla storia di Molfetta”, non confutate dal altri eminenti storici locali tra Settecento e Ottocento, fanno pensare che l’intero complesso sia servito come accampamento di truppe crociate. Si vuole che vi abbia sostato lo stesso Boemondo I d’Altavilla, uno dei più valorosi comandanti della Prima Crociata, nel corso della quale si insignorì del Principato di Antiochia, prima dell’imbarco per la Terra Santa.
Nel corso del «sacco», dato alla città di Molfetta dai Francesi e dai Veneziani dal 18 al 20 luglio 1529, accolse una parte della popolazione che fuggiva dalla città. Fu questa una brutta pagina della vita cittadina, perché la popolazione fu decimata. Villotta, con tutte le sue costruzioni adiacenti, in quel secolo già presenti e forse circondate anche da mura difensive, divenne il luogo in cui tantissimi molfettesi trovarono rifugio scampando alle efferatezze compiute in città dalle truppe francesi e veneziane, uno degli episodi più cruenti e drammatici della storia molfettese. La città fu messa a ferro e fuoco dalle truppe franco-veneziane provenienti dal mare. Molfetta sottovalutò il pericolo, convincendosi della resistenza delle sue grandi mura difensive. Ma si sbagliò. La città fu devastata per tre giorni e per tre notti, non fu risparmiato nessuno, morirono circa 1000 persone tra uomini, donne e bambini. Le cronache di allora raccontano che le strade di Molfetta vecchia si tinsero di rosso, c’era sangue ovunque, e c’erano corpi arsi lungo le strade perché nessuno voleva spostarli. I superstiti del sacco si rifugiarono proprio qui e vi rimasero per parecchio tempo fino a quando la situazione a Molfetta non ritornò ad essere tranquilla.
Come detto, Torre Villotta non è questo l’unico caso di torre-vedetta trasformatasi con il trascorrere dei secoli in splendidi esemplari di complessi masserizi dove alla materia prima agricola o animale veniva collegata la trasformazione della stessa con la produzione di eccellenti prodotti agricoli, cerealicoli o animali. E l’olio prodotto a Torre Villotta potrebbe essere la naturale evoluzione della torre di controllo in un complesso produttivo dell’oro giallo pugliese.
Nei primi del ‘900, la torre fu trasformata in un laboratorio pirotecnico, vi si fabbricavano i fuochi d’artificio, poi fu completamente abbandonata. Per suo valore storico, ma anche monumentale crediamo che Torre Villotta si meriti di non finire completamente in rovina.
