Molfetta, il tesoro di Torre Cascione: storia o leggenda?

Questa antica torre d’avvistamento fu anche coinvolta nella guerra fra Angioini e Aragonesi per il possesso della Puglia dopo che la regina Giovanna I d’Angiò fece sgozzare il marito Andrea d’Ungheria nel castello di Aversa

Molfetta, Torre Cascione. Ph. Dario Lazzaro Palombella

Storie nelle storia, che val la pena di raccontare. Oggi vi parleremo di Torre Cascione, situata nell’omonima contrada dell’agro molfettese, della sua storia, ma anche delle leggende che si tramandano anche su questa mitica torre molfettese.

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Il suo itinerario è lo stesso di Torre Cicaloria, poiché trovasi a circa un centinaio di metri a sinistra. Si giunge alla torre percorrendo la via di Bitonto e poi, svoltando a destra, via del Mino. Da Molfetta dista circa 6 Km e si trova a 130 m sul livello del mare. Una delle sue caratteristiche è l’alto pino ombrellifero situatole accanto.

L’epoca di costruzione della torre si aggira intorno al XI secolo, è alta 10 m. circa e si divide in due piani; ha pianta quadrangolare ed è stata costruita utilizzando conci appena sbozzati alla maniera antica, senza intonaco, priva di cornicioni alla sommità, ma severa nell’insieme. Sul lato di levante sono visibili due robusti gattoni in pietra che dovevano reggere una saettiera, perpendicolare all’antica porta d’ingresso. La presenza dei gattoni senza saettiera conferma che la torre è stata mozzata all’estremità.

L’accesso ai piani superiori avviene mediante botole e scale retrattili; ogni lato ha un affaccio suo e all’interno vi è una grande cappa piramidale che domina l’ambiente a piano terra, cinta da sedili in pietra, che permetteva anche di comunicare attraverso il fuoco e i segnali di fumo alle altre torri d’avvistamento e alla città l’arrivo di qualche pericolo. Il locale è annerito dal fumo e dal tempo, disseminato di attrezzi rurali e da legna da ardere. L’antico ingresso ora murato, si trova a 3 metri dal suolo per motivi di difesa; l’attuale porta d’ingresso è stata ricavata sul lato di mezzogiorno.

Comunque la sua funzione era di torre d’avanguardia per la difesa della città di Molfetta e dei suoi borghi; con Torre Cicaloria e Torre Sgamirra costituiva l’avanguardia fortificata della Curtis Mino (Casale Mino) a sud del nostro territorio. I nostri antenati avevano uno spiccato senso di difesa e perciò tutto l’agro è disseminato di torri di vedetta per l’avvistamento delle incursioni piratesche; avevano organizzato la difesa fluida, come suol dirsi oggi, comunicando fra loro per mezzo di fuochi. Questo sistema doveva essere esteso a tutto il territorio nazionale stando alla descrizione che ci fa Dante, avvicinandosi alla città di Dite.

Torre Cascione nel secolo XIV fu coinvolta nella guerra fra Angioini e Aragonesi per la successione del possesso della Puglia. La regina Giovanna I d’Angiò, facendo sgozzare il marito Andrea d’Ungheria nel castello di Anversa, provocò la guerra in Puglia nel corso della quale nefandi delitti furono commessi a Barletta, Andria, Molfetta e Giovinazzo. Il famigerato Pipino, forte di 500 partigiani, assalì Molfetta e la conquistò con un tranello unitamente alle inermi popolazioni, le quali spaventate, si rifugiarono nelle torri. Gli Aragonesi, forti sul mare, facevano buona guardia, mentre gli Angioini raggiungevano Bari dalla parte di terra. Molti dei nostri casali, specie quelli sul lato di ponente, furono sopraffatti e gli assalitori si diressero verso quelli di mezzogiorno. Le torri più colpite furono Sgammirra, Cicaloria e Cascione, che conobbero la ferocia delle truppe angioine in ritirata verso Bari. Torre Cascione, trovandosi in luogo avvallato, subì maggiormente l’ira nemica. Per tre secoli consecutivi le nostre terre furono preda delle feroci incursioni piratesche saracene, uscocche, magiare e turche fino al Cinquecento, quando il dominio spagnolo assicurò una relativa tranquillità.

La leggenda vuole che nel secolo XIV gli Ebrei, perseguitati dagli Angioini, avessero sotterrato nel terreno circostante la torre (forse sotto un bellissimo albero di carrubo), un tesoro in una grossa cassa. Dal ritrovamento di questo cassone, nel secolo XVII, deriverebbe il nome della torre. Sembrerebbe invece che il nome gli derivi dall’antica famiglia che l’aveva voluta per sicurezza delle sue terre: i Cascione da Bitonto. Circa la formazione del suo nome, però, altre interpretazioni sono state date nel corso dei secoli: ad esempio alcuni lo facevano derivare dalla forma della torre medesima, infatti la denominazione ricorda in dialetto le grandi cassapanche del passato, dette appunto in vernacolo casciòne (cassone), ove i nostri avi deponevano i corredi delle spose o altre masserizie. Sappiamo però che quella che vediamo oggi, è un torre mozzata, anticamente era più alta, cosa che ci porterebbe a dubitare di quest’ultima spiegazione sull’attribuzione del nome. Inutile dire che la leggenda del forziere ricolmo d’oro ritrovato nei pressi della torre è molto più interessante. Ci riserviamo di fare ulteriori approfondimenti.

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