Mercoledì delle Ceneri: è tempo di calzone a Molfetta

Il calzone molfettese, piatto povero, semplice e genuino, tradizionalmente veniva consumato nel periodo dell’anno che va da dicembre ad aprile e soprattutto nel periodo quaresimale durante il quale i fedeli non mangiavano carne

“U calzòn” (focaccia ripiena), una bontà che i molfettesi amano e che ci rappresenta in altre parti d’Italia. Ripieno di cipolle (“rè sprènzàle”, sponsali, piccole cipolle porraie), pesce (“u nùzze stùbete” o “mìnghiaraile” oppure ancora “pàpendoune” (tipica qualità di merluzzo) e olive snocciolate.

E’ tempo di quaresima a Molfetta, ma è anche tempo di calzone, u calzòn in vernacolo. Il calzone, a differenza delle frittelle, tipiche del Natale, è il piatto immancabile del Mercoledì delle Ceneri e della Mezzaquaresima. All’apparenza si presenta come una classica focaccia ripiena ma conserva in sé una storia che ci parla di mare e di terra, che ha avuto inizio nel lontano ‘600 ma di cui sono ancora sconosciuti i dettagli. L’unica certezza è che la ricetta è stata tramandata dalle massaie molfettesi, le prime ad aver preparato questo piatto unico. Fino ai nostri giorni, passando di generazione in generazione, la ricetta è rimasta del tutto immutata.

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Il calzone molfettese è un piatto povero, semplice e genuino che in genere veniva preparato nei mesi invernali, durante la quaresima o per qualche scampagnata nello stesso periodo, specialmente il Lunedì di Pasquetta. Tuttavia, essendo diventato un prodotto tipico locale, che non manca mai nelle feste comandate come nelle gite fuori porta, ormai i panifici di Molfetta lo propongono ogni giorno.

Il calzone di Pesce Molfettese – La ricetta
La tradizione vuole che la cottura debba avvenire in un forno a legna, per conservare meglio il sapore e donare un gusto legato maggiormente a quello tradizionale. A Molfetta abbiamo la fortuna di avere ancora qualche forno nostrano pur tuttavia, in alternativa, è possibile usare il forno di casa. La preparazione è complessa, ma ne vale la pena.

Per l’impasto: 800 g di farina 00; 40 g di lievito di birra; due cucchiai d’olio d’oliva e sale; acqua tiepida quanto basta per ottenere un impasto non appiccicoso.

Per il ripieno: 500 gr. di filetti di merluzzo fritti o lessati (“u nùzze stùbete” o “mìnghiaraile” oppure ancora “pàpendoune”, tipica qualità di merluzzo); 500 gr. di cipolle sponsali (“rè sprènzàle”, sponsali, piccole cipolle porraie) bollite e soffritte con 50 ml. d’olio d’oliva; 500 gr. di cimette di cavolfiore bollite e poi soffritte; olive verdi e nere snocciolate; acciughe salate e tritate; pomodorini, olio e prezzemolo.

Preparazione: Pulite e lavate le cipolle, tagliatele a piccoli pezzi e mettetele in una pentola; aggiungete un po’ di olio, pomodoro, prezzemolo, sale e lasciate cuocere a fuoco basso. Preparate la pasta unendo la farina, il sale e il lievito; aggiungete l’acqua tiepida e impastate e lavorate il tutto finché non risulterà non appiccicoso. Lasciate lievitare per 60/90 minuti; dopo la lievitazione occorre dividere l’impasto in due parti, una più grande dell’altra e occorre tirarle a sfoglia col matterello. Una volta stesa la pasta, oliate una teglia e stendete la parte più consistente dell’impasto sul fondo della teglia facendola aderire. Mettete la cipolla precedentemente preparata e rendetela uniforme su tutta la base. A questo punto stendete i pezzi di merluzzo spinato, precedentemente fritto o lessato(a seconda dei gusti) e le olive ed infine coprite il tutto con la restante pasta sigillando bene i bordi e formando un cordoncino piuttosto spesso. Prima di mettere il tutto in forno praticate dei forellini con la forchetta per evitare che la pasta si gonfi durante la cottura.

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