A Molfetta si dice: “Come la cape de Sênde Gherrare”. Perché?

Qual è l’origine di questo detto e cosa significa? Perché si dice spesso ancora oggi “lo tengo come la testa di San Corrado”?

Busto argenteo di San Corrado. Il santo, in discordanza con la morte in età giovanile, venne rappresentato come un vecchio monaco. Ph. Maria Cappelluti

I molfettesi custodiscono le ossa di San Corrado di Baviera nella loro Cattedrale e precisamente nella Cappella dei SS. Pietro e Paolo. I resti mortali del compatrono della città di Molfetta sono visibili perché custoditi in un’urna d’argento e cristallo nella quale però, non c’è il teschio. Questo si trova invece incastonato all’interno di un busto argenteo custodito in una cassaforte che si trova sempre all’interno della Cattedrale, insieme al reliquiario con la terza vertebra cervicale del Santo, portato un tempo al capezzale dei moribondi. Perché il teschio di Corrado di Welfen è custodito in un preziosismo busto argenteo?

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Più volte San Corrado ha manifestato la sua potente intercessione. Ad esempio nei periodi di siccità, portando in processione la reliquia del suo cranio, si è ottenuta spesso la pioggia. Famoso è un episodio del 1529 quando, essendo di notte la città assaltata di sorpresa dalle truppe francesi del conte Caracciolo, i cittadini si sentirono chiamare nel sonno da un guerriero che li andava avvertendo del pericolo imminente. Essi, raggiunte le mura, videro nel mezzo di un bagliore la Madonna dei Martiri, San Corrado, nel quale riconobbero il misterioso guerriero, e San Nicola. L’esercito francese, atterrito, fuggì. Questo, almeno, è il racconto che ci è stato tramandato.

Gli è stato attribuito anche il potere di placare tempeste, alluvioni e terremoti. Non abbiamo però ancora risposto alla domanda: quando e perché i molfettesi decisero di custodire la “cape de Sênde Gherrareall’interno di un prezioso busto argenteo?

Molfetta fu immune per intercessione del Santo da molte epidemie, tra cui la pestilenza che colpì il nord barese nel 1656. La cittadinanza, per ringraziamento del pericolo scampato dalla forte pestilenza, nel 1657 decise di raccogliere dell’argento per far scolpire un busto in cui conservare il suo cranio. Il busto costò 800 scudi alla collettività. Con lo spostamento della sede episcopale, il 10 luglio 1785 le reliquie vennero trasferite nella nuova Cattedrale, e il Duomo Vecchio, prima intitolato all’Assunta, venne a lui dedicato.

Leggi anche, su Molfetta Discute Magazine: “La vera storia del nobile Corrado di Welfen, figlio del duca di Baviera”. Studio approfondito sulle vicende del nobilis puer Conradus, figlio di Enrico il Nero, duca di Baviera, della nobile famiglia tedesca dei Welfen e di Wulfilde di Sassonia. Di Luigi Michele de Palma

Il 4 agosto 2007 fu fatta la ricognizione della sacra reliquia

Il 7 aprile 1832, sotto il pontificato di Gregorio XVI, si concluse a Roma il processo di canonizzazione equipollente.

Corrado fu proclamato Santo e nel 1834 giunse la messa propria, la cui preghiera di colletta, tradotta in italiano nel 1967, esclama: “O Dio, tu hai voluto che il Santo Confessore ed Eremita Corrado divenisse cittadino della patria celeste, concedi benigno che, nella sua solennità, disprezzando gli affetti disordinati delle cose terrene, siamo infiammati dal desiderio delle realtà celesti”.

Dal 1893 il corpo è custodito in una teca mobile d’argento e cristallo, spostata nel 1981 nella cappella dei SS. Pietro e Paolo della Cattedrale.

In una cassaforte si conserva il busto argenteo contenente il teschio ed il reliquiario della terza vertebra cervicale, portato un tempo al capezzale dei moribondi. Frammenti delle ossa sono sparsi nelle varie chiese della città. A Modugno si conservano le falangi del pollice destro nella Cattedrale, ed un frammento osseo presso il Santuario di S. Maria ad Cryptam.

Per secoli si ritenne che Corrado, nato a Ravensburg, in Svevia, attorno al 1105, da Enrico IX di Welf detto il Nero e Wulfilde di Sassonia, fosse morto anziano, e come tale fu rappresentato, con barba bianca, cappa e bordone da pellegrino. Invece morì poco più che ventenne, ma già famoso per santità e miracoli, nell’inverno tra il 1125 ed il 1126, nel territorio di Modugno, in una grotta dedicata alla Madonna. Ancora oggi alcuni molfettesi si recano in pellegrinaggio a Modugno nel luogo dove il Santo visse i suoi ultimi anni. La tradizione fissa il giorno della morte al 17 marzo. Il suo corpo venne inumato nella cappella di S. Maria ad Cryptam, e la tomba divenne meta di pellegrinaggi.

Nel 1309 quella comunità benedettina venne soppressa ed i molfettesi, il 9 febbraio di un anno imprecisato, si impossessarono del corpo. Col gesto di inumarne i resti nella Cattedrale, Corrado veniva riconosciuto Santo Patrono di Molfetta ed un messale del XIV secolo testimonia che già in quel periodo al 9 febbraio era fissata la festa della “Traslatio Sancti Corradi Confessoris”, celebrata con una messa propria.

Messale manoscritto, noto come “Messale di S. Corrado”. Il codice pergamenaceo miniato è un messale romano custodito nell’Archivio Diocesano di Molfetta e appartenente al fondo del Capitolo Cattedrale. Il codice risulta particolarmente importante, poiché fornisce notizia di un culto riservato a San Corrado, venerato con il titolo di confessore, del quale si celebra la memoria il 9 di febbraio, giorno della traslatio, giorno in cui (probabilmente nei primi decenni del XIV secolo) le sue spoglie furono trasportate a Molfetta dal luogo della originaria sepoltura in Modugno. Di grande bellezza e particolarmente ben conservate appaiono le miniature che decorano le pagine del codice. Esse sono attribuite al pittore veneziano di origine francese Giovanni Charlier, detto Zanino di Pietro, Giovanni Francese e Giovanni di Francia (ante 1380 – ante 1443). Tale datazione conferma, dunque, una decorazione successiva del manoscritto.

Ma perché si dice spesso ancora oggi “lo tengo come la testa di San Corrado”? Cosa si custodisce come la testa di San Corrado? Evidentemente qualcosa di prezioso, qualcosa che val la pena di salvaguardare. Può essere qualsiasi cosa, un dono prezioso, di valore, anche un oggetto che può avere solo un grande valore affettivo. Qualsiasi oggetto, insomma, anche una semplice fotografia a cui si tiene molto. Ed è indubbio che i molfettesi tengono molto e da secoli alla testa del loro San Corrado.

La festa liturgica di San Corrado cade il 9 febbraio, giorno della traslazione. Il 17 marzo si commemora il transito. La seconda domenica di luglio si festeggia il trasferimento delle reliquie nella nuova Cattedrale. Queste sono le date da tenere a mente per ammirare e venerare il busto argenteo che ha al suo interno “La cape de Sênd Gherrare”, la più preziosa reliquia dei molfettesi. Ed è per questo motivo che a Molfetta, quando qualcuno vuole esaltare al massimo un qualsiasi bene a cui tiene molto, dice: “u tenghe come la cape de Sênde Gherrare”. Dal vernacolo, “lo custodisco come la testa di San Corrado”.

Due avvenimenti recenti, hanno avuto per protagonista la reliquia del cranio di San Corrado: la ricognizione compiuta il 4 agosto 2007 e l’Ostensione pubblica e solenne della reliquia, svoltasi il 9 febbraio 2008.

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