Sapere e sapori: le olive nolche, un suggerimento niente male per la cena

Si tratta di un piatto povero, d’altri tempi, ma sempre molto gustoso. Alcune ricette sono state tramandate dai nostri nonni che della loro preparazione ne facevano un vero e proprio rito

Piatto di Olive Nolche di Molfetta. Queste olive, però, non vanno confuse con quelle salate. Queste sono olive da cottura, che hanno davvero un sapore molto particolare.

Oggi, olive nolche fritte, che bontà. “Aòsce chésse pàsse u chémmende” dicevano i nostri avi (trad.: oggi questo passa il convento, questo si mangia, in pratica). E ché convento! Oggi è un piatto eccezionale, gustosissimo! Un piatto ricco di storia e tradizione, oltre che di gusto ovviamente.

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L’Oliva Nolca è la prima varietà di olive da tavola che matura sin dai primi giorni di settembre, molto diffusa nel Nord barese e tipica degli areali di Bisceglie, Molfetta ed Andria dove insiste una specializzazione della coltura per alcuni risvolti commerciali in quanto il consumo non è solo locale, ma anche nazionale grazie alle abitudini alimentari dei nostri compaesani che le hanno esportate in molte altre parti di Italia.

Un modo semplicissimo per gustare le olive nolche a cena (ma anche a pranzo, perché no) è quello di soffriggerle leggermene in olio extravergine d’oliva e poi condirle con il sale: attenti a non farvi prendere dalla scarpetta nel raccogliere la cremina che si forma con un po’ di polpa disfatta e l’olio… Scherziamo, ovviamente… Si friggono quando sono ben mature e dal colore violaceo che rilasciano dalla polpa se premute. Nella cottura sprigionano un profumo irresistibile ed hanno un sapore unico, un retrogusto amarognolo che convive con un sentore di dolcezza… dopo la prima è impossibile smettere di mangiarle!

Un altro modo per gustarle prevede l’uso del pomodorino, tutti vanno bene, alcuni propendono per il pomodorino invernale che non rilascia acqua, non fa sugo e insaporisce alla grande. Altri prediligono i “pomodorini in bottiglia”, quelli che una volta quasi tutte le famiglie preparavano verso la fine dell’estate tagliandoli a spicchi e infilandoli nelle bottiglie di vetro o nei “boccacci” (barattoli di vetro spesso), alternando alcuni strati di olive con delle foglie di basilico e poco sale, prima del cosiddetto “bagno” (la messa a cottura in acqua dei barattoli o delle bottiglie fino alla bollitura) per garantirne la corretta conservazione nei mesi invernali. Altri ancora, invece (i gusti sono gusti e, come diceva Totò: “De gustibus non est sputazzellam!”) preferiscono condirle con i cosiddetti “pomodori appesi”, quelli da serbo, raccolti in grappolo verso la fine dell’estate e messi appunto appesi a balconi, finestre e muri esterni delle case per trattenere e concentrare i sapori e la freschezza del prodotto per diversi mesi.

In alternativa, dopo aver cotto le olive, le togliete dalla padella in cui metterete i pomodorini tagliati in due e spadellate fino a leggera cottura in modo da non fare sugo, poi unite il tutto alle olive e condite a piacere con peperoncino. Potete arricchire con altro olio extravergine.

Questa tipologia di olive da tavola si consuma solo quando la bacca è completamente matura e quindi nera. La storia delle olive dolci pugliesi è stata tramandata dai nostri nonni che della loro preparazione ne facevano un vero e proprio rito che consisteva nel cuocere le olive direttamente sul braciere, un momento magico e di raccoglimento della famiglia che si scaldava attorno ad esso raccontando antiche storie aspettando che ile olive fossero pronte da mangiare.

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