Oggi è San Martino e a Molfetta è “frittella day”

Martino, già Vescovo di Tours, ovviamente non c’entra nulla con la tradizionale frittella molfettese, con il “mosto che diventa vino” proprio in questo giorno o, peggio ancora, con “l’estate dei cornuti”. Dettagli, per la cultura popolare. Questo a Molfetta è il giorno dell’allegria dei bambini che non vedono l’ora di tornare a casa per mangiare le frittelle. Da un racconto di Angelo Boccanegra

Vittore carpaccio, San Martino e il povero, dal polittico di Zara, 1480-1490 ca. È uno dei Santi più venerati in Occidente. Nato da genitori pagani, fu vescovo di Tours e condusse vita monastica in un cenobio da lui stesso fondato. Secondo la tradizione, nel vedere un mendicante seminudo patire il freddo durante un acquazzone gli donò metà del suo mantello; poco dopo incontrò un altro mendicante e gli regalò l’altra metà: subito il cielo si schiarì e la temperatura si fece più mite.

Buona giornata a tutti. Oggi è il giorno in cui si ricorda San Martino di Tours, uno dei santi più celebri fin dal Medioevo. L’11 novembre è conosciuto come “Estate di San Martino”, poiché di solito in questa settimana l’autunno si fa più mite e non è raro incontrare giornate molto soleggiate.

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Una tempo, durante la Festa di San Martino, in molti paesi si svolgeva la fiera più importante. Spesso questa ricorrenza è legata alla prima spillatura del vino novello. In questi giorni infatti nei vigneti si aprono le botti per i primi assaggi del vino “novello” (da qui il detto: “a San Martino ogni mosto diventa vino“) e in antichità era pratica comune rinnovare i contratti agricoli e tenere grandi fiere di animali con le corna, mucche, buoi, tori, capre, montoni. Sicché la fantasia popolare ha promosso il santo a patrono delle persone tradite. E infatti, in Abruzzo, è detta anche la “Festa dei cornuti”. A San Valentino in Abruzzo Citeriore viene organizzata la “Processione dei Cornuti” che affonda le sue radici nei riti pagani. La tradizione prevede che gli uomini del paese, al tramonto, sfilino per le strade tra le grida dei compaesani. Al termine della processione viene servito il tradizionale spezzatino di San Martino. Il giorno dopo continua la tradizionale fiera con le castagne e il vino novello.

Anche a Molfetta è la “festa dei cornuti contenti” (in vernacolo: “chernéut chendende”) e ai mariti vengono fatti scherzosamente gli auguri. Il pensiero dominante del molfettese, però, l’11 novembre, è associato alle frittelle. Già di prima mattina i vicoli, le strade, i condomini, ogni angolo della città insomma, viene invaso da quell’odore di fritto genuino. La massa, già lavorata “saope o’ taveleire” e lievitata, è già pronta di prima mattina per le farciture delle famose e gustose frittelle molfettesi, dalle più tradizionali con la mozzarella, la cipolla, il tonno e, soprattutto la ricotta forte (in vernacolo: “shquend”, dal latino ustulo, per il suo sapore) e le acciughe, alle più fantasiose con mortadella e provolone, ricotta e salsiccia piccante… e la lista potrebbe esser lunghissima. Ci vogliono almeno due massaie per prepararle, una che le farcisce e l’altra che le frigge, ma non è raro vedere tanti mariti cimentarsi ai fornelli nel delicato compito della frittura.

Al momento del pranzo, come sempre, anche se si fa sempre molta attenzione, spesso non si riesce ad azzeccare la frittella con la farcitura preferita, per cui si tende ad aprirle, provocando l’inevitabile incazzatura delle mamme. Ma anche questo fa parte della tradizione.

Ma da dove nasce la tradizione delle frittelle a Molfetta il giorno di San Martino? Raccontavano gli anziani di una volta (in vernacolo: “le veicchie de pràime”) che tanto tempo fa, un ricco signore proprietario di molte vigne, volendo ringraziare i contadini per l’abbondante raccolta di olive, fece gustare loro proprio il giorno di San Martino, frittelle fritte nell’olio delle olive appena raccolte. La voce si sparse velocemente fra le massaie e, da quell’anno, per ricordare l’evento, il giorno di San Martino divenne il giorno delle frittelle per i molfettesi. La tradizione si è quindi tramandata di generazione in generazione. Storia vera o leggenda, fa lo stesso. Sono bei racconti che è giusto non dimenticare.

Tempo fa la tradizione delle frittelle era anche un momento di condivisione, famiglie intere si riunivano, e si cominciava tutti assieme la mattina presto, c’era chi chi preparava la “massa”, impastata “sàope o’ taveléir” (sopra il tavoliere), poi incisa con il segno della croce e messa a lievitare sotto la coperta, chi preparava le varie farciture (di mozzarella, ricotta uova e formaggio, cipolla sponsale, ricotta squanta,  tonno ecc. ), chi le riempiva stendendole “cù laghéner” e chi aveva l’arduo compito di friggerle. Poi a tavola alle frittelle si accompagnavano piatti di cime di rapa, vino novello e castagne. Naturalmente non potevano mancare i rimproveri a noi ragazzi che bucavamo le frittella per scoprire il ripieno desiderato. Acquolina in bocca allo stato puro.

Buon San Martino a tutti e buon appetito con la nostra sana e genuina tradizione.

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