Molfetta, visitando la Cattedrale: la cappella di Sant’Anna

E’ uno dei tesori di Molfetta con l’altare seicentesco e numerose opere d’arte. Fu patronata dalla Famiglia De Luca

Molfetta, Cattedrale di Santa Maria Assunta: Cappella di Sant’Anna. Tela raffigurante la Sacra Famiglia e Cenotafio di Francesco Antonio de Luca, vescovo di Tursi ed Anglona.

L’interno della Cattedrale di Santa Maria Assunta, il principale luogo di culto cattolico di Molfetta, è a una navata centrale, ai due lati della quale si aprono due ordini di cappelle, che soltanto a sinistra sono comunicanti, secondo l’originaria impostazione gesuitica.

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Secondo l’uso del tempo i cadaveri venivano inumati nei sotterranei delle chiese, senza nome o altro dato di riconoscimento che ne consentisse a distanza l’identificazione; solo pochi privilegiati — esponenti dell’alto clero o membri di famiglie patrizie che possedevano cappelle private — sfuggivano all’anonimato.

Quasi tutte le cappelle della Cattedrale si configurano quali cellule staccate l’una dall’altra, intrinsecamente omogenee, anche se discordanti tra loro. Ognuna di loro, infatti, vive come un organismo autonomo, cosa del tutto normale nelle chiese gesuitiche, dove per consuetudine la Compagnia concedeva alle ricche famiglie la responsabilità della decorazione tanto che molto spesso, alcune famiglie davano incarico, all’ordine gesuitico, di allestire la cappella, pagandone naturalmente le spese.

Questa cappella fu patronata dalla Famiglia De Luca. Sulla parete destra, il feretro di Francesco Antonio de Luca, vescovo di Tursi ed Anglona, alla cui virtù il fratello Didaco ed il nipote Marcello dedicarono l’altare e il tumulo. L’altare seicentesco, più volte rifatto, mostra ai due lati, in basso, gli stemmi della famiglia de Luca. Più in alto, due nicchie vuote sormontate da piccoli timpani.

Al centro tra le due nicchie, la tela raffigurante la Sacra Famiglia con S. Anna e S. Gioacchino tra un nugolo volante di angeli che lasciano cadere una pioggia di petali di rose. L’opera è presumibilmente attribuibile al bitontino Nicola Gliri, ispirato ad analoghi dipinti di Carlo Rosa, cui la tela in questione fu in un primo tempo assegnata.

Come sovra porta della parete sinistra, da circa trenta’anni, la cappella conserva la cinquecentesca tavola Dormitio Virginis, attribuibile molto probabilmente a Marco Cardisco intorno al 1530.

La narrazione del mistero raffigurato orbita intorno alla morte e all’assunzione in cielo della Vergine Maria. In basso, le figure degli apostoli, assistono sgomente al trapasso della Madre di Cristo, mentre l’imberbe S. Giovanni incrocia le mani delle defunta e S. Pietro recita il rituale funebre ai piedi del letto di morte. In alto, il Cristo circondato da due putti reggi-candele e da una chiostra di serafini raccoglie l’anima della genitrice nel suo grembo.

Ancora ai lati di questa immagine, sempre in alto, le figure di S. Giovanni Battista col vessillo pasquale e quella di S. Michele Arcangelo, fornito di bilancia e di spada, che nella tradizione iconografica sta a rappresentare la pesatura delle anime che rimanda al Giudizio Universale.

A destra, il mezzo busto del prelato è racchiuso, in una nicchia ovata, tra due putti che reggono uno la mitra, l’altro il pastorale. Questo monumento funebre indirizza lo sguardo dell’osservatore verso il centro, dove, ai lati dello stemma archiepiscopale di Mons. F.A. de Luca, sormontato da un teschio, due mezzi scheletri seduti, assieme a due putti che reggono ciascuno un teschio, spingono alla riflessione sul memento mori, o sulle vanità della vita.

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