Molfetta racconta: “la Medonne de le perudde” e “la Nghènelòre”

Il 2 febbraio si celebra la “Candelora” per ricordare la presentazione del Signore al Tempio e il rito della Purificazione della Vergine Maria. Questa giornata però non è legata solo alla tradizione cattolica

Duomo di Molfetta, Maria SS. della Purificazione, 2 febbraio 2021. Ph. Felice Tridente

“Alla Nghènelòre o chiòve o nèveche cì re vù chendà, nèlt’è quarènd’a dì de vìerne ha da passà”. Era questo un detto popolare molfettese declamato il 2 febbraio, giorno della Candelora. In pratica, secondo i nostri avi, “Alla Candelora, o piove o nevica, se vuoi contarli, altri quaranta giorni d’inverno devi passare”. Questa giornata non è quindi legata solo alla tradizione cristiana. La Candelora è anche collegata a vari proverbi in ambito meteorologico visto che è ritenuta una sorta di porta tra l’inverno, oramai al suo declino, e l’imminente primavera. Con la Candelora quindi secondo un’antica tradizione, l’inverno finirebbe, ma se il tempo è brutto (se piove o nevica) allora l’inverno durerà altri 40 giorni almeno.

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Ma cosa significa Candelora? La parola deriva dal latino “festum candelarum”, letteralmente: festa della candela. Nelle chiese molfettesi, in questa giornata, si distribuiscono ai fedeli candele benedette con l’immaginetta della Vergine, che i fedeli conservano per allontanare le intemperie, le calamità e malattie.

La Candelora è una festa divenuta quasi intima e rimasta antica, solennizzata da un particolare genere di persone attaccate alla ritualità, alla tradizione, alla terra. Per di più festa misteriosa, con ascendenze arcaiche e collegamenti a sfuggenti realtà naturali.

La Chiesa cattolica celebra il 2 febbraio la presentazione al Tempio di Gesù. La festa è popolarmente chiamata “la Candelora”, in vernacolo molfettese “la Nghènelòre“, perché in questo giorno si benedicono le candele, simbolo di Cristo “luce per illuminare le genti”, come il bambino Gesù venne chiamato dal vecchio Simeone al momento della presentazione al Tempio di Gerusalemme, che era prescritta dalla Legge giudaica per i primogeniti maschi.

La festa è anche detta della Purificazione di Maria, perché, secondo l’usanza ebraica, una donna era considerata impura per un periodo di 40 giorni dopo il parto di un maschio e doveva andare al Tempio per purificarsi: il 2 febbraio cade appunto 40 giorni dopo il 25 dicembre, giorno della nascita di Gesù.

A Trieste si era soliti ripetere in questo giorno: “Candelora piova e Bora, del’inverno semo fora; Candelora sol e vento del’inverno semo dentro!“. A Molfetta, invece, si diceva: “Alla Nghènelòre o chiòve o nèveche cì re vù chendà, nèlt’è quarènd’a daì de vìerne ha dà passà”. Non è una casualità. Nei secoli passati c’era un interscambio non solo commerciale tra le due città adriatiche. La tradizione di San Nicola che porta doni ai bambini, infatti, venne importata a Molfetta proprio da Trieste nei primi anni del 1800 dal commerciante Michele Panunzio che faceva viaggi commerciali tra Molfetta e Trieste con il suo veliero “La bella Aurora”. Il proverbio fu fatto proprio da tantissimi contadini molfettesi dell’antichità, che speravano di essere fuori dall’inverno, subito dopo il 2 febbraio, per proteggere i propri raccolti.

Duomo di Molfetta, Festa della Candelora. 2 febbraio 2021. Ph. Felice Tridente

A Molfetta, la Madonna della Presentazione o Purificazione, si venera nella Chiesa di S. Corrado. La statua lignea, del secolo XX, opera dello scultore barese Carella, raffigura la Madonna con nelle braccia il Bambino e ai piedi due Angeli che reggono rispettivamente un paniere con due tortorelle e una candelina. Per questo motivo era anche chiamata dai molfettesi di una volta, “la Medonne de le perudde”, letteralmente la “Madonna dei pulcini”. La statua lignea è del secolo XX, opera dello scultore barese Carella. La processione, che si snoda nel centro cittadino, è organizzata dalla confraternita di Maria SS. della Purificazione che deve il suo nome a questa particolare ricorrenza. Qual è significato di quella candela e, sopratutto, delle tortorelle che lo scultore ha voluto rappresentare alla base della statua della Madonna della Purificazione?

Molfetta, Maria SS. della Purificazione. Particolare dei due Angeli che reggono rispettivamente un paniere con due Tortorelle e una candelina. Ph. Nicolò Azzollini

La Candelora, Festa delle Candele o della Luce, rievoca la presentazione del piccolo Gesù al Tempio dove il pio Simeone, prendendolo tra le braccia, ringrazia Dio per avergli fatto conoscere la salvezza di Israele, la luce che illumina le genti. Il Vangelo di Luca narra che i genitori di Gesù, quando compì 40 giorni, lo portarono al Tempio per offrire in sacrificio una coppia tortore o di giovani colombi, come prevedeva la legge mosaica per la «purificazione» della madre di un maschio primogenito, nel caso di una famiglia povera, qual era quella del falegname di Nazaret: «Se non ha mezzi da offrire un agnello, prenderà due tortore o due colombi: uno per l’olocausto e l’altro per il sacrificio espiatorio» (Lv 12, 8). Ecco spiegata la presenza delle tortorelle, alla base della statua di Maria SS. della Purificazione che si venera nel Duomo di Molfetta.

Nel Tempio di Gerusalemme Maria e Giuseppe, sempre secondo il racconto di Luca, incontrarono Simeone: «un uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d’Israele». E dalle parole di Simeone, che benedice Dio alzando il bambino tra le braccia, si ricava la spiegazione dell’uso delle candele: «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola, perché i miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele». Le candele sono dunque simbolo di Cristo, «luce per illuminare le genti».

Molte festività cristiane, lo sappiamo, hanno radici pagane. Questa festa non fa eccezione. Alcuni studiosi rilevano come si tratti di una festività introdotta appunto in sostituzione di una preesistente. Anticamente veniva celebrata il 14 febbraio (40 giorni dopo l’Epifania), e la prima testimonianza al riguardo ci è data da Egeria nel suo Itinerarium Egeriae. La denominazione di “Candelora” deriva dalla somiglianza del rito del Lucernare, di cui parla Egeria: “Si accendono tutte le lampade e i ceri, facendo così una luce grandissima” (Itinerarium 24, 4). Questa festa fa pensare alle antiche fiaccolate rituali che si facevano nei Lupercali, antichissima festività romana che si celebrava proprio a metà febbraio. Ma la somiglianza più significativa tra le due festività si ha nell’idea della purificazione: nell’una relativa all’usanza ebraica e nell’altra riguardo alla februatio. Febbraio era il “mensis februarius” (da “februo”, purificare), consacrato alla Dea Iunio Februata (Giunone Purificatrice), considerato allora l’ultimo mese dell’anno e dedicato appunto alla Purificazione delle cose e degli uomini. I riti iniziavano alle calende del mese col rito della Februatio, processioni di fanciulle che giravano per Roma tenendo in mano purificanti candele accese (la futura Candelora).

Durante il suo episcopato, Papa Gelasio I ottenne dal Senato l’abolizione dei Lupercali ai quali fu sostituita nella devozione popolare la festa appunto della Candelora. Nel VI secolo la ricorrenza fu anticipata da Giustiniano al 2 febbraio, data in cui si festeggia ancora oggi.

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