Il segreto della Basilica di San Nicola, un mistero irrisolto da secoli

Da oltre tre secoli la Basilica del santo custodisce un singolare enigma. Rappresenta uno dei misteri nella Cittadella Nicolaiana di Bari. Non è l’unico…

La basilica di San Nicola nel cuore della città vecchia di Bari, è uno dei più fulgidi esempi di architettura del romanico pugliese. Fu costruita tra il 1087 e il 1100, durante la dominazione normanna. L’edificazione della basilica è legata alle reliquie di san Nicola, traslate, per la parte più consistente, da sessantadue marinai baresi dalla città di Myra, in Licia, e giunte a Bari il 9 maggio 1087. In quyesta suggestiva cartolina d’epoca, vediamo la Basilica prima degli abbattimenti degli anni ’30 del secolo scorso delle torri barocche che si sovrapponevano a quelle medievali.

Sull’altare in argento di Domenico Marinelli, all’interno della Basilica di San Nicola, campeggia una lastra, datata 1684, con 650 caratteri in ordine sparso il cui senso è incomprensibile. Un crittogramma che in molti hanno cercato di rivelare, senza riuscirci. Alcune lettere sono scritte al contrario e tra miliardi di combinazioni possibili, nessuno è mai riuscito a trovare quella giusta. Un mistero che attira e coinvolge, anche perché il crittogramma non è visibile al pubblico, situato sull’ala destra della Basilica, in un’area accessibile soltanto ai preti. In realtà sul crittogramma, che è solo uno dei segreti custoditi nella Basilica di San Nicola, nulla può essere detto con certezza.

Thank you for reading this post, don't forget to subscribe!
L’opera venne commissionata dal priore Alessandro Pallavicino agli orafi napoletani Ennio Avitabile e Domenico Marinelli, per la sostituzione di un altare più antico ormai rovinato.
In origine l’altare che custodiva le preziose spoglie del Santo fu donato alla Basilica nel 1319 dallo zar di Serbia Uroš II Milutin, e confezionato dagli orafi baresi Rogerio de Invidia e Roberto di Barletta.
Nel 1682, secondo quanto registrato nei documenti originali, l’altare era talmente “vecchio e all’antica” che il capitolo nicolaiano, retto dall’allora priore Pallavicino, decise di restaurarlo, affidandone l’incarico ai due orafi citati.
Dedicato a San Nicola di Myra, presenta in otto pannelli laterali alcune scene della vita del Santo: la nascita, l’esaltazione della Manna, la morte, l’arrivo a Bari delle reliquie, S. Nicola e Adeodato, la sosta e la profezia a Bari, la consacrazione della cripta e la resurrezione dei tre fanciulli squartati. La mensa d’altare è costituita da una lamina centrale argentea ornata al centro di motivi floreali e foglie. Tutto attorno, una cornice riporta un’iscrizione incomprensibile, fatta di caratteri disposti su tre file nella parte superiore (per un totale di 624 lettere), e tre file in quella inferiore, più 18 righe in ciascuna colonna laterale, ognuna costituita da un gruppo di quattro lettere. L’alfabeto è latino, mancano del tutto le lettere Z e U (quest’ultima probabilmente assimilata con la V) e tutte le N si presentano rovesciate.
L’altare d’argento che si trova nel transetto di destra della Basilica ha una preistoria che risale al 1319. In quell’anno infatti fu donato, con tutte le decorazioni argentee, dallo zar di Serbia Uroš II Milutin, andando a coprire la tomba del Santo nella cripta. Per i mutati gusti artistici, nel 1684 la Basilica commissionò a due artisti napoletani (Domenico Marinelli ed Ennio Avitabile) il rifacimento dell’altare. Fu così completamente fuso con altra suppellettile sacra e rifatto in stile barocco. Si è così perduto un capolavoro slavo-bizantino e se ne è creato uno barocco. Tutt’intorno vi sono scene della vita del Santo. Dopo i restauri del 1957 l’’ltare non fu ricollocato sulla tomba di S. Nicola, ma trasferito nell’abside di destra della Basilica superiore.

L’ultima riga riporta solo 22 caratteri, ma nello spazio restante che inizialmente doveva essere stato vuoto è presente un’iscrizione in chiaro, che riporta il nome dell’incisore, del committente e la data: “Magnificus Dominici Marinelli preditti altari FF.MDCLXXXIV” (“Il Magnifico fece fare l’altare del predetto Domenico Marinelli 1684”).

Si capisce che l’iscrizione è stata apposta in seguito, perché la grafia è diversa e nella fattispecie più grossolana, ed inoltre le N sono dritte.

Una caratteristica peculiare è che, soprattutto nella parte inferiore, molte delle lettere sono intervallate da piccoli punti, o serie di punti, tracciati quasi impercettibilmente alla base delle lettere. È stato ipotizzato che il vero crittogramma è quello presente nella fascia inferiore, con alcune delle parole in codice messe in evidenza dai puntini, e che il resto sia in realtà un testo casuale messo per sviare l’attenzione.

Nel 1987, in occasione del IX Centenario della traslazione del corpo di San Nicola (1087-1987), venne istituito un concorso nazionale, con il patrocinio della Banca Nazionale del Lavoro, rivolto agli studenti delle scuole superiori e delle università, per la soluzione del crittogramma di San Nicola. La posta in palio era un premio da cinque milioni delle vecchie lire (corrispondenti a circa 2.580 euro).

Alla data di scadenza del concorso, nel giugno del 1988, il bando fu prorogato di altri sei mesi. Alla fine di Novembre del 1988, poiché nessun lavoro era stato presentato, il bando venne sciolto ed il premio in denaro non venne assegnato.

Ciò non ha scoraggiato gli appassionati del mistero dal continuare a cimentarsi nella decifrazione del secolare rebus, nella convinzione che un preciso significato vi sia celato. E negli anni successivi, un paio di soluzioni furono pure avanzate, nessuna però suffragata da una spiegazione attendibile che potesse convincere gli storici.

Il crittogramma di San Nicola, da sempre indecifrato, rappresenta uno dei misteri presenti nella Cittadella Nicolaiana. Nel transetto di destra della Basilica di San Nicola c’è un altare in argento che in origine ricopriva la tomba del Santo. L’altare risale al 1319, dono dello zar di Serbia Uroš II Milutin, e da circa trecento anni custodisce un singolare enigma. Su uno dei diversi piani dell’altare c’è una lamina con un motivo floreale, incorniciata da 642 caratteri continui il cui significato è ad oggi sconosciuto.

Nel mese di Settembre del 2003, un articolo a firma dello storico e studioso Vincenzo dell’Aere venne pubblicato sul numero 45 della rivista “Hera Magazine”.

Nell’articolo, intitolato “Il segreto dell’altare d’argento”, l’autore rivelava di aver decifrato, insieme ad un altro ricercatore, Pierfrancesco Rescio, il crittogramma, fornendo la seguente soluzione: “La cassa e il vaso nascosti nella cripta di Myra, e il calice (proveniente) dal sacello di Galvano (Galgano) sono qui sepolti”.

Dunque, nell’interpretazione degli autori, la Basilica di San Nicola sarebbe strettamente connessa con il Santo Graal, cosa di cui, tra l’altro, si è sempre vociferato.

Peccato, però, che l’autore non fornisca più che vaghe indicazioni sul metodo di decodifica, che chiamano in causa la suddivisione del testo in “ottali” (stringhe di otto caratteri) e l’uso della Ghematria (quella branca della Cabala ebraica che fa uso di valori numerici assegnati alle lettere dell’alfabeto).

Poiché, a nostro avviso, non ha alcun senso logico fornire la soluzione di un crittogramma senza menzionare il metodo a cui vi si è giunti, questa interpretazione va considerata inattendibile.

Il celebre crittogramma di San Nicola resta ancora indecifrabile a distanza di secoli, un mistero irrisolto della Basilica di San Nicola, non l’unico.
/ 5
Grazie per aver votato!

Sharing is caring!