Fra sacro e profano l’ancestrale rito dei “Fuochi di San Corrado”

Qualcosa di più di una semplice tradizione, di una rituale rievocazione dell’arrivo a Molfetta, il 9 febbraio di un anno imprecisato del XIV secolo, delle ossa di Corrado di Baviera. Quest’anno per le restrizioni anti-covid non lo vedremo ma ci auguriamo che presto torni ad ardere

“Fuoco di San Corrado”. Molfetta, 9 febbraio 2017. Ph. Paola Copertino

Sacro e profano, in un intreccio indissolubile e secolare. Al centro della scena il fuoco, la luce come simbolo per esorcizzare il male, le tenebre, ma anche come elemento primario intorno al quale l’intera comunità ritrova la sua unità e invoca il soprannaturale auspicando benefici per il futuro.

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Il fuoco, che muta forme e suggestioni di anno in anno, pur ardendo per volontà degli uomini, riecheggia il fuoco perenne che per gli antichi da’ vita all’universo intero.

I “Fuochi di San Corrado” sono anche questo, da secoli, qualcosa di più di una semplice tradizione, di una rituale rievocazione dell’arrivo a Molfetta, il 9 febbraio di un anno imprecisato del XIV secolo, delle ossa di Corrado di Baviera. Se il volto attuale della tradizione è quello cristiano del culto di Corrado di Baviera, ce n’è un altro più remoto che affonda le radici nel connubio tra il fuoco e la sua capacità di produrre luce e calore, principi vitali senza i quali non esisteremmo; una legge di natura che già le antiche religioni conoscevano e che ha posto il fuoco in relazione con i riti volti a celebrare in diversi momenti dell’anno il ciclo di vita-morte-rinascita a cui la Natura e l’uomo soggiacciono sul piano della materia e dello spirito. E’ così che a livello popolare, già nelle espressioni più arcaiche della cultura contadina, comparve l’uso dei falò con i quali si tendeva a propiziare la crescita dei raccolti (proprio a tal fine, a volte la cenere di quei fuochi veniva sparsa nei campi) ed il benessere di uomini ed animali. Una pratica che ancor oggi si segue in tutta Italia nelle diverse stagioni dell’anno e in occasione di festività religiose come quelle dedicate a S. Antonio, S. Giuseppe, San Vincenzo, alla Vergine Maria ecc.

Un tempo, per le strade della città, erano tanti i cittadini che accendevano spontaneamente fuochi in onore del Santo eremita, morto giovanissimo, poco più che ventenne, ma rappresentato da sempre (erroneamente) come un vecchio.

Cattedrale di Molfetta, Cappella dei SS. Pietro e Paolo. Al centro dell’altare la teca con l’urna contenente le reliquie di San Corrado

Perché le spoglie del Santo furono portate proprio a Molfetta? La leggenda vuole che Corrado il Guelfo, in lingua tedesca Konrad von Bayern, nato a Ravensburg  in Svevia, attorno al 1105, terzogenito di Enrico IX detto il Nero e di Wulfilde di Sassonia, frate cistercense, nel corso del suo pellegrinaggio verso la Terra Santa, si sia fermato per qualche tempo nella nostra città, prima di ritirarsi nella Badia di Santa Maria delle Grazie di Modugno, dove avrebbe ricevuto periodiche visite da parte di nostri concittadini.

Corrado in realtà non vedrà mai la Terra Santa. Dopo aver visitato i Santuari di S. Michele sul Gargano e di S. Nicola a Bari, tappe obbligate per i pellegrini diretti in Palestina, sfinito dal viaggio intrapreso con mezzi di fortuna, si ammalò prima di imbarcarsi, e trovò rifugio presso la comunità benedettina di S. Maria ad Cryptam nell’agro di Modugno, nella diocesi di Bari. Corrado visse gli ultimi mesi della sua breve vita in una grotta adiacente alla cappella, facendo esperienza di monachesimo eremitico, pregando, digiunando e dormendo sulla roccia nuda. Egli suscitò grande ammirazione nella gente del posto, che cominciò subito a ricorrere alla sua intercessione. Morì probabilmente nell’inverno tra il 1125 ed il 1126, poco più che ventenne. La tradizione fissa il giorno della morte al 17 marzo. Il suo corpo venne inumato nella cappella di S. Maria ad Cryptam, e la tomba divenne meta di pellegrinaggi.

Sempre secondo la leggenda, il legame tra San Corrado e i molfettesi non fu interrotto dalla sua morte anzi, si andò intensificando. E questo spiegherebbe perché le spoglie del santo, qualche secolo dopo la sua morte, siano state portate a Molfetta. Nel 1309 la comunità benedettina di Modugno venne soppressa, ed i molfettesi, il 9 febbraio di un anno imprecisato, si impossessarono del corpo santo per custodirlo nel Duomo.

La leggenda narra che questo gruppo imprecisato di Molfettesi, giunti nottetempo con il loro prezioso carico dinanzi alle mura della città, trovando ormai chiuse le porte, costretti a rimanere all’aperto, si riscaldarono nella notte con un grande falò sul quale, per sfamarsi, arrostirono dei legumi. I fuochi del 9 febbraio, quindi, nei secoli successivi, non sarebbero altro che la popolare rievocazione di quel primo falò notturno, acceso fuori dalle mura della città dai molfettesi portatori dei sacri resti del santo.

Leggenda e tradizione convergono, certo, ma come detto, l’accensione rituale dei fuochi ha da secoli una valenza ben più ampia. Con l’inumazione dei resti nel Duomo, Corrado di Chiaravalle, monaco dell’Ordine Cistercense di Morimond, veniva riconosciuto Santo Patrono di Molfetta, ed un messale del XIV secolo testimonia che già in quel periodo, al 9 febbraio, era fissata la festa della “Traslatio Sancti Corradi Confessoris”, celebrata con una messa propria.

Dal 31 gennaio al 9 febbraio Solenni Festeggiamenti in onore di San Corrado Patrono della Città di Molfetta e della Diocesi.

Programma dei solenni festeggiamenti in onore di San Corrado, Patrono della città di Molfetta e della Diocesi. 

Quest’anno, inevitabilmente condizionato dalle restrizioni anti Covid-19, sono stati annullati sia i fuochi dell’allegrezza organizzati con la collaborazione delle parrocchie e confraternite alla vigilia della Festività, sia il gran falò che tradizionalmente viene acceso in corso Dante.

Come ogni anno le spoglie del Santo eremita sono state intronizzate nel cappellone dedicato ai Santi Pietro e Paolo in Cattedrale alla presenza del Presidente e dei componenti del Comitato Feste Patronali e del delegato vescovile don Vito Bufi. Ci saranno luminarie che impreziosiranno la facciata barocca della Cattedrale, la consueta diana mattutina prevista il giorno 9 febbraio e la Bassa Musica che allieterà le vie cittadine nella giornata dedicata alla ricorrenza. Dal 31 gennaio all’8 febbraio nella Chiesa Cattedrale di Molfetta, alle ore 17:30 è prevista la recita del Santo Rosario, la Santa Messa e la Novena in onore di San Corrado.

Il 9 febbraio alle 19, presso la Cattedrale, sarà celebrata la SS. Messa Pontificale presieduta dal Vescovo Mons. Domenico Cornacchia con la partecipazione di autorità civili e militari, dei priori delle Confraternite e dei cittadini. I fedeli potranno accedere in cattedrale fino all’esaurimento dei posti a sedere predisposti. Coloro che parteciperanno alle varie celebrazioni liturgiche dovranno osservare le norme anti Covid (mascherina, igienizzazione  delle mani, distanziamento). Proprio per consentire a tutti i fedeli di assistere alla celebrazione, il Comitato ha organizzato una diretta televisiva del Pontificale che sarà trasmessa su Teledehon (canale 18) e sui canali social.

Il Comitato Feste Patronali, inoltre, per preservare un altro degli elementi tipici della tradizione, ha pensato di distribuire dei sacchetti contenenti semi, fave e ceci fritti in tutte le Parrocchie molfettesi al termine dell’ultima messa mattutina in programma domenica 7 febbraio. La distribuzione sarà affidata all’encomiabile organizzazione dei volontari del Ser Molfetta.

Messale manoscritto, noto come “Messale di S. Corrado”. Il codice pergamenaceo miniato è un messale romano custodito nell’Archivio Diocesano di Molfetta e appartenente al fondo del Capitolo Cattedrale. Il codice risulta particolarmente importante, poiché fornisce notizia di un culto riservato a San Corrado, venerato con il titolo di confessore, del quale si celebra la memoria il 9 di febbraio, giorno della traslatio, giorno in cui (probabilmente nei primi decenni del XIV secolo) le sue spoglie furono trasportate a Molfetta dal luogo della originaria sepoltura in Modugno. Di grande bellezza e particolarmente ben conservate appaiono le miniature che decorano le pagine del codice. Esse sono attribuite al pittore veneziano di origine francese Giovanni Charlier, detto Zanino di Pietro, Giovanni Francese e Giovanni di Francia (ante 1380 – ante 1443). Tale datazione conferma, dunque, una decorazione successiva del manoscritto.
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