Tra sacro e profano: l’ancestrale rito dei “Fuochi di San Corrado”

Qualcosa di più di una semplice tradizione, di una rituale rievocazione dell’arrivo a Molfetta, il 9 febbraio di un anno imprecisato del XIV secolo, delle ossa di Corrado di Baviera

Molfetta, Corso Dante, 9 febbraio 2018: “Fuoco di San Corrado”. Ph. Giuseppe Bellifemine
Il grande falò di San Corrado che tradizionalmente viene acceso ogni anno a Molfetta, in Corso Dante, il 9 febbraio, giorno della solennità del Santo.

Sacro e profano, in un intreccio indissolubile e secolare. Al centro della scena: il fuoco! La luce come simbolo per esorcizzare il male, le tenebre, ma anche come elemento primario intorno al quale l’intera comunità ritrova la sua unità e invoca il soprannaturale auspicando benefici per il futuro.

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Il fuoco che muta forme e genera suggestioni di anno in anno, pur ardendo per volontà degli uomini, riecheggia il fuoco perenne che per gli antichi da’ vita all’universo intero.

I Fuochi di San Corrado” sono anche questo, da secoli, qualcosa di più di una semplice tradizione, di una rituale rievocazione dell’arrivo a Molfetta, il 9 febbraio di un anno imprecisato del XIV secolo, delle ossa di Corrado di Baviera. Se il volto attuale della tradizione è quello cristiano del culto di Corrado di Baviera, ce n’è un altro più remoto che affonda le radici nel connubio tra il fuoco e la sua capacità di produrre luce e calore, principi vitali senza i quali non esisteremmo. Una legge di natura che già le antiche religioni conoscevano e che ha posto il fuoco in relazione con i riti volti a celebrare, in diversi momenti dell’anno, il ciclo di vita-morte-rinascita a cui la Natura e l’uomo soggiacciono sul piano della materia e dello spirito. E’ così che a livello popolare, già nelle espressioni più arcaiche della cultura contadina, comparve l’uso dei falò con i quali si tendeva a propiziare la crescita dei raccolti (proprio a tal fine, a volte la cenere di quei fuochi veniva sparsa nei campi) ed il benessere di uomini ed animali. Una pratica che ancor oggi si segue in tutta Italia nelle diverse stagioni dell’anno e in occasione di festività religiose come quelle dedicate a S. Antonio, S. Giuseppe, San Vincenzo, alla Vergine Maria ecc.

Un tempo, per le strade della città, erano tanti i cittadini che accendevano spontaneamente fuochi in onore del Santo eremita, morto giovanissimo, poco più che ventenne, ma rappresentato da sempre (erroneamente) come un vecchio.

Perché le spoglie del Santo furono portate proprio a Molfetta? La leggenda vuole che Corrado il Guelfo, in lingua tedesca Konrad von Bayern, nato a Ravensburg  in Svevia, attorno al 1105, terzogenito di Enrico IX detto il Nero e di Wulfilde di Sassonia, frate cistercense, nel corso del suo pellegrinaggio verso la Terra Santa, si sia fermato per qualche tempo nella nostra città, prima di ritirarsi nella Badia di Santa Maria delle Grazie di Modugno, dove avrebbe ricevuto periodiche visite da parte di nostri concittadini.

Dipinto di San Corrado, di ignoto pittore pugliese della fine del XIX secolo. La preziosa raffigurazione del santo eremita, custodita presso il Museo Diocesano Molfetta, era di proprietà di don Cosmo Azzollini e proviene dalla chiesa Cuore Immacolato di Maria in Molfetta.

Corrado in realtà non vedrà mai la Terra Santa. Dopo aver visitato i Santuari di S. Michele sul Gargano e di S. Nicola a Bari, tappe obbligate per i pellegrini diretti in Palestina, sfinito dal viaggio intrapreso con mezzi di fortuna, si ammalò prima di imbarcarsi e trovò rifugio presso la comunità benedettina di S. Maria ad Cryptam nell’agro di Modugno, nella diocesi di Bari. Corrado visse gli ultimi mesi della sua breve vita in una grotta adiacente alla cappella, facendo esperienza di monachesimo eremitico, pregando, digiunando e dormendo sulla roccia nuda. Egli suscitò grande ammirazione nella gente del posto, che cominciò subito a ricorrere alla sua intercessione. Morì probabilmente nell’inverno tra il 1125 ed il 1126, poco più che ventenne. La tradizione fissa il giorno della morte al 17 marzo. Il suo corpo venne inumato nella cappella di S. Maria ad Cryptam e la tomba divenne meta di pellegrinaggi.

Sempre secondo la leggenda, il legame tra San Corrado e i molfettesi non fu interrotto dalla sua morte anzi, si andò intensificando. E questo spiegherebbe perché le spoglie del santo, qualche secolo dopo la sua morte, siano state portate a Molfetta. Nel 1309 la comunità benedettina di Modugno venne soppressa ed i molfettesi, il 9 febbraio di un anno imprecisato, si impossessarono del corpo santo per custodirlo nel Duomo.

La leggenda narra che questo gruppo imprecisato di Molfettesi, giunti nottetempo con il loro prezioso carico dinanzi alle mura della città, trovando ormai chiuse le porte, costretti a rimanere all’aperto, si riscaldarono nella notte con un grande falò sul quale, per sfamarsi, arrostirono dei legumi. I fuochi del 9 febbraio, quindi, nei secoli successivi, non sarebbero altro che la popolare rievocazione di quel primo falò notturno, acceso fuori dalle mura della città dai molfettesi portatori dei sacri resti del santo.

Leggenda e tradizione convergono, certo, ma come detto, l’accensione rituale dei fuochi ha da secoli una valenza ben più ampia. Con l’inumazione dei resti nel Duomo, Corrado di Chiaravalle, monaco dell’Ordine Cistercense di Morimond, veniva riconosciuto Santo Patrono di Molfetta, ed un messale del XIV secolo testimonia che già in quel periodo, al 9 febbraio, era fissata la festa della “Traslatio Sancti Corradi Confessoris”, celebrata con una messa propria.

Il Comitato Feste Patronali anche quest’anno organizzerà i festeggiamenti in onore di San Corrado Patrono della città di Molfetta e della Diocesi con il grande falò, come da tradizione, che verrà acceso in corso Dante dopo la Santa Messa Pontificale presieduta dal Vescovo in Cattedrale. All’interno del programma, a ricordo della vigilia dell’arrivo delle spoglie mortali del Santo Eremita Corrado di Baviera, Patrono della città di Molfetta e della Diocesi, saranno inseriti “I fuochi di San Corrado” dell’8 febbraio organizzati da parrocchie, confraternite e associazioni locali.

Messale manoscritto, noto come “Messale di S. Corrado”. Il codice pergamenaceo miniato è un messale romano custodito nell’Archivio Diocesano di Molfetta e appartenente al fondo del Capitolo Cattedrale. Il codice risulta particolarmente importante, poiché fornisce notizia di un culto riservato a San Corrado, venerato con il titolo di confessore, del quale si celebra la memoria il 9 di febbraio, giorno della traslatio, giorno in cui (probabilmente nei primi decenni del XIV secolo) le sue spoglie furono trasportate a Molfetta dal luogo della originaria sepoltura in Modugno. Di grande bellezza e particolarmente ben conservate appaiono le miniature che decorano le pagine del codice. Esse sono attribuite al pittore veneziano di origine francese Giovanni Charlier, detto Zanino di Pietro, Giovanni Francese e Giovanni di Francia (ante 1380 – ante 1443). Tale datazione conferma, dunque, una decorazione successiva del manoscritto.
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