Alla riscoperta del Pulo di Molfetta: reportage di Maria Cappelluti

Tra i più importanti monumenti naturali visibili lungo il tratto di fascia costiera del Nord Barese, la dolina carsica è un unicum di archeologia, storia e natura nel territorio pugliese

Pulo di Molfetta, Reportage di Maria Cappelluti. Panoramica
Pulo di Molfetta, Reportage di Maria Cappelluti.

Straordinario habitat rupestre, la dolina del Pulo si apre a circa 2 chilometri da Molfetta, dando vita a un’ampia voragine carsica scavata nella roccia calcarea, in seguito al crollo della volta di numerose cavità sotterranee.

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Il sito è frequentato fin dal Neolitico, come testimoniano gli abbondanti reperti archeologici e le grotte preistoriche a sviluppo orizzontale, i cui ingressi si aprono lungo le pareti della dolina, come la grotta 1, l’unica visitabile, le grotte Ferdinando e Carolina e la Grotta del Pilastro.

Il Pulo di Molfetta non è interessante solo dal punto di vista storico-archeologico e della sua natura geologica, ma anche, e non di minore importanza, per le sue valenze naturalistiche che rendono questo sito, dimensionalmente non molto esteso, importantissimo dal punto di vista della biodiversità sia faunistica sia botanica.

La difformità geomorfologica della dolina, determina una pronunciata varietà microclimatica al suo interno. Una più alta concentrazione di umidità sui versanti più in ombra ha favorito lo sviluppo della macchia-foresta dominata dall’Alloro con larga presenza di specie della foresta mediterranea sempreverde. Sugli altri versanti invece, a seconda del grado di soleggiamento, si presentano formazioni vegetazionali che vanno da associazioni di specie di clima temperato a quelle di specie che prediligono un clima più caldo e secco.

Il risultato di questa varietà di ambienti si esprime in un’alta biodiversità: 210 specie di flora vascolare oggi rinvenute nel Pulo rappresentano circa un decimo delle specie presenti in tutta la Puglia, fra le quali un buon numero di specie rare o rarissime in Italia.

Nel Cinquecento, i Cappuccini hanno costruito sul ciglio occidentale un piccolo monastero che, dominando dall’alto il territorio, costituisce non solo luogo di meditazione, ma anche un osservatorio privilegiato dei singolari fenomeni naturalistici del Pulo.

Nel Pulo di Molfetta, nelle ultime settimane, dopo la riapertura, sono stati trovati dagli archeologi che curano gli scavi altri reperti: un frammento di vaso che riporta un’epigrafe in messapico (IV-III secolo a.C.), un peso da telaio greco di forma trapezoidale (III-I secolo a.C.) e un frammento di ceramica dauna (VI-V secolo a.C.). I reperti sono stati segnalati alla Soprintendenza per i Beni archeologici della Puglia. La presenza di oggetti appartenenti a diversi popoli e culture del tempo, come Peucezi, Messapi, Dauni, e Greci, testimonia i tanti scambi commerciali già in età pre-romana e la presenza di una comunità stabile nella dolina.

Pulo di Molfetta, Reportage di Maria Cappelluti.

Durante i lavori di rifunzionalizzazione dell’estate scorsa, gli archeologi molfettesi Alessia Amato e Nicola de Pinto, sotto la guida scientifica di Anna Maria Tunzi, funzionario archeologo, hanno rinvenuto un idoletto neolitico. La scultura, ottenuta dalla lavorazione di un ciottolo calcareo sul quale sono stati rappresentati tratti antropomorfi e incisioni, è un reperto votivo, proveniente, forse, da ambito funerario, attribuibile alla fase neolitica di occupazione del sito.

Nello specifico, la presenza sul retro di una incisione con un motivo a zig-zag permetterebbe di collocare l’oggetto tra la fase media e finale del neolitico (VI – V millennio a.C.). L’idoletto rappresenta un esemplare di grande rilievo archeologico. Rarissime sono, difatti, le sculture preistoriche che venivano realizzate, nella maggior parte dei casi, utilizzando materiali più facili da lavorare, come terracotta o ossi animali.

La dolina carsica ha continuato però a riservare sorprese. Dopo il ritrovamento dell’estate scorsa, il 18 gennaio di quest’anno, è stato rinvenuto da un team di archeologi, durante un sopralluogo, un secondo idoletto neolitico, una piccola scultura ottenuta dalla lavorazione di un ciottolo calcareo circolare sul quale sono stati riprodotti tratti antropomorfi che probabilmente rappresenta un soggetto femminile legato al culto della fecondità, tipico del periodo neolitico. La scoperta è stata fatta da . La datazione della piccola scultura, come quella del primo idoletto ritrovato, secondo Anna Maria Tunzi, responsabile per la tutela archeologica presso la Soprintendenza – è collocabile attorno al V millennio a.C.

Ne siamo certi, il Pulo di Molfetta, “la preistoria… della porta accanto”, continuerà ancora a riservarci negli anni a venire, tante incredibili sorprese. Questo bellissimo reportage fotografico di Maria Cappelluti è dedicato a chi non ha ancora la possibilità di visitarlo, di immergersi in quell’incredibile unicum di archeologia, storia e natura nel territorio pugliese.

Alla riscoperta del Pulo di Molfetta: reportage di Maria Cappelluti

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