Dolorose memorie: la “signora delle siringhe”

Ricordi di un’infanzia dolorosa, di quando veniva a casa la “signora delle siringhe”. Da un racconto di Angelo Boccanegra

Sterilizzatore delle siringhe di una volta

Inverno, periodo di influenza, oggi come ieri. Ricordi di un’infanzia dolorosa quando a casa veniva “la signora delle siringhe” per farmi “la puntura”. Quello però, in passato, non era un ago, ma un chiodo a tutti gli effetti! Quando entrava nel mio gluteo, che dolore! Solo a pensarci, oggi, mi fa ancora male.

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Quelle siringhe, che terrore per noi piccoli di una volta. Alzi la mano chi, da bambino, non ha avuto terrore delle iniezioni fatte con la siringa dall’enorme ago, fatta bollire prima dell’uso. Che incubo!

In passato non c’erano tutti gli antinfluenzali di oggi, appena si manifestavano i primi sintomi, si passava subito alle “maniere forti”: le iniezioni! Le nostre mamme, poi, erano fissate sul fatto che ad ogni cambio di stagione occorresse ad ogni figlio una cura ricostituente a base di qualche dozzina di punture. Che terrore quel rumore della siringa in vetro che, mentre bolliva, sbatteva all’interno del contenitore di metallo. Era quello, un rumore davvero sinistro, lo ricordo ancora come se fosse ieri. E poi, erano davvero attimi di panico quando “la signora delle siringhe”, prima della puntura, sollevava l’ago verso l’alto per far uscire l’aria e strofinava vigorosamente il punto del gluteo ritenuto più adatto all’iniezione con un batuffolo di cotone impregnato nell’alcol. Era quello il momento in cui o urlavi a squarciagola oppure ti mancava letteralmente il respiro. E infine arrivava l’attimo tanto temuto: quello della “perforazione” del gluteo con quell’enorme spillone, altro che ago!

Fino a qualche decennio fa, prima dell’avvento delle siringhe di plastica monouso, si utilizzavano molto, sui nostri bei culetti, delle siringhe fatte di vetro, con aghi smisuratamente grossi, che venivano sterilizzate smontate in pezzi all’interno di un contenitore metallico. In pratica, chi doveva eseguire la puntura, prendeva la siringa, la smontava, la metteva a bollire per una decina di minuti almeno, aspettava che si raffreddasse un po’, la rimontava, avvitava l’ago smisuratamente grosso, caricava il medicinale e iniettava la medicina nel gluteo con sommo nostro dolore. Tutta questa operazione durava all’incirca una mezz’oretta di lavoro.

Le “signore delle siringhe” erano donne abilitate a svolgere questa piccola ma importante attività per l’epoca. Potevano essere a volte parenti o conoscenti. Esercitavano “a chiamata”, non avendo nessun ambulatorio, e in inverno il loro ruolo diventava di primaria importanza. Bastava che qualcuno si recasse alla casa della “signora delle siringhe” perché la stessa prendesse il suo scatolino di alluminio con dentro l’occorrente e partisse per la sua “missione”, terrificante soprattutto per i più piccoli, ma forse non solo per loro.

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