Molfetta “Paese di Mare”: i cantieri navali e i “maestri d’ascia” nel 1955

Un documentario degli anni Cinquanta di eccezionale valore storico sugli artigiani delle barche di legno. Un bellissimo racconto sui cantieri, sui famosi “maestri d’ascia” e su una città dalle radici indissolubilmente legate al mare. Video e foto d’epoca. Da un racconto di Angelo Boccanegra​

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Molfetta, Cantieri navali e Scalo di Alaggio. Cartolina degli anni Cinquanta

Molfetta è famosa per il suo porto, per i pescherecci che illuminano il mare di notte, per il buon pesce che vi si trova; e sin dal medioevo era conosciuta per la comodità degli approdi al porto, per l’importanza dei suoi commerci marittimi e la bravura dei suoi costruttori di navi, i “maestri d’ascia” (“méste d’aschë” in vernacolo), che nei cantieri navali realizzavano imbarcazioni in legno di ogni forma e dimensione. Un mestiere antico, quello dei costruttori di imbarcazioni in legno, accanto a quello del contadino e del pescatore.

I cantieri navali sono un pezzo importante della città e della sua storia, si proiettano sullo specchio di mare antistante il porto e ne costituiscono da sempre il suo segno distintivo. Nella documentazione d’archivio si registra a Molfetta la presenza di “mastri lavoranti vascelli” già nel XIV secolo. L’attività cantieristica moderna, invece, iniziò nella città nel XVII secolo, più precisamente nel 1604, data del primo documento relativo a costruzioni navali. La cantieristica navale, poi, a fasi alterne di fortuna e ricchezze, si rafforza nei secoli successivi e dal Settecento acquista importanza nell’economia molfettese.

I maestri d’ascia o calafati diventano numerosi nella seconda metà dell’Ottocento, che è il secolo d’oro della cantieristica a Molfetta, configurandosi come una categoria di abili artigiani e intraprendenti imprenditori, riconosciuti nell’intera regione. I cantieri navali continuarono ad espandersi e i “maestri d’ascia” ad aumentare di numero, col passare degli anni, conservando sempre la vecchia maestria che aveva reso famosa la città. Nel 1834 risultavano costruiti a Molfetta ben 123 bastimenti.

Molfetta, panoramica sui cantieri navali. Cartolina d’epoca

Nel Novecento l’impresa cantieristica, adeguandosi alle trasformazioni indotte dall’introduzione della navigazione a motore, si consolida e si modernizza in base alle nuove committenze: scompaiono progressivamente i velieri e si affermano i motopesca. Le maestranze molfettesi si specializzano ancora di più nella costruzione di imbarcazioni in legno per la pesca fino al punto, sul finire degli anni Cinquanta, che viene realizzato un pregevole documentario su tutta l’attività cantieristica molfettese dal titolo inequivocabile “Paese di Barche”. Un documento di eccezionale valore storico che abbiamo voluto proporre ai nostri lettori.

La costruzione presso la Spiaggia della Maddalena dello scalo d’alaggio, progettato da Corrado de Judicibus nel 1880, diede un forte impulso all’attività dei cantieri, che contavano all’epoca circa 300 maestri d’ascia, carpentieri e addetti vari. Qui si trovano ancora oggi i cantieri navali. Superato il cancello, ci si immerge in un luogo che custodisce la storia della città ma, soprattutto, la memoria dell’arte antica di costruire barche dai tronchi d’albero; qui si respirava ancora, fino a non molti anni fa, l’aria pregna dell’odore del legno, della fatica dei tanti lavoratori del mare. Qui nei mesi estivi la calura e l’afa veniva pazientemente sopportata e alleggerita unicamente grazie alla brezza marina.

Molfetta, panoramica dei Cantieri Navali. Cartolina fine anni Cinquanta

Oggi, l’arte di riuscire a trasformare tronchi d’albero in un natante sta scomparendo. Questo mestiere però è ancora vivo nella memoria dei molfettesi. “U méste d’aschë” è un lavoro in via di estinzione, purtroppo. La bravura di questi artigiani non aveva eguali, abbinavano con esperienza e professionalità i vari tipi di legname e le loro diverse caratteristiche nella costruzione dell’imbarcazione con eccelsa maestria. La professione prendeva il nome da un attrezzo a manico lungo chiamato ascia adoperato nella costruzione delle navi. Il lavoro iniziava con una sagoma, poi pian piano si lavorava d’ascia con il legno sotto i piedi procedendo per gradi, smussando, adattando e riprovando fino a raggiungere la perfezione. E alla fine, a lavoro ultimato, arrivava il momento magico di vedere con tanta soddisfazione il varo della barca, di vedere entrare in acqua un bellissima barca di legno, un rito semplice ma di grande impatto emotivo: la bottiglia di vetro che colpisce la prua del natante, il suono della sirena e poi gli applausi. 

Molfetta, panoramica dei Cantieri Navali. Cartolina fine anni Cinquanta

Oggi i cantieri navali si occupano prevalentemente della realizzazione di imbarcazioni in ferro, del restauro di barche in legno e della realizzazione di arredi su misura per natanti. La tradizione del maestro d’ascia, esperto e specializzato falegname, si mescola con quella di fabbri e designer che lavorano su progetti di abili ingegneri navali. Le nuove tecnologie, però, pur facilitando il lavoro nei cantieri, non possono sostituire il lungo tirocinio sul campo.

Costruire barche in legno, secondo i nostri maestri d’ascia, non è la stessa cosa che lavorare con materiali come il ferro o la vetroresina. C’è l’idea della barca che nasce e si sviluppa come un corpo umano con il suo scheletro di legno, le costole, il rivestimento di fasciame. Studiare la linea di galleggiamento, comporre l’ordinata, chiudere bene il fasciame, fanno parte di un progetto prima pensato e poi eseguito, tenendo presente l’idea della barca nel suo insieme. Un lavoro affascinante ma duro, eseguito all’aperto, in ogni stagione.

Credenze e superstizioni si mescolano poi con gesti ed espressioni di fede cristiana. Testimonianza di profonda religiosità è l’uso, ancor oggi praticato durante la costruzione di imbarcazioni, di inglobare nella struttura della prua, prima che sia coperta dalle assi di legno, le immagini della Madonna dei Martiri e di S. Corrado per invocare la protezione celeste. “A vele gonfie naviga la nave che ha Cristo a poppa e la Madonna a prora” è un detto molfettese noto anche fuori dell’ambiente marinaro. Quando un giorno, speriamo molto lontano, della maestria dei maestri d’ascia resterà solo una barca marcia e abbandonata, quello sarà un giorno molto triste. Speriamo non arrivi mai.

Molfetta, Cantieri Navali: varo di una barca del 1926

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