Mitici personaggi del passato: “Piripicchio”, chi se lo ricorda?

Precursore degli artisti di strada, lo “Charlot di Puglia”, molfettese non era, ma tanti molfettesi lo ricordano ancora con affetto perché metteva tanta allegria con i suoi piccoli spettacoli alla portata di tutti. Da un racconto di Angelo Boccanegra

Piripicchio, definito il “Charlie Chaplin pugliese”, è stata una delle ultime maschere della Commedia dell’Arte in Italia. Con la sua morte, l’avanspettacolo povero ha perso il suo ultimo testimone e, forse, anche uno dei suoi esponenti più sinceri.

Vestiva con frac, bombetta, un garofano rosso all’occhiello ed era solito armeggiare un bastone di bambù. Il suo nome d’arte era “Piripicchio”, definito anche il “Charlie Chaplin pugliese” per la mimica e i mitici baffetti che lo facevano somigliare molto a Charlot, il popolare personaggio protagonista di una serie di film del cinema muto ideato e interpretato da Charlie Chaplin.

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Di solito al pomeriggio e soprattutto nei giorni festivi, sul marciapiede di fronte a Banchina San Domenico, improvvisava piccoli spettacoli di strada ai quali assisteva sempre una moltitudine di gente di ogni età e ceto. Era un personaggio molto popolare in passato, una vera star del popolo. I ragazzini accorrevano felici, quando sentivano suonare il tamburo o la fisarmonica che lo annunciavano, e lo seguivano poi rumorosamente quando si spostava per improvvisare un altro spettacolo in un’altra piazza cittadina. E’ stato un protagonista degli spettacoli di strada non solo a Molfetta ma anche in tutta la Provincia di Bari fino agli anni Settanta, forse il più importante degli artisti di strada pugliesi d’ogni tempo.

Di origini barlettane, non essendo “compreso in patria come i profeti”, come usava dire, fece la sua prima comparsa nelle nostre contrade con una pianola sgangherata ed un vestito che ricordava quello di Charlot, con la bombetta e il bastone di bambù, il suo accessorio caratteristico e parte essenziale della sua coreografia, che spesso puntava a terra per poi afferrarlo al volo, accompagnando con gesti allusivi le sue battute argute, vivaci e talvolta spinte. Sostituì in seguito la sua pianola con una più “moderna” fisarmonica attorniandosi di un’orchestrina i cui membri mutavano di volta in volta. Uno dei suoi “musici” ricordo, suonava la fisarmonica e contemporaneamente, con i piedi, una grancassa con i piatti.

Uno degli ultimi spettacoli di strada di “Piripicchio”, negli anni Settanta.

Questo comico “pulito”, senza fissa dimora, molto benvoluto da piccoli e grandi, pur non essendo molfettese di nascita, era stato oramai adottato da tutta la popolazione.

Da bambino spesso correvo ad assistere alle esibizioni di “Piripicchio di Barletta” come era conosciuto a Molfetta e ricordo ancora il ritornello di una sua canzoncina: “Era un bel giorno di maggio / il sole splendeva splendeva, / l’augello faceva faceva: Gi – gi – gi / gi – gi – gi”

A contribuire alla sua incredibile popolarità furono  soprattutto il suo straordinario carisma e la sua travolgente simpatia, che riunivano attorno a lui decine di spettatori. Si racconta in particolare che durante un comizio in Piazza Mazzini, l’intero uditorio si sia man mano disinteressato all’acceso discorso politico per assistere ad uno dei suoi migliori spettacoli, una reinterpretazione comica della Bohème di Puccini, tanto che lo sfortunato oratore decise di ritirarsi dalle elezioni.

Arrivava sempre seguito da una schiera di ragazzi, con il suo sgangherato carretto trainato da un ronzino, con al seguito la sua piccola banda formata da una gran cassa e piattelli per allietare con la sua comicità semplice e spontanea. Alla fine dello spettacolo girava col piattino per racimolare pochi spiccioli la volta. La sua battuta preferita era sempre la stessa: “me menghene 19 solte pe fà né lìre” (mi mancano 19 soldi per fare una lira).

Quando si esibiva vi erano anche spettatori affacciati alle finestre o ai balconi, e tutti, al termine dell’esibizione, facevano cadere nella bombetta che egli passava a mo’ di piattino qualcosa, non solo spiccioli, ma anche sigarette, per ringraziarlo così di quelle piccole evasioni dalla vita quotidiana che egli offriva.

Con l’avanzare degli anni, Piripicchio, ammalatosi gravemente, dovette rinunciare ai suoi spettacoli a Molfetta. Per uno strano paradosso, proprio nel momento in cui la vecchiaia lo stava sempre più consumando, la sua incredibile capacità oratoria fu riconosciuta e premiata dalla Gazzetta del Mezzogiorno con un articolo in terza pagina. Avrebbe sicuramente meritato di più per aver allietato con la sua comicità semplice e spontanea, per la sua bravura. Forse non ebbe la fortuna di essere notato da un grosso impresario teatrale o cinematografico.

Michele Genovese meglio noto con nome d’arte Piripicchio morì il primo agosto del 1980, a Bitonto, dove risiedeva, all’età di 73 anni essendo nato a Barletta il 5 Luglio del 1907. Con la sua morte l’avanspettacolo povero ha perso il suo ultimo testimone e, forse, anche uno dei suoi esponenti più sinceri e genuini. “Piripicchio”, che per tanti anni aveva divertito ragazzi e adulti, aveva per sempre lasciato la scena.

Il suo palcoscenico era la strada; i suoi spettatori erano i popolani che affollavano le strade e le piazze di una volta. A rendere il suo ricordo più duraturo di quello di molti professionisti della parola sarà, soprattutto, la memoria di coloro che l’hanno conosciuto e che non possono che ricordarlo con un sorriso. Da più parti si chiede di intitolare anche a Molfetta una via cittadina a Piripicchio, detto “il Charlie Chaplin pugliese”, al quale Bitonto ha già dedicato una strada e un monumento e così Barletta, sua città natale.

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