Mestieri dimenticati: l’uomo che vendeva i lupini. Chi se lo ricorda?

Fin quasi sul finire degli anni Settanta era ancora possibile vederlo girare per le strade cittadine soprattutto la domenica mattina o durante i lunghi pomeriggi estivi. Da un racconto di Angelo Boccanegra

Venditore di lupini

La domenica non potevano mancare sulla nostra tavola. Oggi li troviamo anche al supermercato. Una volta però c’era il venditore ambulante di lupini che per guadagnarsi da vivere, girava per le vie della città con i “panari” pieni e li vendeva dentro dei coni di carta, fatti al momento della vendita con maestria, grandi o piccoli, in base al quantitativo richiesto.

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Sembra ancora sentirlo urlare per strada con la sua voce quasi “familiare”; sembra ancora di vederlo sbucare dietro l’angolo con il suo carretto o la sua bicicletta con quell’aria un po’ da vagabondo.

Alzi la mano chi, in passato, passeggiando per le strade della città, non si è mai imbattuto nel venditore di lupini; non si è mai fermato a comprarli e chi, smangiucchiandoli, non si lasciava dietro la scia delle bucce dei lupini.

Ancora oggi, soprattutto nei lunghi pomeriggi estivi, quando il frastuono della città diminuisce (non come una volta, però), chiudo gli occhi e mi sembra di sentire ancora ancora la frase tipica dei venditori ambulanti di lupini della mia città: “comme so’ sapòrìte, so’ sapòrìte le salatìedde”.

Bei ricordi, delle cose semplici di una volta.

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