La leggenda nera di Papa Silvestro II, conosciuto come il Papa Mago

Fu uno dei massimi intellettuali del suo tempo, fine conoscitore della cultura araba, ma la sua originalità gli costò l’accusa di essere in combutta col diavolo. Dopo la sua morte si diffuse l’idea che il suo sepolcro possedesse poteri magici

Gerberto d’Aurillac, De geometria, fol 12v, Baviera, copia manoscritto del XII secolo. Le conoscenze di Gerberto gli facilitarono la carriera ecclesiastica e la stima di pontefici e imperatori.

Nella navata intermedia destra della Basilica Patriarcale di San Giovanni in Laterano si trova un monumento poco noto. Si tratta di un sepolcro di marmo dove per secoli riposarono le spoglie di Papa Silvestro II.

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Silvestro II, al secolo Gerberto di Aurillac, 139° Papa della Chiesa Cattolica dalla sua consacrazione del 2 aprile 999 alla sua morte avvenuta il 12 maggio 1003, fu il primo pontefice francese. Gerberto di Aurillac fu un erudito in ogni campo dello scibile umano, scienziato e nello stesso tempo “umanista” ante litteram, nonché fine conoscitore della cultura araba. Nonostante il suo breve pontificato, la sua figura suscitò numerose superstizioni, perlopiù motivate dell’ignoranza e dalla paura.

La sua storia inizia nei pressi di Aurillac, in Alvernia, nella Francia del sud. Qui, nel 950 (circa) nasce Gerberto, figlio di poveri contadini, presto orfano e affidato alle cure del locale monastero. Gerberto ha voglia di studiare, forse troppa, è intelligente e curioso. Qualità che non sfuggironoal conte Borrell II di Barcellona che, di passaggio nel monastero, chiese ed ottenne di portarlo con sé. A Barcellona il giovane, ormai diciassettenne, entrò in contatto con la cultura islamica anche grazie al suo mentore, il vescovo Atto, che fu mandato dal conte Borrell a Cordova per un’ambasceria e ne tornò profondamente colpito dalla cultura e dalla conoscenze arabe. Dai suoi racconti Gerberto sviluppò una venerazione verso gli arabi e si ingegnò per costruirsi strumenti astronomici, dandosi allo studio della matematica, discipline di cui gli arabi erano maestri. Atto lo mandò allora nel vicino monastero di Ripoli dove si cominciavano a tradurre dall’arabo gli antichi testi di filosofia greca, andati perduti in Europa.

L’attrazione irresistibile verso la matematica e l’astronomia lo spinsero a una scelta radicale, abiurò la sua fede e si recò a Cordova per attingere direttamente dagli arabi – di cui aveva intanto appreso la lingua – la conoscenza dei testi antichi. All’epoca Cordova era la capitale dell’impero Omayyade, la prima dinastia califfale dell’Islam che – perduto il controllo del Nordafrica ad opera degli Abbasidi, loro visir – si rifugiarono nell’al-Andalus. Qui soppiantarono i goti (Andalusia deriva dal goto Landahlauts, “proprietà terriere”) costruendo lo stato più ricco, influente e potente di tutto il Mediterraneo. A Cordova, Gerberto incontra l’emiro al-Rahman II grazie al quale riesce ad andare a Fez, nell’attuale Marocco. A Fez c’era – e c’è ancora – la più antica università del mondo, la Qarawiyyin (nota oggi in occidente come Kairaouine). Qui hanno studiato tutti quelli che contano nel Medioevo, su tutti il filosofo ebreo Maimonide e il cartografo al-Idrisi (quello della famosa Tabula Rogeriana). Al suo ritorno a Barcellona, Gerberto era già uno dei filosofi più stimati del suo tempo.

Gerberto d’Aurillac maestro degli ancora fanciulli san Fulberto e Roberto il Pio a Reims, dal Codice Manesse del XIV secolo.

Il talento di Gerberto non sfuggì al papa che lo conobbe a seguito di un pellegrinaggio che il conte di Barcellona e i suoi notabili compirono a Roma nel 969. Il papa convinse l’allora imperatore germanico, Ottone, a prenderlo sotto la sua protezione e questi lo mandò a studiare a Reims per poi farne il tutore di suo figlio, Ottone II. Una volta che quest’ultimo diventò imperatore, nel 982, Gerberto ebbe la sua “promozione” ad abate di Bobbio, in Italia. Alla morte di Ottone II Gerberto, ormai eminente figura politica del suo tempo, fu coinvolto nelle dispute per la successione al trono di Francia, poi riparò in Sassonia, per diventare arcivescovo di Reims e, successivamente, di Ravenna.

Grazie soprattutto alla sua cultura ritenuta immensa, sebbene fosse di origini non nobili, riuscì a farsi apprezzare dai grandi personaggi del tempo: vescovi, papi e imperatori. Ciò gli consentì di fare una brillante, anche se non priva di duri contrasti, carriera ecclesiastica e di divenire, nel 999, papa per volontà dell’imperatore Ottone III, di cui era stato fino a quel momento consigliere. Il suo nome fu quello di Silvestro II. 

Con Ottone III tentò di realizzare una vera e propria “renovatio imperii”, e cioè, sostanzialmente, una restaurazione del Sacro Romano Impero fondato da papa Leone III e da Carlo Magno. La scelta del nome Silvestro non fu certo casuale. Gerberto si sentiva investito di una missione speciale paragonabile a quella compiuta da papa Silvestro I, il quale secondo la tradizione aveva convertito Costantino il Grande e quindi posto le basi dell’Impero cristiano universale. Con il papa in Laterano e l’imperatore sull’Aventino Roma visse un brevissimo e intenso periodo di rinascita culturale e civile, che si può far rientrare nel quadro generale della cosiddetta “rinascita dell’Anno Mille”.

La sua attività pontificale fu segnata dalla conversione degli slavi e dei magiari. Fu lui a cristianizzare i regni di Polonia e Ungheria, facendone alleati della chiesa e consentendo loro di entrare nel “club” delle nazioni europee (anche allora c’era un “club” esclusivo). La conversione dei polacchi e dei magiari fu l’atto costitutivo di una “nuova” Europa che conteneva già tutti gli elementi di oggi: la cultura slava, germanica, latina, araba, che sono la molteplice radice dell’attuale identità europea.

Nell’anno 1000 Silvestro II incoronò Stefano re d’Ungheria. Sarà poi il Santo Stefano la cui corona – simbolo della nazione – è oggi custodita nel parlamento di Budapest a testimoniare la continuità del potere e della fede. Sempre nel 1000 fondò a Gniezno, oggi piccola località della Polonia, l’arcidiocesi che da quel momento in poi avrebbe incoronato i re di Polonia diventando il fulcro della giovane nazione destinata a divenire “l’antemurale” cattolica a oriente d’Europa. Ancora oggi Gniezno è la capitale religiosa del paese.

L’affresco di Gerberto d’Aurillac nel Duomo di Bobbio con l’astrolabio sferico da lui perfezionato e il suo codice De geometria

Silvestro II fu un uomo illuminato, capace di interpretare e modificare il corso degli eventi nella sua epoca. Morì nel 1003 lasciando ai posteri alcuni testi fondamentali, come il De Geometria e il Libellus de numerum divisionem, e fu lui a introdurre l’orologio in Europa.

Durante il suo breve regno, Silvestro II diede un forte impulso alla “riforma cluniacense” della Chiesa e all’attività missionaria in Europa centro-orientale. Non riuscì, però, a sottomettere la nobiltà romana, che non sopportava la presenza ingombrante a Roma di Ottone III, il quale fu addirittura costretto ad allontanarsi dall’Urbe insieme al papa. Dopo la morte di Ottone III nel 1002 Gerberto poté rientrare a Roma, dove ormai aveva ripreso il sopravvento la potente famiglia dei Crescenzi. Silvestro II morì l’anno seguente e con la sua morte svanì, anche se non per sempre, il sogno della “renovatio imperii”.

Comunque, forse già mentre era vivo, ma di sicuro poco dopo la morte, si sviluppò attorno alla sua figura una quantità notevole di aneddoti leggendari a sfondo magico e demoniaco. La sua sapienza fuori dal comune venne infatti interpretata come opera del demonio e dopo la sua morte si diffuse l’idea che il suo sepolcro possedesse poteri magici. Una leggenda, attestata da uno scrittore del XIII secolo, dice che all’avvicinarsi della morte di un pontefice, il pavimento attorno alla sua tomba si riempisse di fango, il marmo si coprisse di gocce d’acqua, come se sudasse e dal sepolcro si udisse un rumore di scricchiolio di ossa. Tale credenza sopravvive ai giorni nostri e continua ad attirare centinaia di persone sulla tomba quando la morte di un papa è prossima.

Secondo il grande studioso Arturo Graf, la radice primaria di tali leggende fu la grandissima e quindi sospetta erudizione di Gerberto. Dovette apparire strana a molti intellettuali anche la sua sfolgorante carriera ecclesiastica, davvero eccezionale date le sue origini umili. A questo si devono aggiungere il contatto con la cultura “saracena”, ovviamente sospetta nel mondo cristiano, avvenuto in Catalogna e i molti avversari politici che avevano ostacolato la sua carriera. Per tutti questi motivi si diffuse la diceria, attestata in molti scrittori posteriori fino al Rinascimento e alla Riforma, secondo la quale Gerberto aveva ottenuto scienza, onori e poteri magici grazie all’aiuto del demonio.

A parte la lapide che trasuda e il patto col diavolo, il punto più interessante della “leggenda nera” del papa-mago Silvestro II è il possesso e l’uso di una specie di testa parlante. A questo proposito, lo storico anglo-normanno Guglielmo di Malmesbury (XII secolo) ci racconta che Gerberto possedeva una testa di statua che rispondeva alle sue domande predicendo il futuro. La leggenda nera di Gerberto di Aurillac, confluita anche, naturalmente, nella polemica antipapale protestante, venne confutata dal cardinale Cesare Baronio (1538-1607), erudito e grande studioso di Storia della Chiesa, nell’opera Annales Ecclesiastici, la risposta cattolica alla storiografia riformata. Il Baronio dimostrò che la leggenda era nata da una polemica politico-religiosa ed era priva di fondamento storico.

Navata intermedia destra della Basilica Patriarcale di San Giovanni in Laterano. Sepolcro di marmo dove per secoli riposarono le spoglie di Papa Silvestro II.

Per quanto riguarda in particolare le ossa scricchiolanti, dobbiamo subito dire che il cadavere di papa Silvestro II in realtà non esiste più. Nel 1648, per volere di papa Innocenzo X, la sua tomba venne aperta, ma il corpo, trovato ancora intatto, vestito dei paramenti pontificali, le braccia incrociate sul petto e sul capo la tiara, appena esposto all’aria, si mutò in polvere. Così riporta il canonico Cesare Rasponi: «Quando si scavò sotto il portico, il corpo di Silvestro II fu trovato intatto, sdraiato in un sepolcro di marmo a una profondità di dodici palmi. Era rivestito degli ornamenti pontificali, le braccia incrociate sul petto, la testa coperta dalla sacra tiara; la croce pastorale pendeva ancora dal suo collo e l’anulare della mano destra portava l’anello papale. Ma in un momento quel corpo si dissolse nell’aria, che ancora restò impregnata dei soavi profumi posti nell’urna; nient’altro rimase che la croce d’argento e l’anello pastorale.»

Il fatto è molto significativo, anche perché smentisce totalmente la leggenda secondo la quale, in punto di morte, Gerberto si era fatto tagliare le mani con cui aveva compiuto riti satanici e il suo corpo era stato divorato da corvi e da cani.

Come si è già accennato alcuni suoi contemporanei cominciarono a ritenere che Gerberto d’Aurillac fosse un mago, uno stregone dotato di poteri magici avuti in base al contratto con il demonio. L’immagine del “papa mago” che ne è sorta si deve all’opera dello pseudocardinale Benone (XI secolo), fautore di Enrico IV di Svevia e dell’antipapa Clemente III. Benone scrisse, contro Gregorio VII, i Gesta Romanae Ecclesiae contra Hildebrandum, in cui si propose di individuare i “maestri diabolici” di Ildebrando (nome secolare di Gregorio VII), risalendo, attraverso Gregorio VI e Benedetto IX, fino a Silvestro II, visto come il capostipite di questi pontefici diabolici e praticanti la magia. Sulla scia di questa letteratura calunniosa, si diffuse una ricca produzione tutta incentrata sulle arti magiche e la bassa moralità del pontefice francese: già sul finire dell’XII secolo Ugo di Savigny affermò che Gerberto fosse stato espulso dal suo monastero di gioventù per quibusdam praestigiis, cioè per alcuni giochi di prestigio, e finendo in Spagna dove diventò un negromante. A fianco di Ugo di Savigny, i contemporanei Sigebert di Gembloux e Vincenzo di Beauvais intensificarono con i loro scritti l’immagine propugnata da Benone. Guglielmo di Malmesbury, cronachista inglese del XII secolo autore dei Gesta regum anglorum, incalzò la dose narrando che il giovane Gerberto si fosse fatta amante una musulmana figlia di un mago, possessore di un libro di magie. Nel corso di una notte, grazie all’aiuto della donna stessa, Gerberto riuscì a rubare il libro ma, scoperto, si diede alla fuga chiedendo la protezione del demonio, il quale, palesandosi o sotto forma di donna (conosciuta col nome di Meridiana), o sotto quella di un golem (la testa parlante), gli rivelò, attraverso le tre lettere R, le sedi episcopali che avrebbe occupato (Reims, Ravenna, Roma) e la data della sua morte. Non c’è da stupirsi che, nel XV secolo, l’aggiunta della breve biografia al Liber Pontificalis sia intrisa di queste leggende nate a posteriori, adottate anche da Martino Polono e dal Platina nelle sue Vite de’ Papi. Comunque, la libellistica antipapale contro Gerberto e il papato in generale prodotta nel Medioevo confluì poi nelle Centurie di Magdeburgo, sommo elaborato storico curato dal luterano Mattia Flacio Illirico.

La prima grande opera che confutò questa serie di leggende medievali fu l’imponente storia della Chiesa del cardinale Cesare Baronio, gli Annales Ecclesiastici, scritti in opposizione alle Centurie. Nel volume 16, infatti, il porporato analizza punto per punto le critiche più feroci (la vendita dell’anima al diavolo, la creazione del golem) ridicolizzandole e accusando Benone di essere stato mosso da spirito partigiano, e non da una seria volontà di ricostruzione storica.

Silvestro II, dopo secoli in cui fu visto sotto le tinte più fosche, ritrovò così un notevole interesse da parte non solo della gerarchia ecclesiastica, ma anche degli stessi suoi concittadini di Aurillac. Costoro, come riporta dettagliatamente il Moroni, nel 1841 dedicarono la piazza centrale a Silvestro II, luogo che verrà poi ornato di una statua, opera di David d’Angers, inaugurata il 16 ottobre 1851. Ai costi per la realizzazione non parteciparono soltanto i cittadini e le autorità locali, ma anche buona parte del clero francese e gli stessi papi Gregorio XVI e Pio IX.

Sitografia essenziale: SILVESTRO II, www.treccani.it; Papa Silvestro II, it.wikipedia.org; Papa Silvestro II, it.cathopedia.org. Libri consigliati: A. Graf, Miti, leggende e superstizioni nel Medioevo; AA. VV., Guida ai misteri e segreti di Roma; C. Rendina, I papi-Storia e segreti. Si veda anche il n. 1 del 2013 della rivista Medioevo-Dossier, dal titolo: “Astri, spiriti e magie-La superstizione nell’età di mezzo”.

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