Il ”formaggio punto”, quello con i vermi. Qualcuno se lo ricorda?

I nostri nonni lo conoscevano benissimo, ma oggi è una prelibatezza di cui è vietata la vendita

Il “casu fràzigu” o “casu martzu”, il famoso pecorino sardo colonizzato dalle larve.

Chi l’ha detto che in Italia non si mangiano insetti? Avete mai sentito parlare del “formaggio punto”? Così si chiama dalle nostre parti il formaggio con i vermi”. Non è l’unico, però: di caci di questo tipo se ne trovano un po’ in tutta Italia.

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Il Casu Marzu è forse il più “famoso”. Il formaggio sardo con i vermi è al vertice di questa specialissima classifica di caci. Ma di formaggi con i vermi nella nostra penisola se ne mangiano da sempre e un po’ ovunque. In Abruzzo per esempio si trova il pecorino Marcetto o Cace Fraceche. In Calabria c’è il Casu du Quagghiu. In Puglia e in Molise il Casu Punte o Fermeggie Punte (cioè punto dalla mosca). In Piemonte c’è il “formaggio che cammina”, il Bross Ch’a Marcia, nell’entroterra ligure, invece, il Gorgonzola coi grilli (dove per grilli si intendono dialettalmente i vermi che saltano), in Emilia Romagna, in provincia di Piacenza, si trova la Robiola Nissa (formaggio nisso) e, per finire, a Udine il Saltarello.

Il “formaggio punto”, per tornare alla definizione più nota dalle nostre parti, è quel tipo di prodotto caseario di latte vaccino che ha la caratteristica di dare “ospitalità” al suo interno alle larve di una tipologia di mosca, chiamata Piophila casei. Quando si taglia, all’interno devono essere ben visibili le larve ancora vive degli insetti (indice di salubrità del formaggio, se non si muovono significa che è andato a male).

Questo particolare tipo di formaggio va quindi mangiato con i vermetti che hanno lo stesso colore e lo stesso gusto (ovviamente) del formaggio stesso. Anzi, sono proprio le larve a dare al formaggio quel sapore davvero unico: forte, pungente e piccante.

Messo al bando dalla legge n. 283 del 1962, che prevede il divieto della vendita di alimenti contaminati da insetti o da parte di insetti, viene in realtà ancora prodotto e venduto in alcuni piccoli caseifici dell’entroterra barese ma anche in Sardegna dove viene prodotto con il latte di pecora. Piace ai buongustai e per questo motivo è ancora ricercatissimo ma è proibito dalla legge. Osannato anche da generazioni di molfettesi, oggi è un formaggio clandestino, e trovarlo è sempre più difficile.

Come è nato questo formaggio? Per errore. La mosca casearia attacca qualsiasi tipo di formaggio ma quando i casari del passato lo assaggiarono per la prima volta e ne apprezzarono il retrogusto piccante, anziché buttarlo, fecero di necessità virtù e iniziarono a produrlo.

Il processo di decomposizione avviene durante la stagionatura, quando il formaggio viene colonizzato dalla mosca che penetra nelle forme e vi depone le sue uova. Il casaro, una volta lavorato latte e caglio e fatta la forma, non fa altro che aprire le zanzariere nella stanza dove dovrebbe avvenire la stagionatura per “invitare” dentro le mosche attratte dall’odore. Sulla superficie della forma, le mosche depongono le uova da cui nascono le larve che, scavandolo, si cibano del formaggio. Per tale motivo si parla di “formaggio punto”: i punti sono i buchi lasciati dalle larve.

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