Gli odori della stalla contrastano i virus. Quelli di una volta lo sapevano

“Il lavoro agricolo crea immunità”. La teoria di due allevatori di Bormio, in Provincia di Sondrio. Non del tutto infondata se si pensa alle usanze del passato anche a Molfetta

La tradizionale benedizione degli animali che si svolgeva a Molfetta dinanzi alla Chiesa dei Cappuccini agli inizi del Novecento

Ritornare al passato, ad antiche usanze e forme di vita, ci preserva da ogni contagio, ci fornisce le giuste difese immunitarie. Lo sostengono due allevatori di Bormio. Per loro respirare l’odore del “bek” (caprone) il maschio delle pecore e vivere a contatto coi batteri che circolano nella stalla dove vivono gli animali, aiuta e immunizza, come successe ai tempi della peste diffusasi a Bormio nel 1512, quando uno studio attestò che i sopravvissuti erano stati tali perché vivevano in mezzo alle capre.

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Per noi molfettesi, però, questa cosa non è una novità. In passato, le mamme, quando un bambino era malato, non respirava bene, lo portavano quasi ogni giorno nella stalla del lattaio di fiducia, dove c’erano le mucche, per farli respirare a pieni polmoni l’aria dello sterco. Si sosteneva che facesse bene alla respirazione e portasse poi alla definitiva guarigione il bambino malato.

La cosa non deve sorprenderci affatto. Secondo recenti studi, infatti, vivere in un ambiente non troppo pulito, come quello di una fattoria con stalle e animali, protegge i bambini da allergie e asma. È quindi un fatto noto da tempo, ma non si sapeva ancora come potesse funzionare questo meccanismo protettivo. Ora un nuovo studio suggerisce una possibile spiegazione.

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