Don Tonino Bello, il Grande Profeta che riaccende la speranza, è Venerabile

Don Tonino Bello verso gli altari: riconosciute le virtù eroiche. La comunicazione durante i lavori dell’assemblea CEI. In questi tempi difficili, risuonano più significative che mai, le sua parole profetiche

«Sono venuto a trovare Pietro», aveva detto don Tonino Bello a Giovanni Paolo II in un giorno romano di molti anni fa. «Un giorno Pietro verrà a trovare te», aveva risposto profeticamente il Papa.
Molfetta, 20 aprile 2018. Papa Francesco a Molfetta sui Passi di don Tonino Bello. Foto del Seminario Vescovile. Ph. Maria Cappelluti.

Il Servo di Dio Mons. Tonino Bello è VenerabileIl Papa autorizza i decreti sulle virtù eroiche del vescovo di Molfetta. 

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Questa mattina, 25 novembre 2021, durante l’Udienza concessa dal Cardinale Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, il Sommo Pontefice ha autorizzato la medesima Congregazione a promulgare il Decreto riguardante le virtù eroiche del Servo di Dio Antonio Bello, Vescovo di Molfetta-Ruvo­ Giovinazzo-Terlizzi; nato il 18 marzo 1935 ad Alessano e morto il 20 aprile 1993 a Molfetta.

“Vi faccio questo augurio. Che anche voi, scrutando i segni, possiate dire così: Resta poco della notte, perché il sole sta già inondando l’orizzonte”. Una bellissima frase di Don Tonino Bello. Parole di speranza e di fede senza tempo, attualissime anche nel nostro tempo, in questo periodo storico così difficile, con l’Italia e il mondo intero che vivono ancora con il fiato sospeso.

Con il suo esempio e la sua parola don Tonino Bello, un Grande Profeta, riaccende la speranza nei nostri cuori in ogni momento. Don Tonino parlava benissimo e scriveva ancor meglio. Aveva una capacità comunicativa straordinaria, vero profeta anche in questo areopago moderno. Sapeva evidenziare gli aspetti positivi presenti in ogni persona, per dare sempre coraggio e speranza. Era un uomo carismatico che viveva quello che diceva e sapeva comunicarlo come solo un poeta è in grado di fare. Con i suoi scritti e i suoi interventi Don Tonino scardina ancora oggi le certezze di chiunque e questa è una delle sue tante eredità “scomode”.

C’è morte e morte. C’è qualcuno, anche famoso, di mondo e di chiesa, che è morto prima ancora di morire e ci sono altri che sono vivi anche da morti, perché per loro parlano persone e libri, parole e scelte. Tra quest’ultimi trova senz’altro posto la figura di don Tonino Bello.

Don Tonino Bello nasceva il 18 marzo del 1935, ad Alessano. L’Italia viveva nella miseria, nell’incertezza. Una guerra era da poco finita, ma un’altra stava per iniziare. La gente aveva paura. Come oggi. Abbiamo paura, tutti, senza distinzione alcuna. Tutti, dal più ricco al più povero, dal più “garantito” al più indifeso.

Molfetta, 30 ottobre 1982. Consacrazione episcopale di don Tonino Bello

Il nuovo millennio ci ha portato una nuova paura: la paura del nemico invisibile. Solo ieri si chiamava terrorismo, oggi ha già cambiato nome. Si chiama Covid19. Paura e virus diventano estremamente contagiosi ma le sue parole ci aiutano a vivere: “Resta poco della notte, perché il sole sta già inondando l’orizzonte”.

Nonostante siano trascorsi 28 anni dalla sua morte, avvenuta il 20 aprile 1993, le “parabole” del vescovo che ha sempre rifiutato il titolo di monsignore, non hanno ancora cessato di scuotere le coscienze libere e di interrogare anche i non credenti. Una cosa è dire che don Tonino è stato una testimonianza (del Vangelo, della pace, della carità …), un’altra è riconoscere che a lui bisogna rendere testimonianza anche in una dimensione più laica perché, come giustamente ha scritto qualche tempo fa un lettore: “Don Tonino è di tutti, non solo dei Cattolici”.

Don Tonino Bello era sicuramente uno che non si faceva mai condizionare dalle apparenze e, “dentro ognuno”, voleva sempre “vederci chiaro”. Scuoteva le coscienze ma “scandagliava” anche gli animi alla ricerca sempre di elementi di positività in ognuno dei suoi interlocutori.

Don Tonino Bello non amava i titoli onorifici, tanto che da Antonio era diventato, semplicemente, Tonino. Ma il titolo di “venerabile” che assume oggi, con la promulgazione del decreto sulle sue virtù eroiche, racconta tutta un’altra storia: quella di una “Chiesa del grembiule”, ossia al servizio costante dei poveri e degli ultimi; quella di un cristiano “contempl-attivo, con due t,” come amava dire lui stesso, ossia colui che “parte dalla contemplazione e poi lascia sfociare il suo dinamismo, il suo impegno nell’azione”, colui che non separa mai preghiera e azione; la storia di una figura fortemente impegnata per la pace e la riconciliazione nel mondo.

“Non dobbiamo più avere i segni del potere, ma il potere dei segni” è una delle espressioni più potenti tra quelle pronunziate da don Tonino.

Don Tonino Bello era un uomo che non solo parlava, ma faceva. Dopo il dire, per lui c’era sempre il fare. Predicava e operava: per la pace, per gli operai, per gli sfrattati, per i più disagiati… Don Tonino infatti, non si limitava a dire fate, ma faceva. Saldava le parole con i fatti, facendo diventare il Vangelo mentalità evangelica. I suoi gesti sorprendevano sempre, perché rompevano costantemente gli schemi. Non solo. Alla Chiesa dei segni del potere, prediligeva la Chiesa del “potere dei segni”.

Don Tonino ha parlato in maniera chiara e forte agli uomini del suo tempo, dentro e soprattutto fuori dalla Chiesa, ma continua ancora a parlarci nel nostro tempo non solo con la sua parola, attraverso i suoi innumerevoli scritti, ma anche attraverso “il potere dei segni”.

Molfetta, Processione della Croce con Don Tonino Bello Vescovo.

Sembra perfino banale ricordare come quel “Non dobbiamo più avere i segni del potere, ma il potere dei segni” sia una delle espressioni più fortunate e ricorrenti tra quelle pronunziate da don Tonino. Un’espressione profetica! E infatti, la grande Croce posizionata qualche anno fa sull’altare di Sua Santità, e oggi collocata nel cuore vivo e pulsante della città, è un segno davvero forte e potente della sua grande ed autentica Cristianità. I segni sono potenti quando ci richiamano alle nostre responsabilità, quando squarciano le nostre coscienze, oltre le parole che evitiamo di leggere e ascoltare.

«Se arrestate loro, allora arrestate anche me» disse al Pubblico Ministero. Tutti ricordano ancora, benché siano trascorsi quasi quarant’anni, l’intervento di Don Tonino Bello a seguito della protesta dei lavoratori delle Acciaierie e Ferriere Pugliesi, che avevano occupato i binari della linea ferroviaria Bari-Foggia nel 1983. Il 15 febbraio del 1983, Don Tonino Bello, vescovo da pochi mesi della diocesi di Molfetta, intervenne a seguito della protesta dei lavoratori delle Acciaierie e Ferriere Pugliesi, che avevano occupato i binari della linea ferroviaria Bari-Foggia. «Se arrestate loro, allora arrestate anche me», disse al pubblico ministero Nicola Magrone in una stanzetta della caserma dei carabinieri di Giovinazzo. Parole nette e decise, inequivocabili, che vanno sempre ricordate.

Il suo messaggio è stato sempre molto chiaro: la vicinanza ai più deboli, senza distinzioni. Di lui sono rimasti famosi gesti profetici come la marcia di pace a Sarajevo sfidando guerra e cecchini, l’opposizione al dispiegamento dei bombardieri Nato in Puglia, la difesa dei lavoratori a rischio di licenziamento, l’accoglienza in episcopio ad alcune famiglie di sfrattati.

Basterebbe solo documentarsi un po’ per capire che era tutt’altro che un “vescovo monotematico”; era tutt’altro che un uomo noioso. La sua grande capacità era anche quella di sorprendere, sempre, di comprendere e battersi per i più deboli, senza distinzioni. Don Tonino era un servitore degli uomini, dei poveri, dei deboli, dei malati… senza distinzioni, anche di quelli di spirito, a cui ancora oggi continua a parlare come se fosse ancora presente tra noi. Certi uomini non muoiono mai. La sua presenza è ancora forte e avvertita tra noi malati di paure invisibili che fronteggiamo giorno per giorno grazie alle sue parole e ai suoi insegnamenti.

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