Covid, modificato il rito delle Ceneri. Cosa prevede la teologia

La Congregazione per il Culto Divino ha pubblicato una nota che precisa le modalità che dovranno seguire i sacerdoti durante la celebrazione che apre la Quaresima: mascherina e formula recitata una volta sola

Con il Mercoledì delle Ceneri inizia la Quaresima, il periodo che precede la Pasqua, ed è giorno di digiuno e astinenza dalle carni, astensione che la Chiesa richiede per tutti i venerdì dell’anno ma che negli ultimi decenni è stato ridotta ai soli venerdì di Quaresima. L’altro giorno di digiuno e astinenza è previsto il Venerdì Santo. Nella foto Papa Benedetto XVI si sottopone al rito.

La situazione sanitaria causata dal coronavirus continua a richiedere una serie di attenzioni che si riflettono anche in ambito liturgico. In vista dell’inizio della Quaresima di quest’anno, mercoledì 17 febbraio, la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ha reso note sul suo sito web le disposizioni cui dovranno attenersi i celebranti nel rito di imposizione delle Ceneri.

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Dopo aver benedetto le ceneri e averle asperse con l’acqua benedetta, il sacerdote – precisa la nota – si rivolge ai presenti recitando “una volta sola per tutti la formula come nel Messale Romano: «Convertitevi e credete al Vangelo», oppure: «Ricordati, uomo, che polvere tu sei e in polvere ritornerai». 

Quindi, prosegue la nota, “il sacerdote asterge le mani e indossa la mascherina a protezione di naso e bocca, poi impone le ceneri a quanti si avvicinano a lui o, se opportuno, egli stesso si avvicina a quanti stanno in piedi al loro posto”. Il sacerdote, si conclude, “prende le ceneri e le lascia cadere sul capo di ciascuno, senza dire nulla”. 

Fonte web: Vatican News

Pilulas theologia «Memento homo, quia pulvis es et in pulverem reverteris», ovvero: «Ricordati uomo, che polvere sei e polvere ritornerai». Queste parole compaiono in Genesi 3,19 allorché Dio, dopo il peccato originale, cacciando Adamo dal giardino dell’Eden lo condanna alla fatica del lavoro e alla morte: «Con il sudore della fronte mangerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai!». Questa frase veniva recitata il giorno delle Ceneri quando il sacerdote imponeva le ceneri – ottenute bruciando i rami d’ulivo benedetti la domenica delle Palme dell’anno precedente – ai fedeli. Dopo la riforma liturgica, seguita al Concilio Vaticano II, la frase è stata mutata con la locuzione: «Convertitevi e credete al Vangelo» (Mc 1,15) che esprime, oltre a quello penitenziale, l’aspetto positivo della Quaresima che è tempo di conversione, preghiera assidua e ritorno a Dio.

La celebrazione delle Ceneri nasce a motivo della celebrazione pubblica della penitenza, costituiva infatti il rito che dava inizio al cammino di penitenza dei fedeli che sarebbero stati assolti dai loro peccati la mattina del Giovedì Santo. Dal punto di vista liturgico, le ceneri possono essere imposte in tutte le celebrazioni eucaristiche del mercoledì ma, avvertono i liturgisti, è opportuno indicare una celebrazione comunitaria “privilegiata” nella quale sia posta ancor più in evidenza la dimensione ecclesiale del cammino di conversione che si sta iniziando. Il digiuno è importante per tutte le religioni: i musulmani celebrano il mese di Ramadan, gli ebrei il kippur e i cristiani la Quaresima.

La teologia biblica rivela un duplice significato dell’uso delle ceneri:

1. Anzitutto sono segno della debole e fragile condizione dell’uomo. Abramo rivolgendosi a Dio dice: “Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere…” (Gen 18,27). Giobbe riconoscendo il limite profondo della propria esistenza, con senso di estrema prostrazione, afferma: “Mi ha gettato nel fango: son diventato polvere e cenere” (Gb 30,19). In tanti altri passi biblici può essere riscontrata questa dimensione precaria dell’uomo simboleggiata dalla cenere (Sap 2,3; Sir 10,9; Sir 17,27).

2. Ma la cenere è anche il segno esterno di colui che si pente del proprio agire malvagio e decide di compiere un rinnovato cammino verso il Signore. Particolarmente noto è il testo biblico della conversione degli abitanti di Ninive a motivo della predicazione di Giona: “I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, dal più grande al più piccolo. Giunta la notizia fino al re di Ninive, egli si alzò dal trono, si tolse il manto, si coprì di sacco e si mise a sedere sulla cenere” (Gio 3,5-9). Anche Giuditta invita invita tutto il popolo a fare penitenza affinché Dio intervenga a liberarlo: “Ogni uomo o donna israelita e i fanciulli che abitavano in Gerusalemme si prostrarono davanti al tempio e cosparsero il capo di cenere e, vestiti di sacco, alzarono le mani davanti al Signore” (Gdt 4,11).

Tratto da: Famiglia Cristiana

“Entrando nel terreno della fede, nella «terra della fede», troviamo anche spesso una vita buia, dura, difficile, una seminagione con lacrime, ma sicuri che la luce di Cristo ci dona, alla fine, realmente, la grande raccolta. E dobbiamo imparare questo anche nelle notti buie; non dimenticare che la luce c’è, che Dio è già in mezzo alla nostra vita e che possiamo seminare con la grande fiducia che il “sì” di Dio è più forte di tutti noi. È importante non perdere questo ricordo della presenza di Dio nella nostra vita, questa gioia profonda che Dio è entrato nella nostra vita, liberandoci: è la gratitudine per la scoperta di Gesù Cristo, che è venuto da noi. E questa gratitudine si trasforma in speranza, è stella della speranza che ci dà la fiducia, è la luce, perché proprio i dolori della seminagione sono l’inizio della nuova vita, della grande e definitiva gioia di Dio.” Benedetto XVI, Catechesi del 12 ottobre 2011.
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