La teologia in un cesto di frutta di Caravaggio

“Vanità delle vanità, tutto è vanità”

L’ultima banconota da 100.000 lire, detta “Caravaggio” (2º tipo), emessa dal 1994 al 1998. Sul retro la famosa canestra di frutta. In primo piano il dipinto della canestra di frutta di Caravaggio. 1594/1598, olio su tela, 49 × 62 cm. Milano, Pinacoteca Ambrosiana. Canestra di frutta è un dipinto realizzato da Caravaggio nel suo periodo giovanile e nel quale si delinea la poetica dell’artista.
“Davide con la testa di Golia”, dipinto nel 1609. Golia ha le fattezze di Caravaggio stesso. Golia ha le fattezze di Caravaggio stesso.

Un quadro di una natura morta può essere una grande catechesi teologica? Grazie al grande ingegno del Caravaggio è possibile, e lo vedremo analizzando un’opera che rappresenta la vanità, “Vanitas vanitatum et omnia vanitas”, “Vanità delle vanità, tutto è vanità” (Eccl 1, 2).

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I romani adoravano le opere di Caravaggio, perché erano sempre una lezione magistrale e gratuita agli occhi di tutti – grandi e piccoli, ricchi e poveri, uomini e donne, senza distinzioni. All’epoca la vanità in pittura era rappresentata come un cesto di frutta, in cui si nascondevano innumerevoli simboli allegorici legati al “Memento Mori”, che invita a ricordare che tutti moriremo, e quindi tutto è effimero: beni materiali, bellezza estetica…

Se ci concentriamo bene sul cesto, possiamo vedere che una parte è più illuminata dell’altra, e che ci sono frutti e foglie più freschi di altri che sembrano troppo maturi o con imperfezioni provocate da una malattia della pianta o da qualche insetto.

Tutte queste contraddizioni non sono un caso per Caravaggio, che in quel modo voleva mostrare la fragilità e fugacità della vita. Ogni frutto è legato alla simbologia cristologica, e presagisce la passione di Cristo. I frutti sono poi divisi in due gruppi, uno con valenza positiva (uva, pera, pesca) e uno con valenza negativa (mela e fico). Vediamo ora cosa simboleggia ogni elemento del cesto di frutta.

Il cesto
Un cesto serve per contenere, e in un certo senso per proteggere il contenuto. Nell’ambito religioso cristiano potrebbe rappresentare la Chiesa, che accoglie e protegge i suoi figli.

L’uva
Rappresenta l’Eucaristia e la salvezza, il sangue di Cristo. Nelle allegorie barocche, l’Agnello appare tra spighe e uva.

La pera
Rappresenta la Bontà Divina, perché è un frutto molto dolce. La sua forma allungata ricorda il ventre femminile. Il suo albero ha fiori bianchi, che sono diventati un simbolo di Maria.

La pesca
Le tre componenti di questo frutto – polpa, nocciolo e semi – rappresentano la Santissima Trinità.

La mela e il fico
Questi due frutti sono chiari simboli del peccato originale. La mela è il frutto proibito mangiato da Adamo ed Eva, e per questo Caravaggio la rappresenta forata come se fosse stata mangiata dai vermi. Quando Adamo ed Eva si sono sentiti nudi per via del peccato, poi, hanno intessuto foglie di fico per coprirsi (Gen. 3, 1-7).

Non avreste mai immaginato che un quadro rappresentante un cesto di frutta, come tante volte vediamo a casa delle nonne, potesse avere un tale significato cristologico, vero? Il dipinto originale si trova nella Pinaconeta Ambrosiana di Milano, e il cesto di frutta e il suo autore Caravaggio erano rappresentati sulle banconote da 100.000 lire.

Fonte web: Aleteia

L’ultima banconota da 100.000 lire, detta “Caravaggio” (2º tipo), emessa dal 1994 al 1998.
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