Motopeschereccio Francesco padre: una ferita che non si rimargina

Quella tragedia che ha segnato le famiglie delle vittime, i lavoratori del mare, la città intera, urla ancora giustizia. Una pagina buia della storia italiana. Dopo 27 anni nessun colpevole per la morte di cinque uomini innocenti e del loro “amico di bordo” a quattro zampe.

Nella notte tra il 3 e il 4 novembre del 1994 il peschereccio Francesco padre, partito dal porto di Molfetta non fece più ritorno nelle acque della marineria del nord barese. Un «tragico errore», oppure «una rappresaglia», o infine una mina accidentalmente finita nelle reti, causarono l’affondamento del peschereccio. Ad oggi, la verità, non è stata ancora scritta. Una tragedia che resta ancora in mistero.

Sono trascorsi 27 anni da quando, il 4 novembre 1994, una manciata di minuti dopo la mezzanotte, il motopeschereccio Francesco Padre esplode al largo delle coste del Montenegro.

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Quella notte perdono la vita Giovanni Pansini, Saverio Gadaleta, Luigi De Giglio, Francesco Zaza, Mario De Nicolo, capitano / armatore e componenti dell’equipaggio, e Leone, il cane di bordo.

Quella tragedia che ha segnato le famiglie delle vittime, i lavoratori del mare, la città intera, urla ancora giustizia. Nonostante, nel 2014, la Procura di Trani, demolendo tutte le altre ipotesi investigative, ritenute infondate, giunge alla conclusione che “per un tragico errore il motopesca di Molfetta sia stato affondato dalle forze Nato perché scambiato per uno di quei natanti utilizzati in funzione antisommergibile”. Ma, per quelle morti innocenti, nessuno è stato condannato. Le forze Nato non hanno mai risposto alle rogatorie internazionali non consentendo, nei fatti, alla Procura di procedere con eventuali richieste di rinvio a giudizio.

«Questa tragedia – sottolinea il sindaco Tommaso Minerviniha profondamente segnato l’intera comunità. Nessuno riuscirà mai a dimenticare quanto è accaduto e fa male la consapevolezza che le profondità del mare saranno per sempre l’ultimo rifugio per i resti umani dei componenti dell’equipaggio del Francesco padre e della loro mascotte, Leone. Due anni fa, in occasione del 25esimo anniversario di quella tragedia – continua il Primo cittadino – ho avuto modo di incontrare i parenti di quegli uomini che al mare hanno immolato la loro vita. Nei loro sguardi ho letto il dolore, quello più intenso e profondo, che nasce dalla certezza che non potranno mai recuperare le spoglie mortali dei loro cari ormai sepolte nel mare. Ho visto l’orgoglio di essere riusciti, dopo anni di silenzi e di ombre, di vedere riconosciuta, sia pure solo da parte della Procura, l’innocenza dei loro congiunti, la totale estraneità alle accuse, infamanti, che, nelle prime battute, erano state a loro addebitate. Giovanni, Saverio, Luigi, Francesco, Mario e Leone erano, sono e saranno per sempre vittime di una guerra che non gli è mai appartenuta. Erano in mare per lavorare. E dal mare non sono più tornati. Ai loro cari – conclude il Sindaco Minervini – giunga il mio più caloroso abbraccio».

Nota del Comune di Molfetta

Le ultime immagini dal relitto del “Francesco Padre” colato a picco a 20 miglia dalla costa montenegrina nel novembre del 1994, dicono che la barca è stata attaccata a colpi di mitragliatrice. Quasi esclusa l’esplosione accidentale causata da armi e munizioni contrabbandate. Chi ha sparato? La Nato o i montenegrini che chiedevano il pizzo ai pescatori?
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