La Veronica, la donna che asciugò il volto di Gesù. Ma chi era veramente?

La tradizione racconta che una giovane pia di Gerusalemme, spinta dalla compassione, sfidò la folla asciugando il volto di Cristo mentre saliva sul Golgota, raccogliendo sul suo velo l’immagine del “Santo Volto”. In realtà questo episodio non è menzionato nei Vangeli canonici ma …

La Veronica, cartolina d’epoca degli anni ’50 del secolo scorso.

La Veronica è la seconda statua dello scultore Giulio Cozzoli ad uscire in processione dalla Chiesa del Purgatorio il Sabato Santo. E’ portata a spalla dagli aderenti alla Confraternita di Maria SS. del Carmine che indossano: camice e cappuccio bianchi, mozzetta e cingolo con fiocco lilla-viola, al collo laccio lilla-viola con piastra di metallo che riproduce la Madonna del Carmine.

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Fino al 1906 la statua della Veronica ad essere portata in processione era una antica statua della Madonna del Carmine presente presso la chiesa di S. Pietro a Molfetta, ceduta all’Arciconfraternita della Morte nel 1844 e successivamente modificata e adattata, da un artigiano locale, per l’utilizzo (fu asportata, prima di tutto, la statuina di Gesù Bambino). Era dotata di un panno in stoffa raffigurante il volto di Cristo, e fu portata in processione il Sabato Santo fino al 1906. Attualmente questa statua è presente presso il Museo Diocesano di Molfetta.

Ma chi era veramente la Veronica? Diciamo subito che non è citata nei Vangeli canonici, ma la tradizione la commemora nella Sesta Stazione della Via Crucis che si celebra in tutte le chiese cattoliche del mondo durante i riti del Venerdì Santo e che viene ripetuta ogni anno anche dal Papa nella scenografica cornice del Colosseo romano. La figura della Veronica, però, scompare dallo schema alternativo della Via Crucis (schema biblico), articolato secondo il Vangelo, apparso per la prima volta nel “Libro del Pellegrino” offerto in occasione dell’Anno Santo del 1975.

Nel rito popolare della Via Crucis, sviluppato e consolidato nel basso medioevo, si consolidò la leggenda di una donna, che incontrò Gesù durante la sua salita al Calvario e gli asciugò il volto con un panno di lino. In esso sarebbe rimasta impressa la sua immagine.

Dal XV secolo, Veronica è diventata così popolare che i fedeli hanno iniziato a provare una vera devozione nei suoi confronti, al punto da inserirla nel racconto della Passione e a renderla una figura tradizionale della Via Crucis.

Se la sua storia è leggendaria, lo è anche il suo nome. Menzionata nelle origini come “donna pia di Gerusalemme”, ha preso poi il nome di “Veronica” per facilitarne la denominazione. Questo nome ci ricorda l’episodio del velo, visto che Veronica in greco significa “vera icona”. Il nome “Veronica”, infatti, deriva dall’accostamento dell’aggettivo latino “vera” al sostantivo greco eikòn (icona), appellativo dato a colei che era proprietaria della “vera icona” di Cristo.

Notizie precise sulla figura della “Veronica”, ricordata nella VI stazione della Via Crucis, quindi, pare che non ce ne siano. E’ certo che la tradizione, la pietà popolare, l’esortazione della pratica della Via Crucis non hanno mai messo in discussione la contemplazione della VI stazione. Questa è certamente una prova che almeno non esistono documentazioni contrarie. Certamente “la Veronica”, incontrata da Gesù nel suo cammino verso il Calvario, è una figura che affascina e fa riflettere.

Riportiamo le riflessioni che don Primo Mazzolari fa commentando la VI stazione: “Gli evangelisti non ricordano né il nome né il gesto. Che gli evangelisti siano rimasti confusi nel confronto del generoso coraggio della Veronica? Talvolta costa meno confessare d’aver sbagliato che raccontare un esempio di virtù che metta in rilievo la nostra bassezza. Chi è la Veronica? Non ne so nulla, né voglio saperne di più di quello che vedo guardando il quadro della VI stazione. Le più belle vite sono a volte raccolte in un gesto o consumate in un attimo. Il prima e il dopo quasi non importano. Neanche il nome, benché quello della Veronica sia così intessuto di pietà da porre la pietà stessa o la sua più naturale immagine. A Veronica, donna senza nome e senza storia, posso dare il mio nome e la mia storia, confondendomi con lei e vedendo nel suo volto, come sul lino che tiene spiegato tra le mani, il volto di Gesù”.

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