Molfetta racconta: “Giustine dù Chémbesénde”. Storia o leggenda?

Se ne stava sempre nel cimitero, dall’apertura alla chiusura, diventandone così una sorta di secondo custode e facendosi una fama alquanto lugubre ai suoi tempi. Si racconta questo e molto altro su “Giustina del Cimitero”. Da un racconto di Angelo Boccanegra

“Giustìne dù cambesende” è un altro di quei mitici personaggi della Molfetta del passato

Storia o leggenda? Il dubbio mi assale spesso quando provo a scrivere una delle tante storie che mi sono state narrate da bambino. Non è però sempre possibile tracciare un confine netto tra la storia vera, i fatti realmente accaduti e la fantasia popolare che ha arricchito ulteriormente, di generazione in generazione, di aneddoti e ulteriori particolari, figure entrate poi a far parte della mitologia cittadina.

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Non è possibile e non sarebbe neanche giusto, provare a mettere da parte, in ogni racconto, quel che oggi, razionalmente, sembrerebbe inverosimile ai più. Questi racconti fanno parte, a pieno diritto, della nostra cultura popolare che dobbiamo sforzarci di recuperare integralmente, senza consentire al defluire del tempo di farli scivolare nell’oblio. Più che riassumere, quindi, o peggio razionalizzare questi racconti della nostra tradizione orale, occorre sempre andare alla ricerca di ulteriori integrazioni a quello che già sappiamo, ed è quello che faccio quasi quotidianamente quando scrivo. La mia ambizione è quella di raccontare la storia, sforzandomi di non dimenticare nulla, senza farmi bloccare dal dubbio se quello che so e mi accingo a scrivere, sia realmente accaduto oppure no.

Oggi, proverò a raccontarvi tutto quello che mi è stato raccontato su “Giustina”, una figura per certi versi ancora avvolta nel mistero ma a molti della mia generazione ancora notissima, nonostante sia trascorso forse quasi un secolo dagli anni in cui divenne molto popolare a Molfetta.

“Giustìne dù cambesende” è un altro di quei mitici personaggi della Molfetta del passato. Si racconta che Giustina se ne stava sempre nel Cimitero di Molfetta, dall’apertura alla chiusura, diventandone così una sorta di secondo custode e facendosi una fama alquanto lugubre in città ai suoi tempi. Spesso la si vedeva seduta vicino all’entrata del Cimitero a salutare un po’ tutti. Giustina era una figura a volte rassicurante altre volte inquietante. Si racconta fosse una persona rispettata, forse anche temuta fino al punto da indurre, soprattutto gli uomini del tempo, quando la incrociavano per i vicoli della città vecchia dove abitava, a mettere in atto gli opportuni scongiuri, questi sì, mai passati di moda (inutile elencarli, li conosciamo bene ancora oggi).

Giustina divenne ancora più celebre, non si sa bene di preciso in quale anno però, per un episodio davvero singolare. Si racconta ancora oggi che un giorno, sorpresa da un improvviso temporale, Giustina si sdraiò all’interno di un loculo ancora vuoto per ripararsi dalla pioggia. Pioveva ancora molto quando Giustina, ad un certo punto, vedendo passare un uomo, fece una cosa normalissima per un comune mortale senza orologio, certo, ma non dall’interno di una tomba: chiese che ora fosse al passante. Si racconta che il malcapitato, vedendo Giustina sporgersi da uno dei loculi per chiedere l’ora, o appena dopo averla chiesta, stava quasi per restarci secco. Secondo altra versione della stessa storia che mi è stata raccontata da amici, il pover’uomo, per lo choc subito, stramazzò per terra morto stecchito.

Prefica

I miei genitori, invece, mi raccontavano una storia simile, ma un po’ diversa. Raccontavano che la poveretta, un giorno, a causa della pioggia improvvisa, pensò bene di ripararsi in un “cassettone” vuoto (un “loculo a muro”), addormentandosi poi all’interno. Certo, su una cosa possiamo essere tutti d’accordo: Giustina non era certo una che poteva impressionarsi al Cimitero; praticamente viveva tra i morti! Schiacciare un pisolino, quindi, in attesa che il tempo migliorasse, poteva essere per lei una cosa normalissima. Non per chi, invece, l’avesse vista sbucare da un loculo, tal quale un “morto fresco” o, peggio ancora, un fantasma!

I miei genitori mi raccontavano che quando si svegliò, dopo il pisolino, protendendo il suo braccio lungo e magro, quasi cadaverico, fuori dalla tomba e toccando le gambe di un muratore che stava sistemando una lapide, per chiedergli, con voce fioca, se avesse smesso di piovere, provocò la morte del poveretto che cadde per terra. Una scena simile a quelle che si vedono nei film horror sui “morti viventi”. Da quest’ultimo racconto, non è però del tutto chiaro se il malcapitato fosse morto di infarto o per aver sbattuto la testa sul selciato dopo lo svenimento. Il dubbio permane, ma la storia, anzi le storie che gravitavano sulla figura di Giustina, con tutte le variabili, sono davvero intriganti.

Certo è, qualcosa di vero ci deve essere in questi racconti. Non sono affatto convinto che questa storia, o queste variabili della storia di Giustina che ad un certo punto sbuca da una tomba, siano all’improvviso nate dal nulla. Qualcosa sembrerebbe essere accaduto per davvero, qualcuno sostiene nel 1912 o comunque giù di lì, insomma più di un secolo fa.

Giustina è esistita per davvero a Molfetta, a cavallo tra Ottocento e Novecento, questo è certo. Era una donna alta e magra, ai più conosciuta, nella sua epoca, come “Giustina delle orazioni” perché rimasta nubile, si guadagnava da vivere piangendo ai funerali. Negli anni più intensi di questa sua attività, quando era oramai già vecchia (per il suo tempo) dimorava in un basso della città vecchia. All’epoca, non dimentichiamolo, molte erano le famiglie che abitavano “abbàsch o’ jàùse”, locali costruiti sotto il piano stradale, praticamente nelle fondamenta degli edifici. Case che in realtà non erano case, ma veri e propri bui tuguri, di notte come di giorno.

Questa donna, pallida in volto, sempre vestita nero, avvolta in un grande scialle nero, lugubre, che si guadagnava da vivere nei primi decenni del Novecento facendo la “prefica”, che pregava e piangeva a pagamento durante le veglie ai defunti ed ai funerali, è un personaggio realmente esistito. Si recava tutti i giorni al Cimitero, per guadagnarsi da vivere, pregando a pagamento sulle tombe. Vestita di nero e con un velo in testa, spesso avvicinava all’ingresso chi si recava al Cimitero per “offrire” le orazioni in favore dei defunti in cambio di un’offerta.

Giustina faceva parte a “pieno titolo” della categoria delle “piagnone”, delle donne che vendevano le orazioni per i defunti e il loro pianto straziante per i funerali. Queste donne, in effetti, erano sempre vestite di nero e si struggevano in lacrime ai piedi di una bara, gridando preghiere e lodi al defunto. Queste professioniste del lutto, oggi non esistono più, il mondo è cambiato e con questo anche il modo di guardare alla morte, ma in tempi remoti si vendevano anche le lacrime e lo strazio per campare.

Quella “Giustina”, protagonista di quella che forse è una leggenda metropolitana, con tutte le sue variabili, che esercitava a Molfetta un mestiere particolare e molto antico, nato nella notte dei tempi, è quindi esistita davvero. Quand’anche l’episodio del loculo, raccontato soprattutto in passato, sia stato inventato di sana pianta – anche se per me qualcosa di vero ci deve essere sempre, alla base di questo genere di racconti tramandati – “Giustina delle orazioni” è una donna realmente esistita. Non sapremo mai, però, qual è il confine certo tra la storia vera e la leggenda metropolitana di “Giustina del Camposanto”. Sappiamo, però che è una persona realmente esistita e che esercitava un particolare lavoro al Cimitero, un “mestiere” scomparso completamente già da tempo.

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