La Vergine Velata: capolavoro avvolto in un velo di marmo trasparente

Un’opera dal grande impatto realistico che nel corso del tempo ha conquistato il mondo intero. Una scultura che mostra tutto il potenziale della pietra marmorea, capolavoro dello scultore italiano Giovanni Strazza

La Vergine velata di Giovanni Strazza

La Madonna velata fu scolpita in marmo di Carrara dallo scultore italiano Giovanni Strazza (1818-1875) a Roma. Si tratta di un gioiello perfetto di arte. Nonostante non sia una scultura antichissima, non si sa molto della creazione della Vergine Velata. Gli storici ritengono che lo scultore milanese abbia realizzato il pezzo mentre lavorava a Roma, negli anni ’50 dell’800, e nel contesto del Risorgimento italiano raffigurasse metaforicamente l’Italia.

Thank you for reading this post, don't forget to subscribe!

Il volto femminile mostra la Vergine Maria con gli occhi chiusi, la testa inclinata verso il basso, con uno sguardo che sembra essere assorto nella preghiera o in un pacifico dolore, entrambe espressioni classiche delle raffigurazioni della Vergine.

La scultura è realizzata in prezioso marmo di Carrara, uno dei supporti privilegiati per gli scultori italiani del periodo. Il marmo toscano era inoltre un grande classico per la rappresentazione dei veli, che furono un motivo scultoreo popolare durante i contemporanei dello Strazza. Fra le altre sculture in marmo di Carrara si ricordano la “Dama Velata” di Pietro Rossi e Raffaele Monti.

L’opera fu inviata nel 1856 in Canada, dove l’allora vescovo di Terranova, John Thomas Mullock, elogiò con queste parole la nuova acquisizione: “Ho ricevuto una bellissima statua della Beata Vergine Maria in marmo da Strazza (…) E’ una gemma d’arte perfetta“. Il suo trasferimento fu documentato con grande entusiasmo da un giornale locale, The Newfoundlander: Dire che questa rappresentazione supera nella perfezione dell’arte qualsiasi pezzo di scultura che abbiamo mai visto, trasmette, ma debolmente, la nostra impressione della sua squisita bellezza. La possibilità di un simile trionfo dello scalpello non era mai entrata nella nostra concezione. Il linguaggio ordinario fallisce sempre nel rendere giustizia a un soggetto come questo, alle rare emozioni che produce in chi lo guarda“.

La scultura venne custodita nel Palazzo Episcopale della cattedrale di San Giovanni a Terranova e Labrador finché nel 1862 non è stata spostata nell’adiacente convento delle Suore della Presentazione.

A sinistra, la “Dama Velata” di Pietro Rossi, 1882, fotografia de “The Gibbes Museum of Art”, e a destra la “Dama Velata” di Raffaele Monti, del 1860, fotografia del “Minneapolis Institute of Art”.
Posto al centro della navata della Cappella Sansevero, il Cristo velato è una delle opere più note e suggestive al mondo. Nelle intenzioni del committente, la statua doveva essere eseguita da Antonio Corradini, che per il principe aveva già scolpito la Pudicizia. Tuttavia, Corradini morì nel 1752 e fece in tempo a terminare solo un bozzetto in terracotta del Cristo, oggi conservato al Museo di San Martino. Fu così che Raimondo di Sangro incaricò un giovane artista napoletano, Giuseppe Sanmartino, di realizzare “una statua di marmo scolpita a grandezza naturale, rappresentante Nostro Signore Gesù Cristo morto, coperto da un sudario trasparente realizzato dallo stesso blocco della statua”.
Sanmartino tenne poco conto del precedente bozzetto dello scultore veneto. Come nella Pudicizia, anche nel Cristo velato l’originale messaggio stilistico è nel velo, ma i palpiti e i sentimenti tardo-barocchi di Sanmartino imprimono al sudario un movimento e una significazione molto distanti dai canoni corradiniani. La moderna sensibilità dell’artista scolpisce, scarnifica il corpo senza vita, che le morbide coltri raccolgono misericordiosamente, sul quale i tormentati, convulsi ritmi delle pieghe del velo incidono una sofferenza profonda, quasi che la pietosa copertura rendesse ancor più nude ed esposte le povere membra, ancor più inesorabili e precise le linee del corpo martoriato. La vena gonfia e ancora palpitante sulla fronte, le trafitture dei chiodi sui piedi e sulle mani sottili, il costato scavato e rilassato finalmente nella morte liberatrice sono il segno di una ricerca intensa che non dà spazio a preziosismi o a canoni di scuola, anche quando lo scultore “ricama” minuziosamente i bordi del sudario o si sofferma sugli strumenti della Passione posti ai piedi del Cristo. L’arte di Sanmartino si risolve qui in un’evocazione drammatica, che fa della sofferenza del Cristo il simbolo del destino e del riscatto dell’intera umanità. Leggi anche, su Molfetta Discute Magazine: Mistero e fascino del Cristo velato“,
4,0 / 5
Grazie per aver votato!

Sharing is caring!