Caos pazzesco! Governo inadeguato per la ripresa economica. Va cambiato!

Se Chamberlain era rimovibile nel momento in cui sull’Inghilterra piovevano dal cielo le bombe naziste sarà lecito, e non blasfemo, sperare che il Conte bis tolga le tende al più presto?

Giuseppe Conte si è accostato recentemente a Winston Churchill, il leader inglese della vittoria ma somiglia sempre di più all’incerto predecessore, Winston Churchill, che permise a Hitler di dilagare in Europa.

Abbiamo superato quasi tre mesi di lockdown. Il grande sconcerto è alle nostre spalle e cresce la consapevolezza di un cambio necessario e duraturo di abitudini. E’ questo il momento nel quale cresce l’esigenza di risposte serie e concrete sul futuro. Anche perché sarà necessario chiedere sacrifici e i sacrifici possono essere domandati se il richiedente trasmette consapevolezza e padronanza delle sue azioni. Ma non possono esser chiesti all’infinito e, soprattutto, non se si dà l’impressione di procedere alla cieca. L’assioma in base al quale, imperante il Coronavirus, il Presidente del Consiglio e la squadra dei ministri sia inamovibile, non è più convincente. Si può e si deve cacciare un Governo confusionario, indeciso su tutto, che non ha un piano serio per la ripresa del paese dal terribile shock economico che è seguito a quello pandemico.

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La debolezza e la confusione è evidenziata anche dall’incapacità di garantire, da parte del governo, una linea di intervento unica – anche se differenziata sulla base di dati oggettivi -, con le singole Regioni che si stanno muovendo in ordine sparso e che stanno utilizzando la propria autonomia per sopperire alle mancanze del centro. Grave sofferenza economica per migliaia di famiglie; rischio fallimento per altrettanti imprenditori; provvedimenti complessi, confusi e inefficaci; disagio psicologico da reclusione e per convivenze forzate; aggravarsi di malattie preesistenti a causa della mancanza di controlli e cure, data la percezione di “pericolosità” degli ospedali, sono elementi che alimentano la genesi di una vera e propria “bomba sociale”.

Prendiamo ad esempio il famoso “bazooka di Conte“, quello degli strombazzati 400 miliardi di garanzie pubbliche. Nel decreto c’è una norma più urgente di ogni urgenza economica, il contributo di 25 mila euro alle piccole imprese che stanno asfissiando. Credete sia facile averli? In Germania il piccolo aiuto pubblico arriva direttamente sul conto corrente. Qui devi produrre la copia degli ultimi bilanci con relativi verbali, il dettaglio dei conti, la ricevuta di deposito alla camera di commercio, il Durc, il Durf, il Dm 10 e la situazione degli affidamenti bancari, i debiti tributari e le carte del mutuo o del leasing. Un casino pazzesco! E poi, che dire dell’ultimo “decreto” ancora non pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.  “Se durante tutto questo periodo si è dimostrato non all’altezza del suo compito – come ha spiegato in un suo video intervento il Sen. Antonio Azzollini parlando di questo governo – oggi comincia a diventare irritante e profondamente nocivo per l’Italia intera”. Riferendosi al nuovo decreto legge, l’ex Presidente della Commissione Bilancio del Senato si è chiesto: “ma come è possibile che mentre tutti dicono che c’é bisogno di semplificazione, norme chiare, leggibili e poche, il governo mette fuori un provvedimento di oltre 500 pagine e di alcune centinaia di articoli?”. E’ chiaro che quest’ultimo provvedimento, annunciato ad aprile, non ancora approvato a maggio, ancora più complesso rispetto ai precedenti, va nella direzione opposta alla tempestività degli interventi utili a favorire una veloce ripartenza economica.

L’azione del Governo, in relazione al momento storico che l’Italia sta vivendo, è inadeguata. Si dovrebbe affrontare l’emergenza, con le relative misure economiche, al pari di un’economia di guerra, mentre invece il Governo non sta comprendendo le priorità economiche, sociali e politiche. Inutile forse aggiungere che questa palese inefficacia dei provvedimenti “conditi” da un inestricabile caos normativo, questa situazione di confusione totale non più e non solo sanitaria, ma soprattutto politico-economica non può durare a lungo. E’ presumibile che prima o poi arriverà l’ora del redde rationem e la situazione gravissima imporrà un governo di unità nazionale. D’altro canto, chi conosce un po’ la storia sa che si è sempre fatto ricorso a governi di unità nazionale nei periodi di guerra o di grande depressione.

Winston Churchill, il 13 maggio 1940, prese il posto di Arthur Chamberlain alla guida della Gran Bretagna, dopo che questi era stato dimissionato in malo modo dal Parlamento nel momento più critico del conflitto con la Germania nazista. Le cronache dell’epoca diedero grande risalto alle parole del deputato Leo Amery che nel suo discorso per la sfiducia al Primo ministro Chamberlain, parafrasando Oliver Cromwell, esclamò: “Siete rimasto seduto troppo a lungo, quale che sia il bene che avete fatto. Andatevene, vi dico, e liberateci dalla vostra presenza. In nome di Dio andatevene!”.

Se Chamberlain era rimovibile nel momento in cui sull’Inghilterra piovevano dal cielo le bombe naziste sarà lecito, e non blasfemo, sperare che il Conte bis tolga le tende al più presto?  L’epidemia ha messo al tappeto il morale degli italiani creando un clima da sospensione della vita collettiva che non si era mai visto prima e che non poteva reggere ancora più a lungo. Nel contempo, è finito in ginocchio il nostro sistema economico. Per come si sono messe le cose il contraccolpo sulla capacità produttiva nazionale non è lieve e, soprattutto, non è reversibile nel breve periodo. Ci vorranno anni per rimediare al danno economico che si è abbattutto su intere filiere produttive questo lo sappiamo già. La crisi è tale che da solo il settore privato non ce la farà a rialzarsi. Occorreva un intervento dello Stato in forma massiccia per tentare di rimettere in moto l’economia ma questo intervento serio, vero, cospicuo efficace ed immediato non c’è stato. Non servivano i pannicelli caldi, ma interventi di rilevanti dimensioni economiche e normative per riavviare la macchina produttiva. Nulla di tutto ciò abbiamo visto sino ad oggi.

Qui bisogna intendersi. Ci sono almeno due modi per affrontare la crisi: o lo Stato decide di distribuire risorse a pioggia per garantire sostegno finanziario alla popolazione in sofferenza, quindi  welfare, puntando a riattivare il ciclo dei consumi interni, oppure sceglie di concentrare liquidità sull’implementazione di un grande piano d’investimenti in opere pubbliche destinato principalmente all’ammodernamento infrastrutturale. Questo governo, ad oggi, non è riuscito a fare nè una cosa, nè l’altra. Per questo semplice ma grave motivo, doveva essere già cacciato!

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