Sovereto, la magia del misterioso santuario

Culti, miti e tradizioni che affondano le loro radici nella notte dei tempi. Prosegue “il viaggio” nella Puglia dei misteri

Icona di Maria SS. di Sovereto. Icona di Maria SS. di Sovereto. La tavola in ciliegio, che risale al 1000 o tutt’al più al 1100, ha subito nel corso della storia delle alterazioni legate al rifiorire del culto e nel ‘700 il dipinto è stato alterato e adattato ai gusti di quel periodo storico.

Itinerari più o meno conosciuti, misteri, leggende e storie fantastiche ed affascinanti strettamente legate all’Apulia, la seconda regione più antica d’Italia, incontro tra Oriente ed Occidente, il tacco dello stivale, terra di tutti e nessuno, la splendida, mitica, inarrivabile terra che amò lo Stupor Mundi, il Puer Apuliae, il Primo Re d’Italia, Federico II, un uomo  fuori dal suo tempo.

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Sovereto, Fraz. di Terlizzi, in provincia di Bari, un altro dei più affascinanti e misteriosi luoghi di Puglia, crocevia per i pellegrini in transito lungo l’antica via Appia verso la Terrasanta e da sempre “centrum” di antiche conoscenze e scrigno di antichi segreti.

Si pensa che in quel luogo, in un’epoca molto remota, fosse praticato il culto antichissimo degli “Omphalos” (dal greco Ombelico) che si basa principalmente sull’esistenza di punti di forza sulla Terra in cui si incontrerebbero energie terrestri e divine.

Questo concetto è riscontrabile sia nella Bibbia che in numerosissime civiltà megalitiche. Fin dal periodo protostorico il sito doveva essere ritenuto un “Omphalos”, un luogo ove, con una accezione simile all’Etemenanki biblica, il “divino” si unisce con il “terrestre” e dove non c’è confusione di lingue. Il concetto di centro sacro lo troviamo in moltissime tradizioni che tagliano trasversalmente l’intera Europa, dall’Italia alla Grecia, dalla Bretagna alla Scandinavia. Il culto viene descritto già in Pausania che narra di pietre sacre e nella stessa Genesi, esso è l’idea di una proiezione in terra di un centro celeste, il “loco” ove dimorano gli dei. In Omero, per esempio, l’isola di Ogigia è detta l’ombelico del mare, è solo in questo luogo, ove umano e divino possono dialogare, che Ulisse incontra una dea, Calipso, l’elemento femminile che lo rigenera, lo rinsavisce e finché vi rimarrà potrà esser immortale.

Complesso di S. Maria di Sovereto. Chiesa di S. Maria e ex oratorio di S. Marco. Ph. Dario Lazzaro Palombella

Da sempre il primitivo ha così cercato di indicare ai suoi simili questi mistici luoghi di culto, questi “centri sacri” con Betili e Menhir, tradizione che già ritroviamo nella Bibbia ove si narra di Giacobbe che, durante il suo viaggio “essendo giunto in un certo luogo, e volendo riposarsi dopo il tramonto del sole, prese una delle pietre che stavano per terra e, ponendola sotto la testa, dormì in quello stesso luogo. E vide in sogno una scala che poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo, e vide anche alcuni angeli che vi salivano e vi scendevano. E in cima alla scala vi era il Signore, che gli diceva : ”io sono il Signore, il dio di Abramo, tuo padre, e il dio di Isacco. La terra sulla quale ti sei coricato la darò a te e alla tua discendenza”. Alla mattina, svegliatosi dal sonno e intendendo il potere della pietra che si era posto come guanciale, Giacobbe la alzò, la piantò sulla terra a mo’ di stele e sparse dell’olio sulla sua sommità e pronunciò queste parole: ”Questa pietra, che ho innalzato come tempio, sarà chiamata casa di Dio”: Bethel. E’ così, seguendo questo mistico filo d’Arianna che approdiamo all’Ogigia pugliese, il mistico omphalos di Sovereto.

Etimologicamente per diversi studiosi il suo nome sembrerebbe provenire da “Suberitum” e cioè da suber, sughero, ma intrigante è l’idea di una derivazione diversa, forse da “sovra ereto” o meglio “eretto sopra”, significato che fa pensare ad un qualcosa di importante sotto la contrada e che ci riporta nel grembo della madre terra. Del resto, già nelle campagne limitrofe, troviamo i segni di antichi rituali le cui pietre sono rimaste uniche e silenti testimoni, ed ecco così che nel vicino Bosco delle vergini sono presenti ben quattro menhir allineati, un piccolo leys, sicuramente molto più fitto in passato, ma che pian piano l’ignoranza popolare ha distrutto.

La leggenda vuole che nell’anno 1000 un contadino, alla ricerca di una sua pecora scomparsa dal gregge, trovasse, in una grotta, una icona della madonna e una lampada accesa. Nacque, così, il culto di S. Maria di Sovereto. Se esaminiamo attentamente la leggenda, essa nasconde echi di antichi culti pagani, i ricordi del culto della Dea Madre che riecheggiano nella mistica grotta, il ventre materno della dea, da sempre il primo luogo di culto dell’uomo primitivo e nella pecora, o meglio ancora nella capra, animale totemico della divinità, si rende essa stessa immanente nell’animale.

Complesso di S. Maria di Sovereto. Arco di accesso

Così, l’antica raffigurazione di una divinità pagana, madre e vergine, si trasformerà, con l’avvento della religione Cristiana, nella Madonna dal volto scuro, la Bruna Virgo di Sovereto, l’”eretto sopra”, il ventre della sacra dea, oggi magari identificabile con lo stesso ipogeo presente al di sotto la grata presente nella chiesa.

Da sempre il sito, ricco di fascino e mistero ha attratto pellegrini e cavalieri medievali, richiamati anche dai taumaturgici poteri, e diventando così importante crocevia di quel “movimento” di pellegrini e guerrieri che oggi definiremmo crociata, termine anacronistico gia che si iniziò ad usare solo verso il Due-Trecento, e che in realtà veniva comunemente definito con “iter”, “auxilium”, “succursum” o infine “passagium”.

A sottolineare la particolare valenza simbolica del luogo, non manca la presenza di alcune Triplici Cinte. Se ne possono individuare due all’esterno del complesso, nella piazzetta antistante la chiesa, su una panca posta a fianco di una cisterna per l’acqua.

Ma ancora più importante è la Triplice Cinta che si trova all’interno della chiesa, su una delle lastre di pietra che ricoprono il pavimento, che ancora si conserva originale. Il simbolo si trova davanti l’altare, sulla sinistra, poco distante dall’ingresso della sacrestia ove si trovano alcuni affreschi molto interessanti.

La “triplice cinta” è un disegno che ritroviamo in moltissimi punti sacri e rappresentato da tre quadrati concentrici e da dei segmenti che uniscono i punti mediani dei lati. Infatti tali strutture o simboli sarebbero il mezzo stesso per indicare la presenza di un ombelico.

Una spiegazione su cosa sian davvero questi centri potrebbe esser desunta dalla teoria dei leys. L’idea nacque negli anni ‘20 in Inghilterra quando Alfred Watkins scoprì che molti siti megalitici erano allineati secondo delle direttrici preferenziali, direttrici successivamente chiamate leys. Oggi si parla di una vasta rete che collega siti megalitici di tutta Europa creando una fitta maglia, una maglia di energie sottili che scorrono all’interno della terra, spesso seguendo corsi d’acqua sotterranei, e che si addenserebbero in punti particolari, appunto gli omphalos.

Ben poco rimane oggi dell’antico impianto decorativo della chiesa: si notano, sull’abside, resti di affreschi rappresentanti il Cristo Pantocratore ed alcuni Apostoli. La presenza dei Cavalieri del Tempio a Sovereto, non condivisa da storici locali e dalla Chiesa, sarebbe dimostrata dalle lastre sepolcrali presenti nel santuario della Madonna. Sul pavimento si possono vedere tre lastre tombali di Cavalieri, una delle quali, in particolare, reca una croce patente sul mantello. Una di queste lastre tombali era del precettore templare Ramondo De Bolera, mentre sul pavimento vicino al centro dell’ altare vi è la lastra sepolcrale di un cavaliere teutonico. Un’altra croce, questa volta a “coda di rondine”, come quella dei Cavalieri Gerosolimitani, compare dietro l’acquasantiera, seminascosta dietro uno stemma nobiliare.

A Sovereto, dunque, vi erano insieme Cavalieri Templari e Teutonici, che sorvegliavano un luogo troppo importante, ritenuto un forziere naturale di forze cosmiche che confluirebbero nell’omphalos. Se dal punto di vista storico, però, non è possibile affermare con assoluta certezza la presenza dei Templari a Sovereto, è possibile però ipotizzarlo tenendo conto della simbologia riscontrabile all’interno del Santuario.

Sovereto, Triplice Cinta interna

Ancora, sempre sul pavimento interno, si nota la raffigurazione di un albero, con tre grandi radici che si aprono a ventaglio come una specie di “zampa d’oca”, ed i rami provvisti di foglie che si allargano nella direzione opposta: questa figura è stata interpretata come l’Albero Cosmico (o Albero della Vita), il tramite tra Cielo e Terra, tra “ciò che è in alto” e “ciò che è in basso”.

Un piccolo vano laterale, che un tempo ospitava la Torre dell’Ospedale, e che oggi funge da sacrestia, appare affrescato con una complessa simbologia esoterica. Sulla volta, infatti, si nota uno stuolo di Stelle Polari.

Sulla destra, vediamo comparire due noti simboli a carattere dualistico: la scala a doppio piolo, che avvicina o allontana dal Signore, simbolismo che si ricollega anche alla Scala di Giacobbe che univa cielo e terra (come l’Albero della Vita sul pavimento della navata), e la scacchiera, che nell’alternarsi di caselle bianche e nere (ma qui, in realtà, il colore nero è sostituito dal rosso, con il quale sono tracciate anche le altre figure), oltre a segnalare l’inscindibilità del Bene e del Male, richiama il Beauceant, il vessillo templare.

Sul lato sinistro, invece, troviamo un ottagono formato da due quadrati sovrapposti e ruotati l’uno rispetto all’altro di 45°, ed una vistosa croce greca bianca in campo rosso. Ci troviamo ancora di fronte ad un simbolo dualistico (i due quadrati), che in più richiama tutta la simbologia associata al numero otto. Accanto, un vistoso sole raggiante, un esagono, un Fiore della Vita ed un altro strano “fiore” a quattro lobi, o petali cuoriformi, inscritto in un doppio cerchio, come “rosa mistica“. Ciò indicherebbe che si tratta di un posto “centrale” ed “energetico”.

Icona della Madonna di Sovereto

Ad avvalorare questa ipotesi vi è la presenza di altri numerosi particolari. In primis, nelle vicinanze del luogo sono stati individuati due menhir e vi sarebbe la presenza, sotto la chiesa, di un piccolo ruscello. Non a caso la Madonna era detta anche Madonna dell’Acqua dai pastori giunti a Terlizzi per la transumanza.

All’interno della struttura vi è anche un disegno raffigurante un uomo che risale da una scala immersa nelle acque. Probabilmente si riferisce alla persona che nel XII sec. rinvenne il quadro della Madonna all’interno di una grotta invasa dall’acqua.

L’icona della Madonna, realizzata intorno all’anno 1000, non sarebbe l’immagine originale, nascosta da un’altra e mutilata nel 1719. Esami ai raggi infrarossi compiuti in passato avrebbero confermato questo particolare, suffragato anche dalle differenze esistenti fra la Vergine ritratta nell’icona e la Madonna scolpita sull’arco di accesso al santuario di Sovereto.

Il Borgo di Sovereto è un luogo in cui storia e mistero convivono da millenni, in cui culti, miti e leggende, si coniugano in maniera quasi perfetta e continuano ancora ad affascinare in silenzio. Forse, le origini della Madonna Nera terlizzese sono altre. Potrebbero derivare dal culto druidico della Madre Terra, simboleggiata proprio da una vergine nera, rappresentazione della materia che anticamente veniva nascosta nel ventre della terra e nelle cripte degli edifici sacri. Veniva per questo chiamata Notre Dame de Dessous, cioè Nostra Signora di Sotto Terra. E non è tutto.

I luoghi in cui ci sono le Madonne Nere erano ritenuti sacri già in tempi remoti poiché vi si venerava una divinità celtica o pagana, hanno una stretta relazione con Commende Templari, presentano segni e simboli esoterici e sono vicini a dolmen, menhir, foreste sacre o fonti. Proprio come a Sovereto.

Affreschi di Sovereto: la “scacchiera”, simbolo del positivo e negativo, del bianco e del nero, del bene e del male, della guerra e della preghiera, dell’intelletto e della devozione; la “scala”, simbolo dell’eterno collegamento tra il mondo terrestre e quello celeste come nel sogno di Giacobbe, ma anche questa dal “duplice piolo” del bene e del male come le vie che portano o allontanano dal Signore. Simbolismo che ci riporta all’antica conoscenza dei cavalieri del Tempio basata sul dualismo.
Un “esagono” costituito da un doppio quadrato, una croce patente, un sole e ancora un esagono per terminare con una strana ruota dal doppio cerchio e dal quadruplice petalo. Il significato riporta ancora al dualismo precedentemente accennato, il doppio quadrato riporta però non solo al principio duale della Gerusalemme Terrestre e di quella Celeste che si fondano insieme nella creazione dell’ottagono, la figura che più si avvicina alla quadratura del cerchio per raggiungere la piena ascesi e la vera salvezza. L’ottagono, che ritroviamo poi anche successivamente, è così il simbolo del rinnovamento, della resurrezione e delle otto beatitudini evangeliche ma anche dell’Ordine, infatti una leggenda vuole che nell’anno di fondazione del corpo, il 1118, l’Arcangelo Michele apparve al fondatore Hugues de Payens dicendogli che il loro simbolo sarebbe stata “la croce inserita nell’ottagono”. Ma la resurrezione e purificazione può avvenire solo nella luce del Cristo e così ecco l’immagine del radioso sole, l’Anastasis spirituale, l’immagine del Sole-Hèlios impersonificata dal Cristo, espressione esso stesso del dualismo templare essendo uomo e dio.
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