Referendum: i cinque quesiti su cui gli elettori sono chiamati a pronunciarsi

Il 12 giugno saremo chiamati a votare per il referendum. Come ad ogni tipo di consultazione, si può anche votare scheda bianca. Per la validità della consultazione referendaria popolare infatti è necessario che si rechino alle urne metà degli aventi diritto al voto più uno.

“Qui non si gode asilo”. Molfetta, epigrafe della chiesetta di Sant’Irene.

Il 12 giugno dalle 7.00 alle 23.00, contestualmente alle elezioni amministrative dove previste, si vota in tutta Italia per il referendum sulla giustizia. La consultazione è stata promossa da Lega e Radicali.

Thank you for reading this post, don't forget to subscribe!

I quesiti proposti erano inizialmente otto, ma la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibili, per diverse ragioni, quelli in tema di legalizzazione della cannabis e dell’eutanasia (in realtà omicidio del consenziente) e di responsabilità civile diretta del magistrato (quella indiretta è già prevista). Ne sono rimasti cinque, di cui due potrebbero essere già in parte superati se passasse la riforma Cartabia in discussione in Parlamento, cui parzialmente si sovrappongono.

Il referendum abrogativo è valido se vota la maggioranza degli aventi diritto, dunque il 50% +1 degli italiani con diritto di voto. Chi vota sì è favorevole all’abrogazione delle norme contenute nei quesiti, chi vota no è contrario all’abrogazione.

Il titolo della prima scheda è: “Abrogazione del Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi”. Si tratta della cosiddetta “legge Severino”. Il decreto, voluto dall’allora ministra guardasigilli, prevede incandidabilità, ineleggibilità e decadenza automatica per i politici, (parlamentari e amministratori locali), che abbiamo riportato condanne penali, per reati non colposi. Coloro che sono eletti in un ente locale, come i sindaci, sono invece automaticamente sospesi dopo una sentenza di condanna di primo grado (quindi non in via definitiva, dato che nel nostro ordinamento sono garantiti tre gradi di giudizio). Se l’elettore vuole eliminare l’incandidabilità e l’incompatibilità per i politici condannati vota “sì”, altrimenti vota “no”.

Referendum del 12 giugno 2022, fac-simile della scheda rossa del primo quesito.

Il secondo quesito riguarda la limitazione della custodia cautelare. Le misure cautelari sono provvedimenti – decisi da un giudice – che limitano la libertà di una persona sotto indagine (quindi non ancora condannata). Alcuni esempi sono la custodia cautelare in carcere e gli arresti domiciliari. Oggi, le misure cautelari possono essere applicate solo in tre casi: se c’è pericolo 1) di fuga, 2) di alterazione di prove e 3) di ripetizione del reato (cioè se c’è il rischio che il reato continui ad essere commesso mentre la persone è sotto indagine). Se vince il “sì”, viene eliminata la ripetizione del reato dalle motivazioni per disporre misure cautelari. Rimangono il pericolo di fuga e di alterazione delle prove. Chi è per il “sì” sostiene che oggi ci sia un abuso delle custodie cautelari e che spesso si mettano in carcere persone non condannate, violando così il principio della presunzione di innocenza. La ripetizione del reato è infatti la motivazione più frequente per disporre una custodia cautelare. Negli ultimi trent’anni, circa 30 mila persone sono state incarcerate e poi giudicate innocenti e ancora oggi un terzo dei detenuti è in carcere perché sottoposto a custodia cautelare. Chi è per il “no” sostiene che se cambia la legge sarà molto difficile applicare misure cautelari a persone indagate per gravi reati, come corruzione, stalking, estorsioni, rapine e furti. Inoltre, non ci sarebbe alcuna garanzia di non mettere in carcere persone innocenti, poiché le altre motivazioni rimangono applicabili. Se l’elettore vuole eliminare l’applicabilità delle misure cautelari in caso di ripetizione del reato vota “sì”, altrimenti vota “no”.

Referendum del 12 giugno 2022, fac-simile della scheda scheda arancione del secondo quesito.

Il terzo tocca la separazione delle carriere dei magistrati. Nel corso della loro vita, i magistrati italiani possono passare più volte dal ruolo di pubblici ministeri (cioè coloro che si occupano delle indagini insieme alle forze dell’ordine e svolgono la parte dell’accusa) al ruolo di giudici (cioè coloro che emettono le sentenze sulla base delle prove raccolte e del contraddittorio tra l’accusa e la difesa). Se vince il “sì” i magistrati dovranno scegliere, all’inizio della loro carriera, se svolgere il ruolo di giudici oppure di pubblici ministeri, per poi mantenere quel ruolo per tutta la vita. Chi è per il “sì” sostiene che separare le carriere garantirebbe una maggiore imparzialità dei giudici, perché così sarebbero slegati per attitudini e approccio dalla funzione punitiva della giustizia che appartiene ai pubblici ministeri. In altre parole, il fatto che una persona che per qualche anno si abitui ad “accusare” e poi venga messa nella posizione di “giudicare”, non sarebbe una condizione ideale per il sistema democratico. Chi è per il “no” sostiene che la separazione delle carriere non sarà comunque efficace dato che la formazione, il concorso per accedere alla magistratura e gli organi di autogoverno dei magistrati resterebbero in comune. Inoltre, c’è chi teme che in questo modo i pubblici ministeri sarebbero sottoposti a un maggiore controllo da parte del Governo, finendo per diventare una sorta di “avvocati” della maggioranza che controlla l’esecutivo. Se l’elettore vuole che le carriere dei magistrati – giudici e pubblici ministeri – siano separate vota “sì”, altrimenti vota “no”.

Referendum del 12 giugno 2022, fac-simile della scheda scheda gialla del terzo quesito.

Il quarto quesito estende il diritto di voto dei membri laici nei consigli giudiziari. In Italia, i magistrati vengono valutati ogni quattro anni sulla base di pareri motivati, ma non vincolanti, dagli organi che compongono il Consiglio superiore della magistratura e il Consiglio direttivo della Corte di Cassazione. In questi organi, insieme ai magistrati, ci sono anche avvocati e professori universitari di diritto, ma soltanto i magistrati possono votare nelle valutazioni professionali degli altri magistrati. Se vince il “sì” anche avvocati e professori universitari avrebbero il diritto di votare sull’operato dei magistrati. Chi è per il “sì” sostiene che questa riforma renderebbe la magistratura meno autoreferenziale e la valutazione dei magistrati più oggettiva. Chi è per il “no” è convinto che non sia opportuno dare agli avvocati il ruolo di valutare i magistrati, dato che nei processi i pubblici ministeri rappresentano la controparte degli avvocati. Le valutazioni potrebbero, per questo motivo, essere pregiudizievoli e ostili. Allo stesso modo, i magistrati potrebbero essere influenzati dal trovarsi di fronte a un avvocato coinvolto nella sua valutazione professionale. Se l’elettore vuole che anche gli avvocati e i professori universitari possano valutare i magistrati vota “sì”, altrimenti vota “no”.

Referendum del 12 giugno 2022, fac-simile della scheda scheda grigia del quarto quesito.

Infine il quinto quesito riguarda l’eleggibilità dei magistrati al Csm. Il Consiglio superiore della magistratura è l’organo di autogoverno della magistratura: ha lo scopo di mantenerla indipendente rispetto agli altri poteri dello Stato e gestisce le assunzioni, i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari dei magistrati. È composto da 24 membri, eletti per un terzo dal Parlamento e per due terzi dai magistrati stessi. Oggi, per candidarsi, è necessario presentare almeno 25 firme di altri magistrati a proprio sostegno. Queste firme, oggi, sono quasi sempre fornite col supporto delle varie correnti politiche interne alla magistratura. Se vince il “sì” non sarà più necessario l’obbligo di trovare queste firme, ma basterà presentare la propria candidatura. Chi è per il “sì” sostiene che in questo modo i magistrati potrebbero sganciarsi dall’obbligo di trovare accordi politici e dal sistema delle correnti, così da premiare il merito piuttosto che l’adesione politica. Si limiterebbe anche la lottizzazione delle nomine, cioè la spartizione delle cariche tra i diversi orientamenti politici. Chi è per il “no” afferma che la riforma non eliminerebbe il potere delle correnti poiché interviene in modo poco rilevante. Ma c’è anche chi non vede le correnti come un sistema negativo in sé, in quanto aggregazioni di persone che condividono ideali e principi comuni. Se l’elettore vuole eliminare l’obbligo di trovare 25 firme per candidarsi al Consiglio superiore della magistratura vota “sì”, altrimenti vota “no”.

Referendum del 12 giugno 2022, fac-simile della scheda verde del quinto quesito.

Coloro che voteranno anche per le Elezioni amministrative saranno già in cabina elettorale per eleggere i propri rappresentanti quel giorno: a loro quindi verrà consegnato un bel malloppo di schede (sia per le elezioni sia per il referendum). In generale, quindi, bisogna votare “sì” se si vuole cambiare la legge attuale, oppure votare “no” se si vuole mantenere l’assetto corrente. Ma recarsi alle urne è già molto importante. L’elettore potrebbe anche decidere di votare scheda bianca. Per l’articolo 75, IV comma della Costituzione “La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi”. 

/ 5
Grazie per aver votato!

Sharing is caring!