Metodi educativi “old style”: il “volo dù spreduzze”

Una volta, quando le nostre mamme non ce la facevano più a sopportare le nostre lagne, a tollerare le nostre marachelle, passavano subito alle vie di fatto, senza timore alcuno. Da un racconto di Angelo Boccanegra

“L’artiglieria pesante” delle nostre mamme.

Una volta, soprattutto ai miei tempi, quando facevamo qualche marachella, le pantofole delle nostre mamme spesso “volavano” in una direzione ben precisa: il nostro sedere. Ebbene sì, la pantofola non spiccava mai il volo da sola, ovvio, ma erano le nostre mamme che in passato, quando occorreva (a loro insindacabile giudizio) le lanciavano verso di noi. Le mamme d’una volta, occorre dirlo, avevano una mira quasi infallibile: centravano quasi sempre l’obiettivo.

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Quando le nonne e le mamme non ce la facevano più a sopportare le nostre lagne, i nostri capricci, i dispetti propri dell’età adolescenziale, era il nostro culetto il destinatario della dose più dura di sculacciate, date con le mani, ma spesso con il battipanni, sino a far diventare il nostro posteriore rosso come quello di una particolare specie di scimmie.

Il battipanni era uno degli strumenti cardine dell’educazione “old style”. All’occorrenza, però, veniva utilizzato “u’ spredùzze” (la patofola), il cucchiaio di legno, la scopa ecc. le mamme d’una volta erano “molto fantasiose in materia”. Sovente “volavano” soprattutto le scarpe o le pantofole, prima di raggiungere l’obiettivo: noi, in pratica!

In passato le nonne ma soprattutto le mamme non si perdevano in chiacchiere o in ragionamenti di qualche tipo: agivano! Pensiero e azione erano pressocché simultanei! Ad ogni azione nostra, non gradita dalle mamme, corrispondeva sempre una reazione: per noi non era quella la terza legge di Newton (che non avevamo studiato ancora), ma era soprattutto la prima legge delle nostre mamme: ad ogni azione nostra, fuori dal consentito, corrispondeva una loro reazione contraria quasi istantanea. Una legge che non ammetteva certo deroghe in passato. Erano dolori quando ricorrevano “all’artiglieria pesante”: gli zoccoli di legno. Come diavolo erano pesanti le pantofole, gli zoccoli, le scarpe d’una volta. Più erano pesanti, più erano fatte bene, più centravano l’obiettivo: noi! E come facevano male!

Mi sono sempre chiesto se mia madre sapesse contare fino a cinque, soprattutto quando ci ultimava, prima di partire con il “lancio”:  “mo’ conde fine a tre!” (adesso conto fino a tre). Peccato però, che non arrivava neanche fino al due, il tempo per nascondermi ovunque fosse possibile non c’era proprio, e la mira era infallibile, come quella di un cecchino!

Non sempre, quando il colpo andava a segno, la reazione terminava, alle volte seguiva un supplemento di “mazzate” che aveva termine quando sentenziava: “mo’ ca’ vean atténde a’davé u’ reste” (quando viene tuo padre devi avere il resto). Terrore allo stato puro. Però dopo un po’ l’amore della mamma prendeva il sopravvento e tutto finiva lì: la “marachella” veniva segretata (e anche le “mazzate” conseguenti), per cui quando mio padre tornava dal lavoro, la sera, era sempre come se durante il giorno nulla fosse accaduto. Io, ma credo tanti altri come me (intendo tutti quelli della mia generazione), son venuto su con questi metodi che alle volte rimpiango. Noi imparavamo così quello che si poteva o non si poteva fare, le regole comportamentali, la buona educazione, e sono qui a raccontarlo con orgoglio.

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