“Fàsule a ghénghe”. Li conoscete? Li avete mai mangiati?

Forse non tutti conoscono questi preziosi legumi che, un tempo, rappresentavano uno degli alimenti più comuni nelle famiglie contadine. Questo antico legume sta tornando sulle nostre tavole tra ricette tradizionali e piatti innovativi

Cicerchie, arcaicamente dette dalle nostre parti “fàsule a ghénghe”

In molti si chiedono oggi cosa sono le cicerchie ma, se non le avete mai viste, non sarà difficile riconoscerle: le cicerchie sono molto simili a dei piccoli sassi, di colore bianco-grigio sporco o giallo opaco e di forma irregolare. Di varietà ne esistono moltissime, coltivate o sopravvissute in natura in quasi tutta Italia.

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Le cicerchie erano arcaicamente chiamate dalle nostre parti “fàsule a ghénghe” e tanti erano i contadini che le coltivavano. Per molti decenni sono scomparse dalle nostre tavole perché considerate nocive, seppur per secoli fossero state alla base della nostra alimentazione, specie nei periodi di carestia. L’elevato consumo di cicerchie, infatti, poteva provocare dei disturbi neurologici a causa di un particolare “acido” in esse contenuto; in quegli anni, però, ancora nessuno era a conoscenza del fatto che un ammollo e una cottura prolungata avessero potuto mettere fine a qualsiasi effetto negativo sull’organismo umano.

Gli elementi tossici, in ogni caso, ai nostri tempi, non dovrebbero più essere presenti nei legumi che portiamo in tavola: l’acido nocivo, infatti, si accumula nelle piante che hanno patito l’aridità, condizione che pare improbabile nelle coltivazioni moderne finalizzate alla vendita. Solo recentemente le cicerchie sono state riconosciute come un alimento sano e ricco di qualità, complici una rinnovata attenzione verso le cucine povere di una volta e le tendenze vegetariane.

Vanno cotte come tutti gli altri legumi. Si lavano dalle impurità, si mettono in ammollo in acqua dalla sera precedente, e si cucinano a fuoco lento. Ultimata la cottura, si condiscono con pomodoro, aglio, foglia d’alloro, olio e sale. Questo legume, si sposa bene con “le félateidde spézzate” (spaghetti spezzati) o con “ré gréngheraise” (riso), come lo chiamavano i nostri avi.

Buon appetito.

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