Ricordi di un tempo lontano, quando non c’era il problema dello smaltimento dei rifiuti anche perché non si buttava via niente. Da un racconto di Angelo Boccanegra

“Pezze vecchie e robbe vecchie” in cambio sempre di qualcosa da utilizzare in un tempo in cui non si buttava via davvero niente…
Altro che raccolta differenziata, un tempo si riciclava davvero tutto. Alla fin fine, non si buttava via davvero niente! Quando passava per le strade quel mezzo davvero strano, stracarico di tutto e del contrario di tutto, tutti gli indumenti usati si conferivano per il loro riuso in cambio “De ne stecche de chennìdde” (di una stecca di mollette per stendere i panni) o “ne cònghe” (una tinozza) o “dù nù pare de pedale” (un paio di calzini).
“Pezze vicchie e robbe vecchie” era il grido che echeggiava fra le vie di Molfetta fino agli inizi degli anni Settanta. Con il suo carretto trainato da un mulo o un asinello, poi successivamente con un furgoncino, l’ambulante raccoglieva un po’ di tutto, attrezzi in disuso o inutilizzabili, oppure anche indumenti e coperte malandate. Si trattava in buona sostanza di un baratto: in base alla quantità e al peso, in cambio l’operatore offriva un certo numero di piatti nuovi, oppure dei recipienti di plastica o mollette per la biancheria. Non tutti in tentativi di scambio andavano a buon fine però. L’addetto a questa meritoria attività di recupero di quei bei tempi andati poteva rifiutare lo scambio con una frase che ha dato origine anche ad un detto molfettese molto in voga fino a qualche decennio fa utilizzato per eticchettare cose senza valore: “nen vale menghe né stecche de chennìddé”.
In quei tempi non c’era la cosiddetta “civiltà dei consumi” e il rifiuto non era affatto un problema, anzi! Era quasi sempre una risorsa. Quasi tutto si poteva barattare, il riciclo in molti casi era sempre possibile. Le pratiche del riciclo e del riuso, prepotentemente tornate alla nostra attenzione negli ultimi anni, non erano però alla base delle attività domestiche ma anche di quelle produttive del passato. Oggi sono giustificate dal problema enorme dello smaltimento dei rifiuti, mentre in tempi ormai lontani, avevano motivazioni di tipo economico, in quanto consentivano di evitare l’acquisto di ulteriori materie prime necessarie per produrre nuovi oggetti.
In passato, nel campo della produzione dei manufatti e nella pratica quotidiana, eravamo tutti guidati da un forte istinto di autoconservazione, lo stesso che l’umanità attuale, paradossalmente più istruita e consapevole dei rischi a cui va incontro, pare stia smarrendo. Non si spiegherebbero diversamente, infatti, sia lo sfruttamento insensato delle risorse naturali che l’inquinamento perseverante del suolo, dell’aria e dell’acqua.