Circa l’8% delle dosi è stato somministrato a persone che non ricadono nella classificazione prevista

Circa l’8% delle somministrazioni effettuate fino a ieri [9 cm, ndr] in Puglia è classificato nella categoria «altro». Tante in numero assoluto (56mila su 708mila), ma altrove (il Lazio è al 20% su 1.200.000) sono anche di più. Fatto sta che ieri gli uffici del commissario Francesco Paolo Figliuolo hanno chiesto per la seconda volta alla Regione di spiegare cosa ci sia dentro quell’«altro»: la prima richiesta di dati, la scorsa settimana, era infatti caduta nel vuoto. L’etichetta «altro» viene appiccicata a chi non appartiene alle sei categorie codificate dal primo piano vaccinale (operatori sanitari, personale non sanitario, ospiti delle Rsa, anziani, personale scolastico, forze dell’ordine). In «altro» potrebbero essere finiti sia i pazienti fragili che gli ormai famigerati caregivers (i «badanti» di disabili e persone non autosufficienti), in attesa di una nuova codifica. Ma, teme il Nucleo degli ispettori sanitari pugliesi, quel calderone anche potrebbe contenere una buona parte dei cosiddetti «furbetti»: ad esempio mogli e figli di medici, avvocati, impiegati e tutte le persone che – secondo il Nirs – avrebbero ottenuto una somministrazione del vaccino senza averne titolo.

Ieri [9 aprile, ndr] i Nas su delega del pm barese Baldo Pisani hanno acquisito una relazione del Nirs. L’obiettivo è verificare se corrisponda al vero che una dose su 5 sia stata somministrata a persone che non rientravano nelle categorie via via previste dalle 19 circolari del dipartimento Salute: una valutazione che però il coordinatore del nucleo degli ispettori, l’avvocato Antonio La Scala, dice di non aver mai fatto. «Non è possibile – dice La Scala – fornire alcun dato o percentuale di presunti furbetti, a fronte di una ispezione amministrativa ancora in corso ed i cui risultati saranno comunque coperti da riservatezza. Ciò che emerge, e di cui ho parlato, sono questioni generali a proposito della mancanza di linee guida per definire esattamente chi debba intendersi come operatore sanitario».
I nodi problematici però sono molti. L’ultimo caso in ordine di tempo è scoppiato tra Pasqua e Pasquetta con i caregivers: anche due o tre per ciascun disabile per il quale è prevista la vaccinazione di un accompagnatore, presentando una semplice autocertificazione. Talmente semplice che a partire da giovedì, dopo che le Procure di Bari e Lecce hanno fatto scattare accertamenti, gli ambulatori hanno tirato il freno: è stato predisposto un nuovo modello di autocertificazione, più preciso, che verrà utilizzato da lunedì. Nel fine settimana i centri pubblici si dedicheranno soltanto a completare le prime dosi per gli ultraottantenni e per alcune categorie di pazienti fragili.
Per rispondere al commissario Figliuolo la Regione dovrà dunque ri-classificare le 56mila persone ora contenute nella categoria altro. Si tratta di un lavoro difficile, per non dire impossibile: il database contiene in realtà una sottocategoria che può consentire una revisione dei dati, ma quando questa indicazione manca si dovrebbe procedere a richiamare la persona interessata. Un delirio. «In realtà – spiega chi si sta occupando di questi problemi – la mancanza di categoria è spesso dovuta alla necessità di andare velocemente: per effettuare le 18 vaccinazioni all’ora per postazione richieste dalla Regione le verifiche documentali devono essere necessariamente rapide». Spesso, insomma, gli ambulatori prendono per buona la prima risposta, pur di andare avanti e vaccinare.
Di Massimiliano Scagliarini
Fonte web: La Gazzetta del Mezzogiorno, articolo del 10 Aprile 2021