Molfetta verso la fine del Seicento: racconto di Giovan Battista Pacichelli

Veduta della Città di Molfetta. "Del Regno di Napoli in Prospettiva", G. B. Pacichelli, Napoli 1703. Incisione di Francesco Cassiano de Silva, autore delle tavole geografiche e delle ‘prospettive’ dei principali centri urbani del Regno.

Com’era realmente Molfetta in passato? Come la vedevano i viaggiatori del Passato? Una straordinaria ed efficace descrizione della città, com’era nel 1680

Veduta della Città di Molfetta. “Del Regno di Napoli in Prospettiva”, G. B. Pacichelli, Napoli 1703. Incisione di Francesco Cassiano de Silva, autore delle tavole geografiche e delle ‘prospettive’ dei principali centri urbani del Regno.

Le motivazioni che spingono gli uomini a viaggiare verso la fine del Seicento, differiscono da quelle dei secoli precedenti. Alla base non vi sono più motivi esclusivamente pratici, ma anche motivi culturali.

A partire dalla seconda metà del Settecento, i viaggi si moltiplicano e vi partecipano uomini di ogni categoria. Goethe è uno dei precursori di questa tipologia di viaggio, preparato e mosso da una fervida curiosità, egli osserva e analizza tutto con precisione.

L’Italia era la terra “ideale” per il viaggiatore. Già chiamata “Bel Paese” da Dante e Petrarca, era meta privilegiata per gli uomini di cultura e politica, per studiosi di scienze e arte, per commercianti e clero, artisti liberi e per chi cercava luoghi di cura in paesaggi ameni.

Nel 1697, nella guida “An Italian Voyage” di Richard Lassels, compare già il concetto di Gran Tour: un itinerario di piacere e di istruzione attraverso le bellezze naturali e le meraviglie dell’arte sia classica che medioevale che rinascimentale, di cui era ricca tutta la penisola. Per tali ragioni il Settecento è definito il “secolo d’oro” dei viaggiatori e coincide, a partire dal 1748 fino al 1797, con un lungo periodo di pace per l’Italia. Le origini del Tour si possono trovare nel XVI secolo ma toccò il suo apice nei secoli tardo XVII E XVIII. C’erano anche gli italiani che viaggiavano, però, in quel periodo storico, che percorrevano l’Europa, ma anche l’Italia stessa.

Giovan Battista Pacichelli, storiografo e abate italiano della chiesa cattolica, fu un grande e appassionato viaggiatore che negli anni percorse quasi tutta l’Europa. Nacque a Roma, verso il 1640, da una famiglia di origini pistoiesi distintasi per «fatti d’arme» e «benemerenze ecclesiastiche». Compiuti a Pisa gli studi giuridici, si laureò a Roma in Teologia, e nel 1672 ricevette da papa Clemente X l’incarico di Uditore Generale della Nunziatura Apostolica per la conferenza di pace di Colonia, ove si recò l’anno dopo. Da allora in poi realizzò una serie di viaggi in giro per l’Europa, di cui pubblicò dettagliate relazioni in forma epistolare.

Veduta della Città di Giovinazzo. “Del Regno di Napoli in Prospettiva”, G. B. Pacichelli, Napoli 1703. Incisione di Francesco Cassiano de Silva.

Dopo alcuni brevi soggiorni, a Roma e a Parma, il Pacichelli si stabilì definitivamente a Napoli nel 1683, occupandosi dei suoi studi storici e della preparazione della sua opera più nota, pubblicata postuma dopo la sua morte a Roma nel 1695: “Il Regno di Napoli in prospettiva diviso in dodeci provincie, in cui si descrivono la sua metropoli fidelissima città di Napoli, e le cose più notabili, e curiose, e doni così di natura, come d’arte di essa: e le sue centoquarantotto città, e tutte quelle terre, delle quali se ne sono havute le notitie: con le loro vedute diligentemente scolpite in rame, conforme si ritrovano al presente, oltre il Regno intiero, e le dodeci provincie distinte in carte geografiche … con l’indice delle provincie, città, terre, famiglie nobili del Regno, e quelle di tutta Italia. Opera postuma divisa in tre parti dell’abate Gio. Battista Pacichelli, In Napoli, a spese del Parrino e del Mutio, 1703 “, in 3 volumi(ultima ristampa anastatica a cura della Forni Editrice, Sala Bolognese, 2008). Anche in quest’opera, l’abate fece confluire i suoi studi prediletti di carattere corografico, storiografico ed etnografico, facendo tesoro dell’esperienza diretta della visita ai luoghi, grazie ai numerosi viaggi che lo portarono a percorrere l’intero Regno di Napoli.

Il Pacichelli intraprese ben quattro viaggi ufficiali in Puglia, aventi come meta la città di Altamura, ove si recava in qualità di “visitatore” per conto del suo signore, Ranuccio II Farnese, VI duca di Parma e Piacenza. I resoconti di questi viaggi furono pubblicati nelle Memorie de’ viaggi per l’Europa Christiana (1685) e nelle Memorie novelle de’ viaggi per l’Europa cristiana (1690), opere di piacevole lettura, ricche di notizie erudite e di osservazioni interessanti sugli usi e i costumi locali.

Veduta della Città di Bisceglie. “Del Regno di Napoli in Prospettiva”, G. B. Pacichelli, Napoli 1703. Incisione di Francesco Cassiano de Silva.

In realtà, nei suoi viaggi, per quanto gli fosse consentito, cercò sempre di muoversi in incognito, per evitare eccessivi riguardi nei suoi confronti, per via del suo ufficio, e per seguire indisturbato un proprio itinerario dettato dal suo intimo piacere di conoscere luoghi mai visti prima, verificando di persona ciò che gli era noto per sentito dire o che conosceva solo dai libri. Le sue relazioni costituiscono un prezioso documento per conoscere come si viaggiava in Puglia a fine Seicento, e capire quali impressioni suscitassero i nostri luoghi agli occhi di un uomo colto ed esperto, quale era il Pacichelli.

In occasione del suo primo viaggio in Puglia, l’abate visitò le province di Capitanata e di Terra di Bari, presumibilmente verso la fine dell’autunno del 1680, come risulta dall’attestato di Comunione rilasciatogli a Monte Sant’Angelo (datato 27/11/1680), presso quella che definì la “Celeste Basilica”. Nelle varie tappe usava prendere nota di ciò che attirava il suo interesse, per poi rielaborare ed ampliare i suoi appunti a Napoli, dove pubblicò le sue relazioni.

Tra il 1680 e il 1687, invitato da Rinuccio II Farnese, duca di Parma, compì quattro viaggi in Puglia. Frutto di tali viaggi sono quattro resoconti di estrema importanza poiché si tratta di fonti di prima mano, introdotte e commentate da Michele Paone. Il primo resoconto è interamente dedicato alle province di Capitanata e della Terra di Bari; più breve e meno avventuroso del precedente fu il viaggio affrontato nella primavera del 1684, che gli consentì di raggiungere per la prima volta la Terra d’Otranto; nel 1686 percorse le Terre della Daunia fino al Capo d’Otranto dove ritornò l’anno successivo per il suo quarto e ultimo viaggio pugliese.

Veduta della Città di Trani. “Del Regno di Napoli in Prospettiva”, G. B. Pacichelli, Napoli 1703. Incisione di Francesco Cassiano de Silva.

Le sue relazioni costituiscono un prezioso documento per conoscere come si viaggiava in Puglia a fine Seicento, e capire quali impressioni suscitassero i nostri luoghi agli occhi di un uomo colto ed esperto, quale era il Pacichelli. Per tutto del 1680 l’abate rimase a Molfetta, quindi ebbe modo di conoscerla e viverla in maniera sufficiente. Ecco la sua straordinaria ed efficace descrizione della città di quel tempo.

«Da’ Popolani vien ella ancor nominata Morfetta, e Marfatta: ma con erudita censura, Melfeta, quasi una già picciola Melfi, hoggi di competente giro e grandezza. Posa in un bel territorio, fecondato dalla Natura, di Olio, di Mandorle, Aranci, Limoni e altri frutti esquisiti, alle rive del Mare Adriarico, giovevole à lei non poco per lo commercio. Ella è civilissima e bene, molto habitata, con le vie però alquanto lorde, al solito della Puglia. Trattiene diversi Ordini Regolari, e nel Borgo uno splendido Collegio, di architettura moderna, con vago tempio, aggradevol Giardino, e buona Libraria de’ Padri Giesuiti, non lontano dal Convento grande, e chiesa divota de’ Padri Osservanti di S. Francesco.»

Alcune cose non sono cambiate, altre invece si fa fatica solo ad immaginarle. Per ulteriori approfondimenti consigliamo la lettura dell’interessante studio di Marco Ignazio de Santis “Molfetta nella descrizione di viaggiatori del Settecento”.

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