L’anno che verrà: i riti scaramantici per il nuovo anno di ieri e oggi

Dal cibo agli abiti, dai gesti ai botti, le usanze portafortuna che dovrebbero aiutarci a catturare la buona sorte e convincerla a riservarci un occhio di riguardo per il nuovo anno. Ricordi del Capodanno di una volta. Da un racconto di Angelo Boccanegra

Il cotechino con lenticchie è uno dei piatti tipici della tradizione culinaria italiana. Il suo consumo è strettamente legato alla festività del Capodanno, merito di un valore, oltre che culinario, anche di tipo simbolico. Rappresenta l’abbondanza e viene servito come buon augurio per un nuovo anno prospero e redditizio, in particolar modo dal punto di vista economico.

Simboli e riti scaramantici con radici storiche molto antiche, “segnano” il fatidico passaggio tra l’inizio di un nuovo percorso e la fine di qualcosa. Mancano pochi giorni alla mezzanotte del 31 dicembre 2021, scopriamo insieme le varie usanze e, perché no, mettiamone in pratica qualcuna se siamo del parere che “non è vero, ma ci credo!”

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L’ultimo dell’anno rappresenta per molti di noi un momento in cui si fanno delle riflessioni sui giorni vissuti durante l’anno trascorso, tra alti e bassi; si riflette sui buoni propositi disattesi e sui progetti falliti o parzialmente realizzati; si tirano le somme, in buona sostanza, senza fare sconti a nessuno ma soprattutto a noi stessi, confidando in un anno migliore, senza però rimanere completamente inerti. Tanti sono infatti i rituali che accompagnano i festeggiamenti di fine anno, quasi tutti legati a riti scaramantici che dovrebbero, secondo le convinzioni popolari, molto diffuse in passato, in parte non ancora scomparse, favorire un nuovo anno prospero, ricco o quantomeno sereno. Molte sono le usanze antiche di fine anno delle quali non ricordiamo neppure l’origine, altre sono relativamente recenti e arrivano da Paesi lontani.

I botti di Capodanno che celebrano il passaggio tra la fine e l’inizio del nuovo anno, per esempio, servivano un tempo a scacciare gli spiriti maligni, a dare il benvenuto agli spiriti benevoli del presente e del futuro. Il fuoco doveva bruciare i residui cattivi dell’anno trascorso e rischiarare il cammino dell’anno nuovo; il rumore, inoltre, doveva spaventare le forze e le energie negative allontanandole.

Il melograno, che tanti di noi acquistano per l’ultimo dell’anno, è simbolo di fertilità e buona sorte, in virtù del suo colore rosso, dei chicchi dolci e succosi e del guscio che protegge il contenuto del frutto che dà energia a chi lo mangia.

Il vischio, serviva per augurare prosperità e ricchezza; baciarsi sotto il vischio è uno dei riti pagani più noti per garantire lunga vita a una storia d’amore. Mangiare le classiche lenticchie, secondo la tradizione, serviva per garantirsi ricchezza nell’anno nuovo. L’usanza deriva da un antichissimo rito pagano e, per portare fortuna e prosperità, bisognava mangiarle a mezzanotte in punto. Stessa cosa valeva per i chicchi di uva, anche un bel grappolo doveva favorire i movimenti di denaro in entrata: secondo un’antica usanza occorreva mangiarne dodici chicchi mentre scoccavano i rintocchi della mezzanotte dell’ultima notte dell’anno, come auspicio di abbondanza, dopo aver indossato, magari, qualcosa di rosso come porta fortuna. Indossare biancheria intima di colore rosso, l’ultimo dell’anno, è ancora di buon auspicio sia per le donne che per gli uomini. Forse non tutti sanno, però, che per portare veramente fortuna, l’intimo deve essere buttato via il giorno dopo.

Un tempo si gettavano dalle finestre, dopo la mezzanotte, i cocci vecchi, non più utilizzabili o riparabili. Questo era un gesto che simboleggiava l’eliminazione del male morale e fisico dell’anno appena trascorso. Se dovessimo mettere in atto questo rito scaramantico, per la fine di questo terribile 2020, dovremmo buttare dalle finestre parecchio vasellame. Scherzi a parte (ma non del tutto), buttare le cose vecchie, con l’inizio del nuovo anno, allo scoccare della mezzanotte, è un segno di buon auspicio per l’anno nuovo, un cambiamento positivo per il futuro.

Tanti sono i miei ricordi dei festeggiamenti dell’ultimo dell’anno, in casa, con tutta la famiglia riunita sin dalla mattina; i preparativi vari che impegnavano tutta la vigilia, fra pranzi e giochi poi interrotti dieci minuti prima dello scoccare della mezzanotte; il consueto countdown che precede il volo dei tappi di spumante e gli auguri tra tutti i presenti.

Ancora oggi, a distanza di anni, rivivo quei momenti di festosa allegria, con un pizzico di nostalgia; ricordo gli occhi lucidi dei miei genitori, quel velo di tristezza mista a felicità che si leggeva sui loro volti. Io troppo giovane allora, non riuscivo a spiegarmi il perché di quella strana e velata malinconia che si insinuava nell’allegria, ma ora, a distanza di parecchi anni, e senza la loro presenza, con l’età che avanza, tutto mi è più chiaro: erano lacrime che raccontavano la loro vita già vissuta. Quando la festa volgeva al termine, ci si salutava rinnovando gli auguri con la speranza nel cuore di tutti di rivedersi anche alla fine dell’anno appena iniziato, e quasi sempre la frase di rito era: “Ci Criste ne fasche chembà”.

Auguri a tutti e sia per tutti voi un anno speciale. Buon 2022.

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