Alla riscoperta dei segreti e delle leggende di Torre del Gallo

La tradizione vuole che un gallo cantasse durante le incursioni notturne dei pirati dando tempo ai villici di approntare la difesa. Questa torre, in effetti, serviva di scolta avanzata per i vicini casali di Santa Lucia e Torre Villotta

Molfetta, Torre del Gallo. Ph. Francesco Tempesta

Continuiamo il nostro tour virtuale tra le torri molfettesi, un percorso tra storia e territorio, alla riscoperta dei segreti e degli aneddoti di questi splendidi relitti del nostro passato. Oggi faremo tappa a Torre del Gallo, una delle cinque torri difensive che abbelliscono e arricchiscono di storia il territorio molfettese verso Terlizzi. Le altre quattro sono: Torre Sgamirra, Torre Cappavecchia, Torre Falcone e Torre Villotta.

Torre del Gallo si trova nella località di Lama Martina, non molto distante dal centro di Molfetta. Percorrendo la statale per Terlizzi, si svolta verso sinistra all’altezza dell’autostrada A14 proseguendo fino ad un incrocio. Poi si gira verso sinistra e, trovato un altro incrocio, a destra, dopo 200 metri si trova la torre.

Anche Torre del Gallo è una vedetta. A base quadrata, alta quindici metri, suddivisa in due piani a cui si accedeva tramite botole e scale retrattili, rispetto alle torri attualmente esistenti potrebbe essere la più antica torre del territorio in quanto la sua origine la si fa risalire al IX secolo. Si pensa che abbia svolto anche funzioni di vedetta per il vicino casale di Santa Lucia e per Torre Falcone.

L’accesso alla torre è sopraelevato di oltre un metro dal suolo per motivi difensivi (si impediva in questo modo lo sfondamento della porta con l’ariete), e perpendicolarmente ad esso si trova la saettiera, la quale è sorretta da due robusti gattoni. Un arco falcato, murato, fa pensare che in origine doveva esserci una ampia finestra, la quale serviva a dar luce all’interno. Sopra l’arco c’è una piccola finestra, mentre sugli altri lati non ci sono finestre.

La torre non è riportata nelle fonti documentarie sotto forma di toponimo rurale, ma come un immobile anonimo di difficile collocazione nell’ambito del territorio rurale. E’ stato rintracciato un documento del 1609 dove si afferma che nel 1319 Angelo Chiurleone fondò un beneficio sotto il titolo di S. Pantaleone nella Cattedrale di Molfetta. Nella dote di questo beneficio, oltre ad altri fondi, vi era una “corticella” di terra con cinque alberi di ulivi a “Cerculi” ossia S. Lucia. In questo documento del 1609 si fa riferimento a questa “corticella”, dove si dice che è accanto alla torre degli eredi d’Andrea de la Sparatella, i beni del Seminario, quelli di Galieno de Judicibus e quelli dell’abate Maramonte. Questa circostanza fu motivo di ulteriore approfondimento: nella visita di mons. Salerni, eseguita nel 1730, tra i beni del Seminario si rintracciò un fondo a Circoli confinate con uno del beneficio fondato da Angelo Chiurleone.

Molfetta, Torre Gallo

Si può quindi affermare che l’attuale Torre del Gallo era, nel sec. XVI, la torre di Rocco de la Sparatella citata nel Catasto di Molfetta del 1561. Di questa torre si sa poi con esattezza che dal 1734 al 1805 fu meta fissa dell’abate Ciro Saverio Minervini (Molfetta, 17 agosto 1734 – Napoli, 21 maggio 1805), storico e archeologo, che spesso s’incontrava con l’arciprete Giuseppe Maria Giovene (Molfetta, 23 gennaio 1753 – Molfetta, 2 gennaio 1837), naturalista, entomologo e geologo, proprietario della vicina Torre Falcone.

Resta curioso, in ogni caso, il toponimo della torre: una teoria vuole che in cima alla torre vi fosse una lastra metallica a forma di gallo come quella che si era soliti mettere sui campanili delle chiese. La seconda versione, molto più folkloristica, vede protagonista un gallo che, secondo la tradizione orale dell’epoca, durante le incursioni notturne di pirati e briganti, cantasse dando la possibilità agli abitanti della zona di difendersi. Questa torre infatti serviva di scolta avanzata per i vicini casali di Santa Lucia e Torre Villotta. Secondo alcune interpretazioni, il toponimo sta a significare la provenienza della famiglia “De la Sparatella” che ne era proprietaria, cioè la Gallia. Inutile forse concludere che a noi, la leggenda dell’utilizzo del gallo, come sistema di allarme ante litteram piace molto.

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